Nell’immaginario collettivo, il carcere è luogo volutamente duro, inospitale, la cui funzione è meramente rivolta alla espiazione della pena attraverso un approccio punitivo e repressivo, che si concreta con la privazione della libertà individuale, e al contempo una funzione di tutela del territorio e della società, allontanando, per un tempo più o meno lungo, questi soggetti criminali.
L’etimologia stessa della parola carcere – dal latino càrcer: serrare, rinchiudere, trattenere, impedire l’adito – e della parola prigione, dal latino prehènsionen: presa, cattura – rafforza questo concetto di carcere e della sua funzione.
Qual è oggi la reale funzione del carcere, soprattutto nei confronti del detenuto tossicodipendente?
Per rispondere a questa domanda ed illustrare il percorso che un tossicodipendente affronta una volta che ha fatto ingresso in una struttura detentiva, ho beneficiato del prezioso contributo della Dott.ssa Claudia Clementi, Direttore della Casa Circondariale “La Dozza” di Bologna e della Dott.ssa Palma Mercurio, Direttore della Casa Circondariale di Forlì[1].
A loro rivolgo il più sentito ringraziamento per la disponibilità ed il tempo che mi hanno dedicato, per le preziose informazioni che mi hanno fornito al fine di arricchire la presente disamina sul complesso rapporto tra tossicodipendente ed regime carcerario.
LA TUTELA DEL DETENUTO
In data 8 gennaio 2013 una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo[2] (C.ED.U.) ha condannato l’Italia per aver violato l’art.3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che proibisce espressamente la tortura e trattamenti inumani e degradanti.[3]
In data 27 maggio 2013 la stessa C.E.D.U ha respinto il ricorso presentato dall’Italia, rendendo la sentenza effettiva e obbligando pertanto lo Stato italiano a realizzare gli interventi idonei a ridurre il sovraffollamento carcerario e tutte le procedure di risarcimento imposte entro un anno dalla data medesima.
A tal proposito il legislatore, in data 23 dicembre 2013, ha emanato il cd. “Decreto svuota carceri” D.L. n° 146, successivamente convertito in legge, con modificazioni, in data 21 febbraio 2014, n° 10 “Misure urgenti in tema di diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”.
Alla necessità immediata di ridurre sensibilmente la popolazione carceraria, la legge prevede anche una riformulazione dell’art. 73 comma 5 del D.P.R 309/1990[4] riducendo la pena comminata per reati previsti dal presente articolo in relazione alla lieve entità. A questo si aggiunge la recente sentenza della Corte Costituzionale 32/2014[5] che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49 (Legge Fini-Giovanardi).
Le strutture penitenziarie del territorio quindi in questo ultimo periodo si sono trovate ad affrontare una situazione estremamente convulsa, sia dal punto di vista normativo che organizzativo, al fine di ottemperare alle richieste della C.E.D.U e adeguarsi alle riforme attuate dal Legislatore.
Quindi la “mission” mira a porre in essere misure ed interventi che portano alla “umanizzazione” della pena, che riguarda la popolazione carceraria nella sua interezza, ma che nel caso del detenuto tossicodipendente e alcool dipendente ha una maggiore pregnanza e significato, in quanto si realizza un intervento sia di cura della patologia che di recupero/ rieducazione psico-sociale.
A tal proposito è importante avere chiaro il concetto di salute come indicato dall’articolo 27 comma 3 della Costituzione Italiana[6] che ribadisce i principi di umanità e riabilitazione.
Inoltre è importante richiamare la definizione di salute, elaborata dall’OMS, per cui salute è “uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia o di infermità”[7].
Obiettivo prevalente della mission deve essere la promozione della salute a 360°, l’esperienza carceraria non deve rappresentare solo un momento punitivo, ma deve diventare un momento di cura, di riabilitazione psico-fisica e sociale.
La “cura”, in senso ampio, del detenuto tossicodipendente si concretizza attraverso una sinergia di atti che spettano
- all’area medico-sanitaria di competenza del Ssn., attraverso le s.l. territoriali e il SerT penitenziaro, per ciò che concerne il trattamento terapeutico/ farmacologico del tossicodipente in quanto soggetto “malato”[8].
