(AICIS) La fenomenica dell’incendio doloso e della piromania trova riscontro in differenti prospettive analitiche che consentono di fare parzialmente luce sulle motivazioni che spingono l’individuo a porre in essere un’azione che miete vittime non solo umane. Il primo autore, in letteratura, a parlare di piromania è Oulès, che negli anni ’50 descrive il profilo del piromane tipo: figlio di agricoltori, cresciuto in situazioni finanziare disagiate e con una scolarizzazione di bassa qualità ed estremamente esigua; enuretico per un lasso di tempo ampio e a causa della numerosa famiglia (tipica della manovalanza agricola) vive una sfera affettiva molto precaria che ha influenzato in maniera dannosa lo sviluppo armonico della sua personalità. Il pregiudizio ha la meglio sulla capacità di analisi degli eventi della sua vita, le distrazioni sono sporadiche e quasi tutte si incentrano sugli incendi, che in via incidentale, si profilano nel suo ambiente di riferimento, in larga misura quando le cause risultano misteriose. Oulès lo descrive timido, con un fisico grossolano e molto rozzo nei movimenti e senza successo nelle relazioni con l’altro sesso; inoltre l’autore individua nell’evento del ritorno dal servizio militare alla sua casa di origine una sorta di sconfitta, considerando la leva come l’ultimo baluardo per potersi scrollare da tutto quello che appartiene alla vita monotona condotta dallo stesso e alla possibilità di stabilizzare armonicamente la sua personalità scarsa di autocontrollo e di educazione matura, incapace di stabilire relazioni affettive soddisfacenti. Il ritorno dalla leva lo costringe alla ripresa della routine nei campi, in cui tutto è immerso nella noia, l’apatia che lo possiede sembra condurlo in un tramonto perenne di tristezza atipica. Questo stato emotivo, lo porta, per la prima volta, a percepire questo brulicante e frenetico impulso di appiccare il fuoco per poter ammirare questo spettacolo. Pone in essere l’azione e inizialmente prova una componente di piacere mai provato in precedenza, l’accorrere dei paesani per le operazioni di spegnimento, a cui egli stesso partecipa, lo soddisfa in toto. Arginata l’emergenza, sperimenta la delusione per non essere stato riconosciuto come unico artefice di quel generale moto creato nel paese. Da questa prima azione ne seguiranno altre, fino all’identificazione del suo coinvolgimento e al suo arresto. Secondo Oulès questa è l’origine più frequente delle pulsioni piromaniche in più della metà dei casi studiati dall’autore. Tracciare il profilo descritto da Oulès non significa abbracciare il suo assunto ma si cerca di evidenziare come in passato la personalità del piromane si riduce esclusivamente a una patocaratterologia, un’analisi limitativa che trova la sua progenie in  formule teoriche lontane dal concreto. Il manuale diagnostico dei disturbi mentali, edizione quinta, (DSM-5) accoglie in gran parte la teoria di Oulès, il profilo descritto dall’autore viene, sostanzialmente, riportato nei criteri diagnostici. Eppure affrontare il fenomeno della piromania implica assumere prospettiva ben differente da una prospettiva unilaterale che costituiscono il punto precipuo delle cosiddette monomanie (concezione che risale al positivismo naturalistico). In via specifica il concetto di piromania, rispetto al passato, si è evoluto passando dallo studio che considera la piromania come malattia autonoma a uno studio incentrato su un criterio fenomelogico-psicopatologico in cui si considera la personalità in maniera completa del soggetto incendiario per inserire la condotta in una dinamica situazionale. In questo assunto va considerata l’età puberale, in cui l’atto piromane, posto in essere sia individualmente che in gruppo, delinea un vago eccitamento pulsionale che si colloca nell’esigenza di provare esperienze, avventure seducenti che si profilano come qualcosa di assolutamente nuovo rispetto alla monotonia insita nella quotidianità che contraddistingue la vita di tutti i giorni. È bene chiarire che l’atto incendiario, posto in essere in maniera occasionale da un gruppo di adolescenti, non va inquadrato in una condizione psicopatologica ma in un contesto transitorio concernente disadattamento e frustrazione. Nel caso dell’adulto può anche profilarsi come un atto di reazione a un determinato evento che esclude, totalmente, la condizione psicopatologica. Sulla scia di queste considerazioni si può asserire che il classico concetto di piromania o monomania  ha gradualmente perso la sua teoria funzionale esclusivamente concernente l’ambito psichiatrico, ergo si é abbandonato il concetto di piromania ascrivibile alla deviazione della condotta umana per abbracciare una considerazione che finalizza l’atto ad ottenere vantaggi economici  diretti e indiretti. Nel caso dei disturbi dello spettro schizofrenico, raramente un soggetto affetto da schizofrenia appiccherebbe fuoco, può succedere nel caso di un delirio paranoide in cui il soggetto ha lo scopo di colpire i beni di un presunto nemico.

