Omicidi efferati
Vietato dichiarali innocenti. Stiamo parlando di Rosa e Olindo – per la giustizia la diabolica coppia di Erba – e della loro storia infinita che, di recente, si è arricchita di un altro inedito capitolo. I due stanno scontando l’ergastolo, ma ad essere protagonista del nuovo episodio è Azouz Marzouk: non uno qualunque, ma marito e padre delle vittime di quel massacro rimasto nella storia dei crimini italiani.
Il fatto è che la giustizia, Azouz, lo ha messo sul banco degli imputati per sottoporlo a quello che, nel campo delle scienze, i fisici chiamano gedankenexperiment, in italiano “esperimento mentale” (per intenderci, il più famoso fu quello di Albert Einstein sulla relatività, delle cui conclusioni peraltro ancora oggi si discute).
Di cosa si tratta? E’ che talvolta nel procedimento penale la prova non è materiale ma consiste per lo più in un ragionamento. Cosicché è il ragionamento stesso a costituire una prova: la forza della logica, si potrebbe dire. Cosa è accaduto ad Azouz (che non è certo uno stinco di santo, ma è pur sempre il padre di un bambino di tre anni massacrato a coltellate insieme alla madre)?
Mettetevi comodi perché per spiegarlo dobbiamo scomodare i principi dell’algebra. Ed ecco i passaggi dell’operazione. Punto A): Azouz, per nulla persuaso della colpevolezza di Rosa e Olindo, ha dichiarato, in un esposto presentato alle autorità ed in varie interviste, di ritenerli innocenti (tesi che, per inciso, da qualche tempo anche i due interessati sostengono chiedendo la revisione del processo); punto B): Rosa e Olindo, però, durante il procedimento per la strage di Erba si erano dichiarati loro stessi colpevoli tanto che i giudici soprattutto su tale confessione avevano basato la loro condanna all’ergastolo.
Ora provate a sommare A+B ed il risultato è una bella accusa per calunnia a carico di Azouz con tanto di processo, dal quale alla fine è però uscito assolto. Come mai questo risultato? Il punto è che il ragionamento giuridico si basa sul sillogismo. Ricordate cos’è? Data una premessa teorica maggiore e astratta (esempio classico: “l’uomo è mortale), la stessa giustifica una premessa secondaria logicamente inquadrabile nella prima (tornando al nostro esempio: “l’uomo è mortale”, e “se tu sei un uomo sei destinato a morire”).
Ora vediamo come si applica lo stesso ragionamento ad Aziz. Premessa maggiore: “Rosa e Olindo – secondo le sentenze – avevano detto la verità quando si erano auto-accusati” (e guai se lo avessero fatto falsamente: si sarebbero macchiati del reato di auto-calunnia, quella che gli americani chiamano “spergiuro”); andiamo alla premessa minore: Aziz ha detto che secondo lui, invece, i due erano innocenti. Quindi, mutatis mutandis, è come se li avesse accusati di “spergiuro” cioè di un reato (calunniosamente, visto che per la giustizia i due si auoto-accusarono in modo veritiero).
Ecco, a questo punto se non ci avete capito un granché non vi preoccupate: non a caso i gedankenexperiment sono roba da scienziati: esperimenti che il senso comune (per fortuna) stenta a comprendere.
Sì, perché se ci appelliamo al senso comune la domanda è molto più semplice: perché il padre di un bambino barbaramente ucciso insieme a sua moglie dovrebbe farsi avanti per cercare di scagionare due assassini giudicati colpevoli fino all’ultimo grado di giudizio? Perdono cristiano? Date le origini di Azouz misericordia islamica? Oppure lui ha qualche solido elemento per dubitare? Magari una pista alternativa che ha difficoltà a svelare del tutto? In un’intervista ha detto: “credo che … la verità vada cercata: se potessi vorrei parlare con Olindo e Rosa. Non li ho mai potuti sopportare … ma quando ho letto gli atti ho maturato la certezza che loro non hanno compiuto quella strage”.