- l’area trattamentale afferente alla struttura penitenziaria, che si esplicita attraverso una serie di interventi pedagogico-trattamentali.
IL TRATTAMENTO. RIFERIMENTI NORMATIVI
Il trattamento sanitario e trattamentale del detenuto e dell’internato è disciplinato da una serie di normative che brevemente sono riassunte in seguito.
L.354/1975 Ordinamento .Penitenziario[9]. Capo III “Modalità del trattamento” artt. 13-44.
– Art.11 “Ogni Istituto penitenziario e’ dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati…”
Lo stesso articolo 11 prevede che, nell’ipotesi in cui gli interventi diagnostici o terapeutici, non possano avvenire nell’ambito dell’istituzione penitenziaria, è consentito il trasferimento del paziente-detenuto in ospedale o in altro luogo esterno di cura.
– Art. 15 “Il trattamento del condannato e dell’internato e’ svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia”.
L.685/1975 “Disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”
– Art.2 Le funzioni di prevenzione ed intervento contro l’uso non terapeutico delle sostanze stupefacenti o psicotrope, al fine di assicurare la diagnosi, la cura, la riabilitazione ed il reinserimento sociale delle persone interessate, sono esercitate dalle regioni, in applicazione dei criteri di indirizzo e di coordinamento stabiliti dallo Stato e secondo le norme della presente legge.
D.P.R. 309/90 “ Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”
– stabilisce la competenza in ambito penitenziario delle funzioni di diagnosi, cura, riabilitazione e reinserimento del tossicodipendente assegnando al SerT, la “presa in carico” del detenuto tossicodipendente.
L. 296/1993
- Individua la necessità di realizzare specifici reparti per il ricovero dei detenuti e dell’internato nelle strutture ospedaliere del Ssn.
- Prevede pertanto l’istituzione di reparti ospedalieri destinati ad ospitare i detenuti per la cura delle patologie che non possono essere affrontate in ambiente penitenziari.
Dlgs. 230/1999 – Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell’articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419.
– “A decorrere dal 1 gennaio 2000 sono trasferite al servizio sanitario nazionale le funzioni sanitarie svolte dall’amministrazione penitenziaria con riferimento ai soli settori della prevenzione e della assistenza ai detenuti e agli internati tossicodipendenti….”
D.P.R. 230/2000 – Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà
– art 17 comma “L’assistenza sanitaria viene prestata all’interno degli istituti penitenziari, salvo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 11 della legge[10]. “
L. 244/2007 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)
– 2 comma 283 “Attuazione al Dlgs. 230/1999… trasferimento al Ssn di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria…”.
D.p.c.m. 1 aprile 2008 – Decreto di attribuzione criteri e competenze al Servizio Sanitario Nazionale in materia di sanità penitenziaria – Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, e delle attrezzature e beni in materia di sanità penitenziaria”
In attuazione dell’art. 2, 283°, legge 24 dicembre 2007, n. 244
– Art. 1 disciplina delle “… modalità, criteri e procedure per il trasferimento al Ssn delle funzioni sanitarie, risorse finanziarie…relativi alla sanità penitenziaria.”
– Art. 2 “…vengono trasferite al Ssn tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria…comprese quelle concernenti il rimborso alle comunità terapeutiche , sia per i tossicodipendenti e per i minori affetti da disturbi psichici..Le regioni assicurano l’espletamento delle funzioni trasferite..attraverso le ASL …”
A partire dal 2008 quindi la medicina penitenziaria è definitivamente passata alla sanità pubblica.
L’amministrazione penitenziaria quindi non ha più la diretta responsabilità dell’approccio terapeutico, che di fatto viene attuato dalle Asl territoriali e dai vari SerT presenti all’interno del carcere.
LA PRESA IN CARICO DEL TOSSICODIPENDENTE
Per accedere al SerT penitenziario, il detenuto al momento dell’ingresso in carcere deve rendere dichiarazione di tossicodipendenza o alcool-dipendenza; ovvero può dichiarare la sua condizione successivamente durante l’esecuzione della pena.
Sarà di conseguenza sottoposto ad esami di laboratorio (sangue ed urine) diretti ad appurare la condizione di tossicodipendenza, ad una visita medica ed un colloquio psicologico.