Assumendo la prospettiva puramente criminologica, ergo collocando l’incendio nel quadro delle condotte criminose a danno dell’ambiente e delle vittime prive di colpe, diviene più complesso poter analizzare il fenomeno sulla base delle tradizionali categorizzazioni. Si potrebbero tratteggiare differenti profili di chi si avvale del fuoco in funzione criminosa, ma è anche vero che questi profili non trovano alcun fondamento giacché non poggiano su un substrato scientifico concreto, più che altro possono fungere da ausilio a coloro i quali si trovano davanti a un crimine efferato ma non dispongono di indizi sufficienti a delineare piste da seguire e ben che meno prove concrete  sulle quali fondare un’accusa tangibile.

In questi profili, seppur non supportati da un substrato scientifico, trova particolare riscontro la motivazione economica sia di natura privata, sia di natura pubblica. Nelle teorie criminologiche si fa strada la teoria della corruzione, su diversi livelli, circa la giustificazione dei finanziamenti stanziati ogni anno agli organi preposti per lo spegnimento degli incendi, teoria che indica gli stessi operatori come i maggiori sospettati di porre in essere l’atto criminale. Sempre rimanendo all’interno della variabile economica non si può non far riferimento ai risarcimenti dei danni provocati dagli incendi allorché la regione richieda lo stato di calamità naturale e quindi volutamente appiccati per poter accedere ai rimborsi.

Riferimenti giuridici

Il quadro giuridico di riferimento trova collazione nel codice penale (Dei delitti in particolare → Titolo VI – Dei delitti contro l’incolumità pubblica (art. 422-452) → Capo I – Dei delitti di comune pericolo mediante violenza). L’articolo 423 c.p. dispone che  Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso di incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica. La giurisprudenza ha accolto un’interpretazione restrittiva della definizione di incendio che annovera negli estremi del reato fuoco di vaste dimensioni che abbia tendenza a diffondersi e siano ardue le operazioni di spegnimento. Il bene legittimo da tutelare è l’incolumità pubblica, il secondo comma si riferisce all’ipotesi di incendio di cosa propria, beni di cui l’agente ha in capo diritto di proprietà e non di diritto reale. In quest’ipotesi il pericolo per la pubblica incolumità si configura come elemento costitutivo del reato. La ratio legis intende tutelare la stato di pericolo di un numero indeterminato di persone, per la potenzialità delle condotte aggressive a proiettare gli effetti distruttivi oltre agli individui minacciati o colpiti, protetti non come individui singoli ma come appartenenti alla comunità.

Autorità preposte

In caso di incendi denominati di interfaccia, il ruolo operativo nelle fasi di spegnimento spetta esclusivamente agli organi tecnici preposti a tale attività  ossia  il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e Corpo Forestale dello Stato che con il recente decreto legislativo n. 177/2016 è stato disposto l’assorbimento nel Corpo nell’Arma dei Carabinieri, riorganizzato nel neocostituito Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare. Il Sindaco, tempestivamente informato circa l’evolversi critica della situazione, coadiuvato da tutta la struttura municipale, in primis il Comando di Polizia Municipale, assume il coordinamento delle operazioni per la tutela dell’incolumità delle persone e delle abitazioni. Solo in seguito, valutata l’insufficienza del comparto locale, si provvede al coinvolgimento di altre risorse. In specifico, il Sindaco dovrà attivare un presidio operativo finalizzato all’avvio di un’attività di sopralluogo e di valutazione, mantenendo costantemente informati Prefettura e Regione, queste ultime sulla base delle informazioni pervenute, dovranno valutare le eventuali forme di concorso all’attività comunale. Ergo, polizia locale, Carabinieri (agenti di polizia giudiziaria), Sindaco, amministratori non sono tenuti a partecipare attivamente alle operazioni di spegnimento giacché non sono dotati di percorsi formativi tali da poter gestire situazioni di simil gravità, mettendo in serio pericolo la loro vita poiché privi di competenze interiorizzate nei percorsi di formazione. In tal misura, i cittadini sono esonerati da tali attività e partecipando alle operazioni di spegnimento risultano particolarmente sprovveduti e pongono la loro vita in serio pericolo.

Deborah Bottino Criminologa AICIS