(di Natalia Coppolino)

Le tavole grafiche sopra presentate sono il frutto di una collaborazione nata con Housatonic, società leader nel settore della facilitazione grafica e di eventi, progettazione, illustrazione, video-animazione, editoria.

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L’idea è nata dalla necessità di trovare un modo semplice ma non riduttivo, immediato ma non scontato per spiegare ai non addetti ai lavori cosa si intenda per sicurezza partecipata.

Trattandosi di concetti complessi, con radici ed implicazioni sociologiche, politiche e giuridiche si può correre il rischio di banalizzarli eccessivamente per renderli più fruibili, andandone a snaturare l’essenza.

Applicando la metodologia del learning by doing ho provato in prima persona alcuni strumenti della facilitazione grafica, disegnando le bozze per la realizzazione delle tavole curate da Paolo Masiero.

La prima presenta gli spunti teorici offerti da: ecologi di Chiacago, Elizabeth Wood, Jane Jacobs, Schlomo Agel, Oscar Newman, Ray Jeffery, Wilson & Kelling, Sampson, Morenof & Earls.

Sono qui rappresentate le caratteristiche fisiche ed architettoniche che congiuntamente ad un buon livello di capitale sociale possono favorire lo sviluppo di legami umani ed il controllo sociale informale riducendo, così, la percezione di insicurezza in un quartiere.

Un ambiente cittadino così costituito permette ai propri abitanti di osservare ciò che accade lungo le strade e allo stesso tempo di costruire relazioni significative con l’alter, una conformazione utile allo sviluppo dell’efficacia collettiva e della rigenerazione urbana nell’accezione proposta da Vicari Haddock e Moualert, che si basi su politiche trasversali e complesse che contemplino, contemporaneamente, tutte le dimensioni che impattano sulla qualità della vita delle persone (aspetto fisico, forze sociali, agenti di sviluppo, istituzioni intermedie, reti collaborative).

Nella seconda tavola sono, invece, rappresentate le caratteristiche principali delle tecniche contemporanee di sicurezza urbana partecipata.

Come si evince dalla grafica, al centro delle pratiche di community policing – che rivede il rapporto tra cittadino e forze dell’ordine – neighborhood watch – che applica la funzione deterrente attraverso un controllo appiedato del territorio – e social street – che cerca di far (ri)vivere le strade attraverso eventi sociali – vi è sempre la comunità.

Le comunità non devono, ed oggi non possono più, essere le destinatarie passive di processi pensati, diretti e calati dall’alto, devono, piuttosto, essere parte integrante dei processi di rigenerazione locale, così da raggiungere obiettivi comuni che rendano i quartieri maggiormente sicuri e vivibili.

Come approfondito nell’articolo, uscito nel numero precedente della newsletter, le tecniche di sicurezza urbana contemporanea cercano di ridurre la percezione di insicurezza lavorando sulle comunità, mettendo al centro le loro caratteristiche ed esigenze, concentrandosi sui punti di forza per migliorare la qualità della vita nel quartiere, puntando sulla creazione di legami sociali e sulla cura dell’arredo urbano.

Un criminologo che opera sul campo è a tutti gli effetti un agente di prossimità, dal momento che lavora con le comunità, può trovarsi ad affrontare ogni giorno sfide diverse che richiedono abilità, competenze, tecniche, strumenti differenti. Alla luce di questa esperienza ritengo utile inserire nella propria cassetta degli attrezzi anche gli strumenti della facilitazione grafica, d’altronde come affermato da Dave Gray, uno dei fondatori del design thinking, “if your ideas can’t be drawn, they can’t be done” (Gray, xplaner 2018).

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Natalia Coppolino, Criminologa qualificata AICIS

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AICIS