(AICIS) Non c’è necessità di disporre una perizia grafologica quando basta confrontare la scrittura vergata sul documento con quella di altri documenti già acquisiti al carteggio processuale. Lo ha stabilito la Seconda Sezione della Cassazione civile con l’ordinanza n. 887 del 16 gennaio 2018. Secondo la Corte “allorché sia proposta istanza di verificazione della scrittura privata, il giudice non è tenuto a disporre necessariamente una consulenza tecnica grafologica per accertare l’autenticità della scrittura qualora possa desumere la veridicità del documento attraverso la sua comparazione con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte e ritualmente acquisite al processo”.

Tuttavia, l’esame tecnico è necessario se per l’accertamento dell’autenticità della grafia si reputi necessario il prosieguo delle operazioni può svolgersi su eventuali copie o scansioni.

A precisarlo è stata la stessa Cassazione civile (Sez. VI) con l’ordinanza 15 gennaio 2018, n. 711. “Il giudizio di verificazione di un testamento olografo” – ha stabilito la Cassazione – “deve necessariamente svolgersi con un esame grafico espletato sull’originale del documento per rinvenire gli elementi che consentono di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione, tuttavia una volta verificati sul documento originale i dati che l’ausiliario reputi essenziali per l’accertamento dell’autenticità della grafia (ad es. l’incidenza pressoria sul foglio della penna), il prosieguo delle operazioni può svolgersi su eventuali copie o scansioni, e ciò a prescindere dal fatto che l’originale sia stato prodotto da una delle parti”.

Del resto, è discrezionale ed incensurabile in sede di legittimità il potere del giudice di disporre CTU grafologica, soprattutto quando sia possibile pervenire all’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione apposta in calce ad una scrittura privata grazie alla libera valutazione delle prove ritualmente acquisite al processo e quindi la perizia calligrafica non sia l’unico strumento idoneo ad accertare la genuinità della firma. E’ discrezionale ed incensurabile in sede di legittimità il potere del giudice di disporre, d’ufficio o sollecitato dalla parte, la testimonianza de relato. E’ rilevabile, anche ex officio, in sede di legittimità l’inammissibilità dell’appello per carenza di specificità dei motivi di impugnazione ex art. 342 c.p.c., con conseguenziale declaratoria del passaggio in giudicato (c.d. “giudicato interno”) della statuizione di primo grado non correttamente censurata ed investita dall’impugnazione (Cass. civ. Sez. II, 13 ottobre 2015, n. 20496)