In occasione del ritorno a scuola dei bambini e delle bambine, sui social networks si è scatenata la gara al bimbo/ bimba più bello/a. Genitori impazziti che postano foto dei loro pargoli sulle principali piattaforme sociali come Facebook, Twitter e Instagram. Da tempo ribadisco la mia contrarietà alla pubblicazione di foto di minorenni sul web per diverse ragioni, tenterò di spiegarvi ancora una volta quanto può essere periglioso e pericoloso avventurarsi sul web senza conoscere i veri risvolti che la rete occulta.
Il consenso negato
In primis, il minorenne non è in grado di poter dare un consenso reale a fronte della cosiddetta presunzione concernente l’incapacità, l’uomo acquisisce la capacità di intendere e di volere in maniera graduale, capacità che è presupposto di un consenso legittimo e dato con coscienza e volontà, pertanto il minore non sarà in grado di comprendere pienamente il significato delle azioni poste in essere giacché non ha raggiunto la maturità intellettuale e pertanto il consenso dato non può essere legittimato, poiché il soggetto è ancora “in costruzione”. Postare una foto che ritrae un minore sul proprio profilo Facebook (e altro) significa integrare gli estremi della lesione al diritto all’immagine. Ergo, il minore non è in grado di scegliere: anche laddove il minore alla domanda “Mamma e papà la postano su Facebook, va bene?” e il minore risponde di “si”, quel “si” ai sensi della legge non è considerato un consenso valido.
Quando postate una foto di vostro figlio/a, nipote, cugino/a, fratello/sorella state ledendo i loro diritti.
La privacy
Nonostante Facebook consente l’impiego di numerosi filtri che limitano le visualizzazioni dei post ai soli “amici” il pericolo dato dalla pubblicazione di foto che ritraggono i propri figli, resta elevato. Esporli realisticamente a un numero potenzialmente elevato di amici non limita il rischio reale legato alla pedofilia. La conoscenza dei contatti non è poi così mirata, fra gli amici Facebook possono nascondersi tutta una serie di contatti che passano inosservati e potrebbero avere pensieri o compiere azioni poco ortodosse nei confronti dei bambini. Non solo, non è irrealistico pensare che persone che presentano quadri psicopatologici legati al disturbo parafilico di pedofilia (attenzione il disturbo è diverso dal reato, non esiste il REATO DI PEDOFILIA, esiste IL REATO DI ABUSO SU MINORE, sottile differenza ma molto importante), possano realmente avvicinarsi ai vostri figli avendoli osservati attentamente sui vostri profili. Non pensante che i vostri “amici Facebook” siano tutte persone fidate, il disturbo parafilico di pedofilia può essere anche latente, sconosciuto quindi allo stesso pedofilo che può essere a conoscenza o meno di provare impulsi sessuali alla vista di bambini.
La pedopornografia e il deep web
Il concetto di pedopornografia non è un concetto univoco dipende dall’impiego di due parametri: l’infanzia e la pornografia. Questi ultimi sono costrutti sociali che acquisiscono diverse accezioni in base alla cultura dove operano e alle diverse epoche storiche. Il periodo infantile in passato veniva concepito come il periodo prepuberale della vita che precedeva l’età adulta che coincideva con il menarca nelle donne e la comparsa dei primi peli pubici negli uomini, pertanto l’età adulta si misurava sulla base di elementi fisici e biologici. La società contemporanea ha definitivamente superato dati fisici per abbracciare concetti che sono legati all’età del consenso invalido, considerando l’immaturità psicologica e pertanto vietano relazioni sessuali con adulti finché i soggetti non avranno la capacità di comprendere il valore delle loro azioni e di assumerne le responsabilità. Secondo Jenkins la pedopornografia si suddivide in due sottotipi:
- Softcore: immagini che mostrano nudità del bambino ma senza attività sessuale
- Hardcore: immagini che raffigurano attività sessuali in corso
Con l’avvento dell’era digitale la fruizione di materiale pedopornografico si è semplificata, aumenta la velocità di scambio e i sistemi di memorizzazione digitali consentono di conservare una quantità maggiore di materiale. In qualche modo, però, il controllo sociale formale ha permesso di limitare questo scambio creando il cosiddetto effetto del displacement, ossia lo spostamento del fenomeno in una realtà più nascosta del web, il deep web che corrisponde a un insieme di siti web che non possono essere trovati dai motori di ricerca conosciuti, come Google. Vi è, poi, una parte del deep web ancora più occultata denominata Darknet, conosciuta come mezzo ove si realizzano le maggiori attività illegali, dal commercio di droga, armi, alla prostituzione, l’acquisto di documenti falsi finanche la tratta degli esseri umani e perfino i servizi offerti da assassini e da hacker su commissione. L’accesso al deep web è consentito tramite alcuni portali come Tor e Freenet che offrono il completo anonimato, scena principale per il commercio di materiale pedopornografico. I reati associati alla pedopornografia sono la produzione, la distribuzione e il possesso. Molti possessori di materiale pedopornografico reclamano la depenalizzazione del reato di possesso, giacché secondo questi ultimi il reato sarebbe senza vittima pertanto gli unici soggetti a porre in essere il reato di pedopornografia sarebbero coloro che producono il materiale.
