di Fabrizio Rappini*

Purtroppo, nel nostro Paese non si arrestano i femminicidi e i casi di violenze sulle donne. Molti di questi casi, come si dice in gergo, erano “prevedibili” se solo la vittima avesse denunciato prima una certa situazione. Si dice alle donne, giustamente, di denunciare, ma a volte ci si dimentica del perché molte di loro non sono portate a farlo. Troppo spesso, infatti, da vittime si trovano nella odiosa situazione di passare per “colpevoli”. Colpevoli di portare abiti succinti e, come in un recente caso di cronaca, di aver denunciato la presunta violenza quaranta giorni dopo averla subita. Oggi, però, voglio trattare questo tema in modo più “leggero” anche se la leggerezza in certi casi non lo è per nulla. Lo farò portando ad esempio il dire comune, degli uomini, ma purtroppo anche delle donne che chiacchierano nella piazza o al bar. E, spesso, da parte di certa stampa. Il tema è quello della signora morsa a una natica da un cane.

L’EPISODIO

Siamo a Merate, in provincia di Lecco, una 28enne si presenta al Pronto soccorso per farsi curare una ferita a una natica dovuta al morso di un cane. In quel luogo, dal medico che la cura, si sente rivolgere volgarità del tipo: “Ma questo cane è un buongustaio…”. Una frase messa addirittura nero su bianco sul referto. La paziente avrebbe ricevuto poi anche un’altra osservazione non richiesta, e dal significato tutt’altro che implicito: “Facciamo un bel regalo anche al medico di base”, riferendosi al collega che qualche giorno dopo avrebbe dovuto toglierle i punti di sutura. Altra bassezza, quando i due si sono ritrovati faccia a faccia per la prescrizione del farmaco, intorno alle 2 di notte: “Non ti ho riconosciuta perché ho visto solo l’altra faccia…”.

La donna successivamente si presenta all’Urp dell’ospedale per segnalare quanto le era successo.

“L’episodio non mi ha sconvolto la vita, ma infastidita sì. Mi chiedo come avrebbe potuto reagire una ragazzina di 15 anni”. Dice quando viene intervistata da alcuni organi di stampa.

LE CONSEGUENZE

Il medico che ha visitato la donna, è un “gettoni sta” fornito da una cooperativa, quindi un camice bianco “a chiamata” pagato a turno. Il direttore generale dell’Asst di Lecco, il dottor Paolo Favini, una volta a conoscenza del referto ha pubblicato un messaggio di scuse rivolto alla paziente, provvedendo a rimuovere dai turni il presunto molestatore la cui condotta sarà segnalata all’Ordine dei medici per le valutazioni deontologiche.

LA PRESUNTA VITTIMA DIVENTA “COLPEVOLE”

Su certa stampa la notizia viene data nuda e cruda, senza approfondire e dichiarando che la donna avrebbe denunciato alla Autorità giudiziaria quanto accadutole. Niente di più falso!!

Però questo basta alla gente per attaccare la donna per “aver denunciato un professionista per una sciocchezza del genere”. E, ancora peggio, “per cercare di strappare qualche soldo al medico”. Sono cose che ho sentito con le mie orecchie e alle quali ho replicato stizzito di informarsi meglio prima di giudicare.

LE CONCLUSIONI

E’ un episodio “leggero”, come ho detto in apertura, che però da la dimensione di come sia ancora vista la donna nel nostro Paese. Ed è di fronte alla paura di passare per colpevoli che molte donne ancora non denunciano. Ci vorrà del tempo, ma è necessario uno sforzo da parte di tutti perché le cose possano cambiare. Questa volta è stato il morso di un cane. Ma domani?

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L’AUTORE

Fabrizio Rappini, è un giornalista professionista. Criminologo AICIS qualificato secondo la legge n. 4/2013.