Rosa e Olindo, assassini oltre ogni ragionevole dubbio.
La strage risale all’11 novembre 2006. Una vera e propria mattanza: quattro cadaveri, 36 coltellate in tutto e una decina di sprangate in testa. La giustizia ha chiuso il caso con due ergastoli ma ora la conferma che Aziz, fosse legittimato ad esprimere i suoi dubbi (di padre e marito delle vittime) lascia spazio alle tesi dubitative che la difesa dei due coniugi solleva per ottenere una revisione del processo.
Una revisione che non ci sarà, se dobbiamo azzardare una previsione: perché quello che è deciso è deciso. E’ un principio che in un sistema perfetto avrebbe una sua logica (per evitare il perpetuarsi di ricorsi), ma in un Paese che indennizza più di 980 casi di errore giudiziario l’anno (più gli “invisibili”, che mollano perché disgustati dalla giustizia; dissanguati dalle spese legali; respinti per un cavillo), forse il sistema delle revisioni dovrebbe diventare più flessibile. Più è elevato il margine d’errore, più ampia dovrebbe essere la possibilità di richiedere una riconsiderazione della verità.
Prove certe, prove labili, prove labili
La confessione non è la regina delle prove, ma quasi. Certo dev’essere corroborata da riscontri, ma soprattutto dovrebbe essere vagliata in modo asettico (senza un orientamento investigativo preconizzato) nella sua coerenza.
Prendiamo la confessione di Rosa, che anche negli atti viene giudicata “delirante”: una narrazione piena di discrepanze rispetto a ciò che oggettivamente si riscontrò sulla scena del crimine. Disse di aver colpito Frigerio (unico superstite e testimone), il quale però ha sostenuto di non averla assolutamente vista. Raccontò di aver accoltellato il piccolo Yosef (il povero figlio di Azouz) guardandolo negli occhi mentre era seduto sul divano, mentre il bimbo fu colpito alle spalle.
Per parte sua Olindo disse che Valeria Cherubini (altra vittima) morì subito sulle scale davanti all’appartamento del massacro, invece, i soccorritori trovarono il suo corpo al piano superiore vicino ad una tenda piena di schizzi di sangue. Macchie mai esaminate dagli inquirenti così come altri reperti (e che potrebbero ancora esserlo dato che sono scampati alla distruzione). Sullo stipite della porta dell’appartamento fu repertata una impronta palmare ascritta ad un soggetto ignoto. Cosa ci faceva lì? Chi era? Due quesiti senza risposta. Stessa cosa per alcuni mozziconi di sigaretta rinvenuti sul terrazzino dell’appartamento e un accendino.
D’altra parte, a carico dei coniugi, si riscontrarono delle strane ferite su una mano e un avambraccio; il fatto che avevano mostrato senza richiesta ai Carabinieri alcuni scontrini del McDonald’s in orario compatibile con la strage (excusatio non petita); il fatto che intercettati non parlarono mai della strage (domanda retorica: se l’avessero fatto li avrebbero scagionati?). Inoltre, sull’auto di Olindo venne trovata una traccia di sangue di Valeria Cherubini, ma non è stato escluso che essa potrebbe derivare dal trasferimento da una scarpa di un soccorritore che aveva calpestato la scena. Peraltro, si trattò di una traccia repertata senza la stretta osservanza dei protocolli scientifici di custodia.
I coniugi furono condannati all’Ergastolo, come si dice oltre ogni ragionevole dubbio. Ma quando un dubbio è superato ragionevolmente? Quando a superarlo intervenga una convincente motivazione, è la risposta giuridicamente corretta. Sì ma una motivazione non è altro che un percorso logico basato su elementi di fatto, oppure sull’esito di un gedankenexperiment. Lo diceva anche Albert Einstein e Isaac Newton ne fece la fortuna dei suoi assiomi.
AICIS