(AICIS) Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale nel processo di appello bis per l’uccisione di Marco Vannini a Ladispoli (Roma) nel maggio 2015. Con lui sono stati condannati a 9 anni e 4 mesi la moglie, Maria Pizzillo, e i due figli Federico e Martina per omicidio volontario anomalo.
Il dolo eventuale è un tipo di manifestazione del dolo in cui l’agente ha la precisa coscienza e volontà di attuare un evento lesivo e, pur di raggiungere tale scopo – già di per sé illegittimo e illegale – accetta anche che le conseguenze della sua condotta possano essere più gravi di quanto non sia strettamente necessario per ottenere lo scopo primario.
Dopo cinque anni dai fatti arriva probabilmente la svolta giudiziaria decisiva per il caso Vannini. Infatti resta un eventuale ricorso in Cassazione, la quale però si è già espressa annullando il primo appello, con rinvio, proprio contestando l’idea che si potesse ipotizzare l’omicidio colposo (in quanto tale punito più lievemente). Marco è stato ucciso il 18 maggio del 2015.
I fatti risalgono alla notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 nell’abitazione di Ciontoli a Ladispoli. A segnare il destino del ragazzo prima il proiettile che gli ha attinto cuore e polmoni, poi l’incoscienza di chi, sperando di risolverla senza clamore e danno (la perdita del posto di lavoro da parte del Ciontoli) ha ritardato i soccorsi. L’arma, regolarmente detenuta, sarebbe stata utilizzata in una sorta di “folle gioco”: Marco sarebbe stato raggiunto da un colpo di pistola alla spalla mentre si trova in bagno con la fidanzata Martina e suo padre. La prima chiamata al 118 arrivò solo 40 minuti dopo quello sparo. Da lì una catena di ritardi e omissioni che hanno, di fatto, causato la morte per emorragia del giovane 21enne causata dalle lesioni del proiettile.
La ricostruzione di parte al processo, finalizzata a scagionare i familiari, non è sembrata credibile: “E’ solo un attacco di panico, un grande spavento. Dovete stare tranquilli, è un colpo d’aria partito dalla pistola”, avrebbe detto Ciontoli, stando al racconto dei familiari. Una ricostruzione di comodo che, a detta della Procura non puoteva reggere. “Un secondo dopo lo sparo è scattata la condotta illecita – ha detto il p.g. Vincenzo Saveriano in aula -. Tutti i soggetti sono rimasti inerti, non hanno alzato un dito per aiutare Marco. Un pieno concorso, una piena consapevolezza di quello che voleva fare Antonio Ciontoli e cioè di non far sapere dello sparo. Tra la vita di Marco e il posto di lavoro del capofamiglia, hanno scelto la seconda cosa”.
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