Redazione
Quello dei suicidi nelle forze di polizia è un tema drammatico, ma poco conosciuto: scarsamente documentato e per nulla approfondito. Per questo l’AICIS ha deciso di dedicare uno studio al fenomeno.
Lo scenario sul quale gli analisti intendono puntare la lente è desolante: sono 355 gli agenti delle forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Polizia Locale) che si sono tolti la vita dal 2014 al 2021 in Italia (fonte: osservatorio ONSFO). Numeri allarmanti se si considera che è il dato doppia quello relativo alla statistica dei suicidi nella popolazione in generale. Le vittime sono soprattutto poliziotti e agenti penitenziari, anche se negli ultimi dodici mesi c’è stata un incremento di casi tra i carabinieri. Nell’88% dei casi gli agenti – che hanno per lo più un’età compresa tra i 45 e i 64 anni – compiono il gesto estremo usando l’arma di ordinanza.
Abbiamo sentito a proposito Mario Ciotti, giornalista e criminologo, che ha proposto e coordinerà la ricerca.
Cosa vi proponete con questo lavoro?
“L’oggetto del nostro studio sono gli “eventi suicidari”, termine utilizzato dai vari ministeri: Interni, Difesa, Finanze. Non tutti vengono registrati come tali. Quelli che si verificano al di fuori delle caserme, vengono classificati, come semplici suicidi. Esiste l’errata convinzione che tutti coloro che indossano una divisa non devono avere debolezze. Un militare o agente delle varie forze di polizia che ha bisogno di sostegno psicologico, rappresenta nella realtà un grosso problema, del quale non si deve tenerne conto”.
Le statistiche dei casi di suicidio tra le forze di polizia sono molto eloquenti, ma la ricerca delle cause non ha ancora dato sufficienti risultati. Premesso questo, voi avete già in mente una traccia da seguire per comprendere qualcosa di più?
“Le cause, che portano al gesto estremo possono essere molteplici: strutture inidonee, stipendi inadeguati, scarsa collaborazione tra colleghi, mobbing, derive della gerarchizzazione, frustrazioni legate al lavoro. Tutti rientrano tra i motivi scatenanti, che spesso si vanno a sommare alle problematiche della vita privata. Si aggiungono poi trasferimenti di sede, note caratteristiche annuali, sanzioni disciplinari, benemerenze, oltre ai continui cambi di comandanti/dirigenti. Elementi che influiscono negativamente sulla psiche degli uomini in divisa già provati”.
C’è una consapevolezza all’interno delle rispettive istituzioni?
“In questi ambienti, quello del suicidio viene vissuto come un tabù del quale non si vuole e né si deve parlare. Scopo del gruppo di studio, non sarà quello di individuare le responsabilità, anche perché il più delle volte è l’intero sistema ad aver fallito”.
Quindi cosa intendete fare?
“Il nostro compito, sarà quello di individuarne le “falle” e porle all’attenzione del legislatore, affinché le Amministrazioni di appartenenza possano supportare efficacemente, così come avviene in altri Paesi, tutti coloro che per varie ragioni si trovano loro malgrado ad affrontare un disagio psichico temporaneo o permanete, senza il timore di perdere il posto di lavoro. Quindi, si procederà con una raccolta dati; l’analisi degli stessi; con la somministrazione di un questionario da far girare all’interno delle FF.OO. garantendo il totale anonimato; con disamina di regolamenti e normative in uso nelle forze di Polizia presenti nella Comunità Europea ed in quella americana. Successivamente i risultati della ricerca saranno presentati in occasione di un convegno organizzato ad hoc e divulgati tramite gli organi di stampa”.
AICIS