di Fabrizio Rappini*

E’ giusto concedere il rito abbreviato a un imputato di “violenza sessuale”. A voler essere garantisti fino in fondo la risposta sarebbe sicuramente si. Ma garantisti verso chi? Ovviamente verso l’imputato. E per quanto riguarda la vittima, qual’è la sua garanzia di avere giustizia, quando senza poter sentire testimoni e altro ci si basa su “la tua parola contro la mia”. Ecco spiegato, quindi, perché la stragrande maggioranza delle denunce per violenza sessuale termina con l’assoluzione dell’imputato che ha scelto il rito abbreviato. A nulla serve, quindi, che uno, come riferisce una vittima in una denuncia a un ex convivente “è entrato in casa senza bussare utilizzando il suo mazzo di chiavi che gli era rimasto”.

La vittima aveva poi continuato dicendo: “ero seduta in cucina e mi ha preso per i fianchi cercando di baciarmi, io mi sono rifiutata e l’ho allontanato. Gli ho detto che andavo a dormire nel letto dove c’era anche il mio figlioletto di tre anni”.

Secondo il racconto della donna, il suo ex convivente, si è andato a stendere nel letto dalla parte del piccolo. “Successivamente si è alzato ed è venuto dalla mia parte. Ha cominciato a toccarmi e a baciarmi. Mi ha toccato nelle parti intime, seno e pube. Io mi sono irrigidita e ho iniziato a piangere”.

Lui, però, secondo il racconto ha continuato e, a quel punto, per allontanarlo, la donna gli aveva dato una gomitata nello stomaco.

Lui si è fermato gridando “puttana ti odio”.

La vittima ha poi raccontato di essere andata nella stanza vicina dove dormiva la figlia minorenne.

Lui è rimasto nella nostra casa  fino al giorno seguente”.

Da parte sua, il Pubblico ministero, nell’udienza dell’abbreviato, “ritiene provata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati al medesimo ascritti. Ritenuta sussistente l’aggravante di cui all’art. 609 ter n. 5 quater c.p., ritiene che al fatto può essere applicata la circostanza ad effetto speciale di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis c.p., prevalente rispetto all’aggravante contestata. Chiede la condanna alla PENA FINALE DI ANNI 1 MESI 4 DI RECLUSIONE”.

L’imputato però  viene assolto perché “il fatto non sussiste, in difetto di elementi di prova chiari e certi”.

CONSIDERAZIONI FINALI

Ovvio che con il rito abbreviato non sia stato possibile avere “elementi di prova chiari e certi” , in quanto non è possibile andare oltre quello che è il fascicolo del Pubblico ministero. Non ci fosse stato l’abbreviato si sarebbe potuta sentire la figlia della vittima e altre importati testimonianze e per l’uomo i sarebbe stata una condanna certa. Questo anche alla luce dei suoi precedenti, dal momento che era già stato condannato a due anni a tre mesi di reclusione per maltrattamenti e lesioni ai danni della ex compagna. 

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L’AUTORE

Fabrizio Rappini, è un giornalista professionista. Criminologo AICIS qualificato secondo la legge n. 4/2013.

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