In questa fase di “valutazione” sarà verificata l’esistenza o meno dei presupposti necessari per l’eventuale presa in carico da parte del SerT, che non è affatto scontata.
La presa in carico da parte del SerT comporta la definizione e l’avvio di un progetto terapeutico di tipo sanitario coerente con la valutazione diagnostica preliminare e consono alla domanda d’aiuto del soggetto.
Il detenuto tossicodipendente deve, a questo punto, aderire al cd. “Patto trattamentale”, una vera e propria dichiarazione in cui ci si impegna a rispettare le regole ed i programmi previsti dal percorso trattamentale sanitario e si accetta di essere sottoposto a controlli sanitari specifici.
La presa in carico del SerT comporta quindi una serie di interventi quali la somministrazione di una terapia metadonica a scalare, o una terapia psicofarmacologica sostitutiva, la realizzazione periodica di colloqui con uno psicologo, la realizzazione di un percorso di reinserimento esterno.
Periodicamente l’equipe multidisciplinare discute l’evoluzione degli interventi programmati attivando un processo di continua riformulazione degli obiettivi, in relazione all’esito degli interventi messi in atto e delle risorse in quel momento attivabili.
Parallelamente alla presa in carico del SerT ci sono dei percorsi più complessivi attivati dalla Amministrazione penitenziaria e seguiti dall’area pedagogico-trattamentale del carcere stesso.
Vengono definiti dei programmi trattamentali di recupero del detenuto, finalizzati al conseguimento del benessere psico-fisico.
La valutazione dello stato di tossicodipendenza spetta alla equipe, prevista dalla L.354/1975, composta dal: Direttore dell’istituto penitenziario, medico, assistente sociale, operatori dell’area trattamentale, mediatori culturali, esperti ex art.80, esponenti della polizia penitenziaria, volontari.
Si tiene conto anche della valutazione sanitaria soprattutto se in presenza di altre patologie (sieropositività, Aids, ecc.) o disturbi psichiatrici.
La valutazione differisce da soggetto a soggetto ed il responsabile di questo intervento è il Direttore, che presiede come già detto la equipe.
L’equipe del carcere ha inoltre il compito di realizzare l’osservazione sul singolo detenuto (la sua personalità, le sue esigenze, il suo comportamento) e definire il conseguente trattamento rieducativo. L’osservazione ed il trattamento servono soprattutto per la concessione dei benefici di legge per chi è definitivo.
Nella tabella sono riportati i detenuti presenti nelle due Case Circondariali a cui ho fatto riferimento, Bologna e Forlì. I dati riportati sono aggiornati al 30 giugno 2014, e seppur recenti non sono reali, in quanto per effetto del recente decreto “Svuota carceri” la popolazione carceraria sono quotidianamente soggetti a variazioni.
Infatti in data 7 luglio 2014 presso la casa circondariale di Bologna erano presenti all’incirca 700 detenuti, di cui 184 uomini e 5 donne tossicodipendenti.
In data 8 luglio 2014 presso la casa Circondariale di Forlì erano presenti 110 detenuti, di cui 27 tossicodipendenti presi in carico dal SerT.
Istituto |
Tipo istituto |
Capienza |
Detenuti presenti |
di cui |
|
Regolamentare |
stranieri |
||||
|
totale |
donne |
|
||
BOLOGNA |
CC |
492 |
740 |
62 |
406 |
FORLI’ |
CC |
144 |
128 |
25 |
64 |
TOTALE |
|
636 |
868 |
87 |
47 |
Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto (dato al 30/06/2014).
LA SEZIONE A CUSTODIA ATTENUATA “ANDROMEDA” RIMINI[11]
Presso la casa circondariale di Rimini è attivata una Se.A.T.T. (acronimo di Sezione a custodia attenuata trattamento tossicodipendenti) molto particolare che prende il nome di ANDROMEDA che, rispetto alle sezioni di custodia attenuata di Forlì[12] e Castelfranco Emilia di tipo detentivo ovvero collocate entro le mura carcerarie, si configura come una piccola comunità di recupero situata al di fuori delle mura di cinta della Casa Circondariale.
La sezione è concepita dal punto di vista architettonico come un vero e proprio appartamento, lontano dalla concezione del carcere.
