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L’operatore di polizia locale può essere collocato in disponibilità se perde la qualifica di “agente di pubblica sicurezza. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione lavoro con la sentenza n. 5241/2022.

Una decisione che non mancherà di far discutere, all’interno della categoria, considerato che la qualifica in questione non è necessaria per svolgere il servizio di polizia locale, ma è una facoltà che la legge assegna ai sindaci. In sostanza è il sindaco che, discrezionalmente (in osservanza del regolamento comunale sul corpo o servizio di polizia locale) può richiedere per gli agenti il rilascio della qualifica di P.S.

Il provvedimento: Non è un provvedimento di poco conto quello adottato nei confronti del poliziotto locale perché, secondo l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 (Testo Unico del pubblico impiego) l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni. Però dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. Quindi il 20% dello stipendio in meno per due anni e poi il licenziamento.

Il caso: Un piccolo Comune, a fronte della perdita della qualifica di agente di pubblica sicurezza dell’unico dipendente assegnato al servizio di polizia locale, ha adottato una delibera di giunta con la quale ha disposto il collocamento del dipendente in disponibilità per esubero, secondo quanto previsto, appunto, dall’articolo 33 del Dlgs 165/2001. La Giunta aveva motivato la propria delibera con l’acquisizione agli atti del provvedimento prefettizio di revoca della qualifica di agente di pubblica sicurezza in capo al dipendente, qualifica che ha l’effetto di abilitare alle funzioni di polizia giudiziaria e di sicurezza previste dall’articolo 5 della legge 65/1986 (legge quadro sull’ordinamento della polizia locale).

La replica: Il dipendente aveva lamentato l’illegittimità della delibera facendo notare che lo status di agente di pubblica sicurezza costituisce una prerogativa accessoria ed eventuale rispetto alle funzioni di servizio dell’agente di polizia municipale, ma tanto il giudice del lavoro quanto la Corte di appello avevano dato ragione all’Ente.

La decisione della Cassazione: La Cassazione ha posto al centro della propria valutazione di legittimità un criterio inedito, che è quello della dimensione dell’Ente. La Corte ha infatti spiegato come, nel contesto del piccolo ente, con un solo addetto in un determinato servizio, sia rilevante a giustificazione del provvedimento adottato il fatto oggettivo del verificarsi di un’eccedenza di personale in relazione alle concrete esigenze funzionali dell’ente, dal momento che mantenere il lavoratore in servizio avrebbe comportato per l’amministrazione o la rinuncia a garantire il servizio di pubblica sicurezza o la necessità di bandire un concorso per l’assunzione di una nuova unità, con ulteriore esborso cui tale amministrazione non poteva essere costretta.

Nello specifico, viene perciò valorizzata la circostanza che il ricorrente era l’unico agente di polizia municipale e che l’avvenuta perdita della qualifica di agente di pubblica sicurezza aveva reso la sua prestazione non più consona alle esigenze funzionali del Comune. Del resto, sempre secondo la Corte, la caratterizzazione di ausiliarietà delle funzioni di pubblica sicurezza non si riferisce alla figura del singolo agente di polizia municipale, ma è legata in via precipua alla funzione in senso generale.

A quando una riforma chiara? – Di fatto in questo modo, adottando il criterio della dimensione dell’ente, si crea di fatto una sperequazione rispetto ad analoghe posizioni (agenti privi della qualifica di PS) in realtà più strutturate e complesse.

Anche quest’ultima decisione della Cassazione richiama la necessità di una riforma chiara dell’ordinamento delle polizie locali in Italia.

 

 

AICIS