(AICIS) [Matteo Codecasa]
PEDOPORNOGRAFIA E REVENGE PORN ONLINE: IL FILE SHARING E IL CLOUD STORAGE COME NUOVA FORMA DI CONDIVISIONE DI MATERIALE ILLECITO.
Nel Dicembre 2020 la Polizia di Stato, dopo due anni di indagine condotta da agenti “sotto copertura” nella rete internet, procede, con perquisizioni e arresti, con un impiego di oltre 300 agenti del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni, a quella che è stata definita come la più imponente operazione di Polizia contro la pedopornografia online degli ultimi anni.
Ma cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando. Lo sviluppo di internet e delle applicazioni dedite alla messagistica istantanea, tipo WhatsApp e Telegram, ha certamene accorciato le distanze e sviluppato quel sistema di condivisione globale e immediatezza che fino a qualche tempo fa ci immaginavamo soltanto, questo però, a portato al tempo stesso ad uno sviluppo e ad un cambiamento nel modus operandi di malintenzionati e attività criminali, i quali si sono serviti e si servono tutt’ora di questi strumenti per compiere azioni criminali.
PEDOPORNOGRAFIA E REVENGE PORN
Sfruttando le potenzialità di applicazioni, come Telegram, si vengono a creare “canali” e “gruppi” ad hoc, finalizzati alla condivisione di foto e video ritraenti contenuti sessuali e insulti di genere, di fidanzate, mogli, figlie, postate da partner, mariti e padri, il cui intento è quello di promuovere e rendere partecipe il cyber-spettatore, creando delle vere e proprie associazione per delinquere.
In particolar modo, a destar preoccupazione da questi “canali” e “gruppi”, è l’abbondanza di materiale pedopornografico e soprattutto di Sexting (diffusione/invio di immagini/video a contenuto sessualmente esplicito) e Revenge Porn (vendette a sfondo sessuale). La scelta della diffusione, nonché, condivisione di tali immagini o video, attraverso il canale social di Telegram, risulta evidente grazie all’utilizzo dello stesso di sistemi crittografici molto avanzati rispetto al più comune WhatsApp, il che offre praticamente un quasi totale anonimato, ideale per chi vuole compiere azioni non del tutto legali. Una premessa doverosa da fare è ovviamente che non esiste un totale anonimato, perché grazie all’individuazione di indirizzi IP, numeri di telefono, scambio/invio di dati è sempre possibile risalire al potenziale pedofilo o al “fidanzato represso”.
La notizia più nota che ha destato interesse, risale ad inizio Aprile 2020, con la scoperta da parte delle autorità del gruppo denominato “Stupro tua sorella 2.0”, nato con l’intento specifico di scambiare, condividere e vendere foto e video di donne, maggiorenni e minorenni, a contenuto sessualmente esplicito, senza il loro consenso. Ma ne esistono ancora tanti altri, più volte chiusi e più volte riaperti con nomi simili, “Dipreisti per scelta”, “Canile Minorile” etc…
Il reato di associazione per delinquere trova spazio, nel momento in cui la vittima di questa condivisione, di filmati o immagini, viene contattata e obbligata a pagare una somma di denaro per far si che non vengano resi pubblici, il che ovviamente risulta falso visto che queste immagini sono già state condivise più volte tra gli utenti, questo crea nocumento alla reputazione della vittima, il che equivale ad una vera e propria estorsione sessuale. Inoltre, più volte all’interno dei gruppi viene richiesto il contatto per scambio di materiale ritraente minori in attività sessuali, ovviamente, il tutto scambiato per somme di denaro.
Da un punto di vista giuridico per chi diffonderà foto e video a sfondo erotico, senza il consenso della persona oggetto delle immagini, è prevista la reclusione fino a 6 anni. Ma le conseguenze coinvolgeranno anche altri utenti. Si tratta di coloro che hanno scaricato sul proprio cellulare i suddetti contenuti. Soprattutto se il materiale riguardava ragazze minorenni. In quel caso, l’accusa è di possesso di materiale pedopornografico. E cancellarlo non servirebbe a nulla, in quanto, come detto in precedenza, le autorità riuscirebbe a risalire anche ai file eliminati di recente. Nessun rischio, invece, per i cyber-spettatori i così detti spettatori passivi.