La struttura è autogestita da un gruppo di detenuti tossicodipendenti, presi in carico dal SerT, accuratamente selezionati attraverso un vaglio formale della equipe. La presenza della polizia penitenziaria è molto limitata. E’ presente un operatore da mattina a sera, mentre la notte i detenuti vengono lasciati soli. La struttura è dotata di citofono da utilizzarsi in caso di bisogno.
Per 4 ore al giorno è presente anche un operatore esterno, appartenente ad una cooperativa sociale privata[13], a carico del Comune di Rimini.
Una volta alla settimana è prevista la presenza di uno psicologo che coordina le attività di gruppo volte al sostegno e all’orientamento.
Quali sono i requisiti di ammissione richiesti per poter accedere alla sezione Andromeda?
- Essere detenuti imputati o definitivi con un fine pena inferiore a 4 anni o un fine pena che consenta l’uscita dal carcere nell’ambito di 6/9 mesi o l’ammissione a misure alternative.
- Possono entrare detenuti di altre carceri purché la condanna sia passata in giudicato.
- Essere liberi da terapie sostitutive ( metadone ) eccetto terapia psicofarmacologica.
- Non presentare patologie psichiatriche gravi in fase acuta.
- Essere residenti nel territorio italiano e regolare permesso di soggiorno, se straniero.
- Bassa o nulla pericolosità sociale.
Il detenuto ha l’obbligo di firmare il patto trattamentale, ove è chiaramente specificato l’obbligo di rispettare le regole e gli obiettivi fissati dal programma di recupero, di partecipare agli incontri di gruppo e alle varie attività trattamentali, rieducative e di formazione.
Deve seguire il trattamento proposto dal medico del SerT per diminuire gradualmente l’eventuale terapia psicofarmacologica e sottoporsi ad esami di laboratorio (sangue ed urine) per escludere l’assunzione di sostanze stupefacenti, se viene richiesto.
L’iter rieducativo e riabilitativo promosso presso la Se.A.T.T. Andromeda, è diretto a sostenere la persona nel suo percorso di cambiamento, evidenziando le criticità e valorizzando le sue potenzialità.
Il reinserimento sociale è l’obiettivo principe e deve essere perseguito, fornendo al detenuto i mezzi necessari. Per tale ragione vi è una stretta collaborazione tra l’Amministrazione penitenziaria, l’ Azienda Sanitaria Locale ed il SerT, il Comune di Rimini ed i vari Enti locali e le organizzazioni di volontariato presenti sul territorio. Questa collaborazione ha permesso e permette di concretizzare una continuità tra l’intervento pedagogico-trattamentale e riabilitativo, posto in essere durante la detenzione e il reinserimento sociale. Un buon reinserimento sociale e lavorativo del detenuto è dimostrazione di quanto sia fondamentale la sinergia fra istituzione penitenziaria, sanità e territorio (Enti locali e volontariato), l’assenza di questa collaborazione spesso va ad inficiare la buona riuscita di questo percorso, con un aumento del rischio di ricaduta e recidiva.
[1] Ex direttore della Casa Circondariale di Rimini.
[2] Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’8 gennaio 2013 – Torreggiani e altri c. Italia
[3] Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Art.3 Proibizione della tortura “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani e degradanti”
[4] D.P.R 309/1990 Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”
[5] C. cost., sent. 25 febbraio 2014, n. 32, Pres. Silvestri, Est. Cartabia
[6] Costituzione Italiana art. 27 comma 3 “ Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
[7] Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS 1948
[8] Malattia: qualsiasi alterazione dell’integrità anatomica o funzionale di un organismo. Qualsiasi turbamento dell’equilibrio psichico o morale
[9] Ordinamento Penitenziario
[10] Legge 354/1975 Ordinamento Penitenziario
[11] Ringrazio sentitamente la Dott.ssa Palma Mercurio, in quanto ex direttore della Casa Circondariale di Rimini, per avermi fornito le notizie relative alla sezione di custodia attenuata Andromeda.
[12] La Sezione di custodia attenuata di Forlì è chiusa dal 2010 a causa di un cedimento strutturale dell’edificio. Si prevede la riapertura del reparto per la fine del 2014
[13] Cooperativa sociale “Centofiori” di Rimini .
Dott.ssa Laghi Ilaria Criminologo AICIS