Seppur i fruitori non partecipino attivamente all’assalto sessuale, costituiscono la domanda per questo tipo di materiale e di conseguenza incentivano la produzione di materiale. Gli utilizzi principali del materiale pedopornografico sono:
- Stimolazione dell’eccitazione sessuale e della gratificazione: le immagini sono usate come sussidio masturbatorio.
- Accettazione e giustificazione del comportamento pedofilo: immagini assumono un ruolo di normalizzazione del comportamento pedofilo
- Abbassare l’inibizione del bambino nel processo di grooming: immagini usate per sedurre la vittima dimostrando che i rapporti sessuali tra adulti e bambini siano abituali e che ne scaturisca divertimento
- Conservazione della giovinezza: i pedofili tendono a essere interessati solo ai bambini di una certa età, quando il bambino cresce perdono il loro interesse.
- Ricatto per il silenzio della vittima: il ricatto di mostrare le foto ai familiari e agli amici costringono la vittima al silenzio
- Impiego di materiale come valuta: i collezionisti scambiano il materiale in base a un valore ben specifico
- Informazioni sui bambini maggiormente vulnerabili: materiale può essere scambiato per ottenere informazioni sui bambini che possono essere adescati
- Profitto: la pedopornografia produce annualmente un computo elevato.
Il materiale scambiato nel deep web assume una specifica classificazione:
- Non nudo: i bambini sono vestiti, gli indumenti possono riguardare anche biancheria intima o costume da bagno
- Softcore: nudità completa o area pubica scoperta ma senza attività sessuale
- Hardcore: attività sessuale tra bambino e adulto o tra bambini o un solo bambino. Queste attività riguardano la masturbazione, rapporto orale/vaginale/anale, il tocco sessuale di genitali e ano e l’eiaculazione sul corpo del bambino.
- Hurtcore: questo tipo di classificazione è quella estrema: bondage, sculacciate, sadismo, tortura. Qui rientrano i cosiddetti snuff movie ove il bambino viene ripetutamente violentato e portato alla morte.[1]
Le immagini postate su Facebook possono essere prelevate e commercializzate nel deep wep alla vostra insaputa. Se postate le foto dei vostri bambini su Facebook, sappiate che state seriamente andando incontro a un pericolo reale e mettete a rischio la sicurezza dei vostri bambini. La rete non è un mondo protetto e sicuro, l’abbattimento delle barriere conduce, inesorabilmente verso una minor protezione; lo smartphone non è un giocattolo e a maggior ragione è pericolosissimo darlo in mano a un bambino. Posso comprendere, però, che se sono già gli adulti a essere spregiudicati nell’uso del web non mi meraviglio che possano consegnare nelle mani dei propri figli una vera e propria arma. La protezione dei vostri bambini spetta a voi, loro non sono in grado di decidere: sarete in grado di proteggerli da voi stessi?
[1] Justè Neverauskaitè, Il deep web e la pedopornografia

Deborah Bottino Criminologa AICIS