di Fabrizio Rappini*
Di fronte a qualsiasi fatto criminoso nei confronti di una donna tutti ci riempiamo la bocca (giustamente) della importanza di denunciare il fatto. Alla luce della realtà, poi, molto spesso, le speranze riposte dalla donna nel presentare la denuncia vengono disattese da quelli che sono deputati ad amministrare la giustizia. Ovviamente non da tutti, ma da una buona parte. E così, una minorenne stuprata per strada, viene stuprata una seconda volta dalla decisione di archiviazione del Pm che, addirittura, la indaga per “simulazione di reato” in base all’articolo 367 del Codice penale. Per ovvi motivi nel raccontare la storia ometterò i nomi delle persone interessate. Mi limiterò a indicare la città dove è avvenuto il fatto: una città del nord Italia.
L’EPISODIO
Teatro della violenza sessuale è il loggiato di adiacente un’abbazia. E’ la sera del 16 giugno 2021 e una ragazzina non ancora sedicenne, aspetta sui gradini del loggiato alcuni amici. Si devono incontrare per passare una serata di festa in quelli che sono i “Mercoledì d’estate”. La ragazzina chatta con le amiche che attende e a una di loro dice di fare presto perché c’è un ragazzo che la sta importunando. Poco dopo avverrà la violenza (un rapporto sessuale completo, come riferito dalla ragazzina agli inquirenti) contro una cancellata che si trova fra il loggiato della chiesa e una banca. Quando arrivano le amiche la ragazzina, ancora sotto choc, non dice nulla. Con loro passa la serata in modo apparentemente tranquillo.
LA DENUNCIA
Non dice nulla neppure alla mamma. Il giorno seguente si fa accompagnare al pronto soccorso dove nel referto viene registrato “Trauma del rachide cervicale” e dolore al bacino (sicuramente per la caduta a terra!). Il giorno 18 giugno la vittima va in questura, accompagnata dalla madre, per sporgere denuncia. Negli uffici della Squadra mobile racconta quanto le è accaduto alla presenza di una psicologa, nominata dalla Procura, la quale afferma “non essendosi riscontrata, nel colloquio preliminare, alcuna tendenza alla fabulazione, alla fantasticheria o ad altre forme di distorsione o alterazione della realtà, la minore è stata ritenuta competente a rendere testimonianza sui fatti oggetto di interesse, mostrandosi disponibile e collaborante nel rispondere alle domande degli interlocutori, rendendo possibile pertanto l’esame testimoniale, interamente video-registrato con attrezzatura audio-video della scrivente”.
LE INDAGINI
Sicuramente sono state decisamente superficiali, a partire da quanto afferma la psicologa che nonostante abbia incontrato la minore solo due volte e che dunque conosce solo superficialmente il vissuto della ragazza parla di una ragazza che non racconta il vero. Inoltre, nelle sue contestazioni, la professionista, pare dimenticarsi dell’esistenza del referto del Pronto Soccorso da cui risulta “Trauma del rachide cervicale” e dolore al bacino (sicuramente per la caduta a terra!). Tutto questo nonostante la ragazza, sentita due volte, non abbia mai fornito versioni contrastanti fra loro. Sulla stessa linea possono poi ritenersi le indagini della Squadra mobile che non sono state completate in quanto le telecamere della banca che avrebbero potuto registrare l’episodio, come detto dallo stesso direttore dell’istituto di credito “non sono funzionanti e sono li solo come deterrente”.
Alla Squadra mobile la ragazza racconta di una vettura nera, transitata in qual momento nel parcheggio (questa inquadrata parzialmente dalle telecamere del loggiato di San Mercuriale) con alcuni ragazzi che gridano “bravo” allo stupratore. Ma su questo passaggio di vettura non viene approfondito nulla. Indagini a dir poco lacunose che portano il Pm a chiedere e ottenere l’archiviazione e, al tempo stesso, a indagare la sedicenne per “simulazione di reato”.
LA DIFESA
Nella opposizione all’archiviazione (respinta) l’avvocato difensore della ragazza, fa leva sul fatto che “un interrogatorio (perché di questo si è trattato) di una ragazzina di neanche sedici anni tempestata di domande su di un episodio che sicuramente la stessa vorrebbe dimenticare (ha più volte detto che non avrebbe voluto dire nulla alla madre per non preoccuparla e di non avere detto nulla alle amiche per non rovinargli la serata!) non è parso il metodo più consono. I meccanismi psicologici di un’adolescente, a sommesso parere di questa difesa, meritavano più di un incontro!
Il fatto poi che nessun indagine abbia portato a risultati concreti non dipende certo dalla vittima!”. La ragazza ha poi raccontato la violenza, con gli stessi particolari delle volte precedenti, anche il 22 novembre in un interrogatorio delegato della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. Le conclusioni della difesa sono che “dal momento che le indagini sinora svolte si ritengono insufficienti o, comunque, lacunose rispetto all’accertamento di elementi di prova ritenuti da questa difesa assolutamente necessari ad una corretta determinazione dei fatti e delle responsabilità, si chiede di sentire….”.
Ovviamente nessuno viene sentito e tutto passa al Tribunale dei minori.
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
E qui, finalmente, la ragazzina trova giustizia con la richiesta del Pubblico ministero incaricato di archiviazione in quanto “nella impossibilità di accertare quanto realmente successo e sulla base di tali elementi, si deve formulare richiesta di archiviazione, essendo prevedibile un esito assolutorio del giudizio ex articolo 530 II co c.p.p., e che quindi l’indagata venga assolta per mancanza o insufficienza o contraddittorietà della prova. Per tali motivi si ritiene che non sarebbe possibile sostenere validamente l’accusa in giudizio”.
La richiesta del Pubblico ministero viene accolta e la ragazzina è “libera”.
CONSIDERAZIONI
Le considerazioni, da Giornalista e, soprattutto, da Criminologo, non possono che essere amare. Primo perché una ragazzina si è vista stuprare due volte e ha dovuto subire umiliazioni, che non dimenticherà mai per tutta la sua vita, da parte di chi aveva il dovere di approfondire meglio ed evitare tanti passaggi dolorosi. In secondo luogo perché è stata fatta una indagine con quello che io definisco “il metodo 2+2”. Cosa significa? Significa che spesso (troppo) gli inquirenti si basano su situazioni familiari difficili e questo, a loro giudizio, sarebbe la molla che fa scattare certi comportamenti. Nella fattispecie, la madre della ragazzina è tossicodipendente (nel frattempo si sta curando con esiti positivi in comunità) ed è stata vittima di maltrattamenti e lesioni da parte dell’ex compagno già condannato a due anni e tre mesi di reclusione.
Da qui il “metodo 2+2”, vale a dire se le cose stanno così…
Ma la giustizia e le indagini non si fanno col “metodo 2+2”.
Dello stesso autore:
https://criminologiaicis.it/stalking-la-via-delle-misure-di-prevenzione/
Sullo stesso tema:
https://criminologiaicis.it/stalking-la-via-delle-misure-di-prevenzione-2/
https://criminologiaicis.it/si-va-verso-la-normalizzazione-del-crimine-nella-societa-liquida/
________________________________
L’AUTORE
Fabrizio Rappini, è un giornalista professionista. Criminologo AICIS qualificato secondo la legge n. 4/2013.
Riproduzione riservata ©
AICIS