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E’ legittimo registrare di nascosto una conversazione? E poi, la riproduzione fonica della voce registrata fa prova? Si tratta di un quesito molto diffuso perché i casi della vita spesso spingono le persone a cautelarsi o a documentare ciò che viene detto per evitare cambi di versione o affermazioni non coerenti con quanto affermato vis-à-vis . La giurisprudenza a tale quesito ha già risposto più volte: l’ultima con la recentissima sentenza della Cassazione n. 26234 del 22 giugno 2022, depositata il 7 luglio 2022. In questo caso però la Corte ha esaminato il particolare caso della utilizzabilità della registrazione della conversazione tra presenti in caso di temporanea assenza del “registrante”.

QUANDO CHI REGISTRA E’ PRESENTE

Se chi registra, pur nascondendo l’apparato (oramai spesso lo smartphone) è sempre presente durante la registrazione la questione non si pone: è pacifica in giurisprudenza la utilizzabilità (quale documentazione di dati acquisiti fuori dal processo) delle conversazioni spontaneamente captate da uno dei presenti all’insaputa degli altri (Cass. pen., sez. V, n. 13810/2019, seguita da Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2020, n. 26766, che si richiama anche per l’attenta analisi delle fonti sovranazionali e dei numerosi precedenti di legittimità conformi; Cass. pen., sez. II, 10 febbraio 2021, n. 12347). La successiva estrazione del dato digitale può ritenersi mera forma di documentazione di un fatto storico, utilizzabile quale prova documentale di fatto accaduto in presenza, tra persone che peraltro non intendevano confinare il loro colloquio in una dimensione esclusivamente privata (così, Cass. pen., sez. II, 6 ottobre 2016, n. 50986; cfr. anche, Cass. pen., sez. VI, 3 ottobre 2017, n. 1422; Cass. pen., sez. VI, 5 ottobre 2017, n. 53375; Cass. pen., sez. V, 11 giugno 2018, n. 41421; Cass. pen., sez. V, 11 febbraio 2019, n. 13810; Cass. pen., sez. VI, 17 dicembre 2019, n. 5782).

Il dato della presenza costante al colloquio in autovettura del soggetto “registrante”, ancorché talvolta silente non inficia l’utilizzabilità della registrazione della conversazione.

LA REGISTRAZIONE FA PROVA:

Il consolidato principio per cui la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni realizzata, anche clandestinamente, da soggetto partecipe, o comunque autorizzato ad assistervi, costituisce – sempre che non si tratti della riproduzione di atti processuali – prova documentale secondo la disciplina dell’art. 234 c.p.p., costituendo una forma di mera memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente (Cass. pen., sez. un., 28 maggio 2003, n. 36747). Pertanto è utilizzabile per l’adozione di una misura cautelare personale la registrazione delle conversazioni intervenute fra la persona offesa e alcuni degli indagati, effettuata tramite il telefono cellulare della predetta lasciato all’uopo in funzione (Cass. pen., sez. I, 19 febbraio 2009, n. 14829). 

Si tratta di una prova documentale non riconducibile alla nozione di intercettazione se viene accertato che colui che l’ha effettuata in maniera clandestina abbia effettivamente e continuativamente partecipato o assistito alla conversazione registrata.

SE CHI REGISTRA SI ASSENTA?

Non può assumere la natura di prova documentale la captazione nella parte eseguita mentre chi registra non è presente alla conversazione, perché eventualmente escluso dal luogo in cui il dialogo è proseguito in sua assenza laddove invece sia rimasto in funzione lo strumento di registrazione all’insaputa dei conversanti. In tal caso questi ultimi hanno inteso colloquiare in maniera riservata, escludendo soggetti terzi. Conseguentemente l’eventuale registrazione occulta della conversazione deve intendersi effettuata, a partire dall’allontanamento del suo autore, da chi era “estraneo” alla medesima ed è quindi riconducibile, per tale segmento, alla nozione di intercettazione, che, in quanto abusiva, non è utilizzabile.

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