Ma per quale ragione, nonostante tutte le segnalazioni, querele e reportage (come il sito Fanpage.it) questi gruppi risultano ancora operativi? Il motivo, lo troviamo nel fatto che la società di Telegram risponde alla giurisdizione statunitense che ha attivato un servizio di digital tokens che non permette di rispondere alla legge italiana, tenete presente che una chat del tipo citato in precedenza può contare fino a 53 mila iscritti, che dopo la chiusura possono “migrare” su nuove chat con nomi simili se non identici. Questo non deve scoraggiare gli utenti nel denunciare chat di questo tipo e soprattutto le potenziali vittime di reato.
IL FILE SHARING E IL CLOUD STORAGE
Tutte queste denunce e inchieste hanno portato nell’ultimo periodo ad un cambio di rotta da parte degli utenti delle chat, che si sono adeguati, spaventati da possibili sanzioni o addirittura arresti. In che modo? Con l’utilizzo di apposite piattaforme dedite allo scambio di foto e video su cloud. Il più gettonato è il noto MEGA, acronimo di Mega Encrypted Global Access, sito web di file hosting e file sharing internazionale, sviluppato dal noto hacker e imprenditore di internet Kim Dotcom. Sostanzialmente, il servizio fornito è quello di un cloud storage sicuro, con crittografia end-to-end e con una speciale licenza open source che permette di utilizzare il codice “a scopo di revisione e commento”, il che equivale ad accessibilità e verifica da qualsiasi terza parte. Il suo fondatore è famoso per le sue trovate geniali e molte volte illegali e il suo nuovo marchio, con dominio registrato in Nuova Zelanda, conta già 7 milioni di utenti attivi. Nelle chat di Telegram si trovano utenti che sotto compenso di denaro offrono i link, da diversi mega e terabyte, con foto e video a contenuto pedopornografico, ma anche di contatti Instagram, Facebook, di nomi e cognomi di ragazze, ignare, che le loro foto private e i video, magari mandate in intimità al proprio fidanzato, sono alla portata di sconosciuti che nel migliore dei casi si limita a guardare ma nel peggiore sono oggetto di ricatti ed estorsioni. Altro aspetto da considerare, è che nella maggior parte dei casi gli “scambi” avvengono tra ragazzi minorenni e adulti, con pagamenti su carte prepagate o con buoni regalo Amazon.
Questo fenomeno in preoccupante crescita, ha permesso ad intere comunità di pedofili di arginare gli aspetti legati ad una navigazione in incognito nel dark/deep web, nel quale è necessaria una conoscenza di livello avanzato dei sistemi informatici, ad una banale chat di condivisione e di link accessibili a tutti.
QUALI RIMEDI
Questa nuova forma di condivisione tra gli utenti ci deve far riflettere, in quanto si sta creando nelle nuove generazioni, una forma preoccupante di devianza online che ha per oggetto la normalizzazione della pornografia e un processo di “oggettificazione” e sessualizzazione del corpo della donna. Ovviamente sembra inutile dirlo, ma la regola fondamentale è che ognuno di noi si comporti nella maniera corretta, se siamo a conoscenza di siti, chat, gruppi o canali che hanno per oggetto la pedopornografia o il revenge porn, la parola d’ordine è DENUNCIARE. Da un punto di vista prettamente sociologico ed educativo, risulta evidente istruire sia i giovani che gli adulti ad un uso corretto del mezzo internet, educarli ad una maggiore empatia. Solo così si riuscirà in qualche modo ad arginare tale fenomeno.
In rete come nella realtà c’è il brutto e il cattivo, l’anonimato totale non esiste, sta a noi scegliere da che parte stare.
© Matteo Codecasa, Security & Criminology Advisor
AICIS