Così è se vi pare: tradotto in termini meno letterari, con buona pace del grande Pirandello, fino a che punto possiamo fidarci della nostra vista? Meglio ancora ciò che percepiamo visivamente è oggettivo o rappresenta un’immagine soggettiva?
Non sono domande da poco, se applicate alla criminologia e alla psicologia della testimonianza.
Ebbene, un esperimento pubblicato sul Proceedings of the National Academy of Science conferma che la percezione individuale influenza il modo di vedere le cose attorno a noi. La prospettiva individuale – secondo gli scienziati – finisce sempre per influenzare il nostro modo di vedere le cose e la percezione della reale identità degli oggetti intorno a noi. Ciò che vediamo è per forza di cose anche il risultato delle nostre aspettative, e non è possibile separare il reale dalla rappresentazione che il cervello si è fatto su di esso.
Così è se vi pare, come dicevamo: poiché le immagini che vediamo rappresentano il risultato di un compromesso tra le informazioni visive grezze (quelle che potremmo chiamare “fotografiche” e le nostre assunzioni basate sull’esperienza che abbiamo del mondo. Un esempio viene proposto dal settimanale “Focus” in un recente articolo sulla questione. Se provate a guardare una moneta di profilo – si legge sul periodico scientifico – il modo in cui la luce la colpisce restituirà agli occhi la forma di un ovale o di un’ellisse, ma il cervello, che conosce la forma di quell’oggetto, fa comunque in modo che lo vediamo per quel che è: un disco metallico di forma circolare. È quindi possibile separare la vera natura di un oggetto (disco circolare) dal modo in cui esso “approda” alla vista (ovale metallico)?
E’ la domanda che si sono fatti gli scienziati della Johns Hopkins University che hanno chiesto ad alcuni volontari di osservare una coppia di monete tridimensionali, una di forma ovale e una rotonda. I soggetti dovevano decidere quale tra le due monete fosse il “vero” ovale, un compito solo apparentemente semplice: quando la moneta circolare è stata girata di profilo, i partecipanti (che pure conoscevano la sua vera forma) sono rimasti disorientati e hanno esitato a rispondere. Ecco la prova che, per quanto ci si sforzi di rappresentare la realtà in modo fedele, non è mai completamente possibile accantonare la prospettiva soggettiva. Le stesse incertezze sono rimaste nonostante il variare delle condizioni sperimentali (monete reali o rappresentate su uno schermo, ferme o in movimento, o di forme diverse).
I risultati hanno sorpreso gli stessi ricercatori, i quali inizialmente si intendevano dimostrare che l’oggettività avrebbe completamente prevalso sulle dis-percezioni individuali, rendendole trascurabili.
Un investigatore accorto non può trascurare questo insegnamento e in un colloquio investigativo deve considerare che le percezioni sono spesso condizionate dalle dis-percezioni.
AICIS