#Redazione AICIS
Di sicuro il delitto in questione presenta una singolarità ancora irrisolta. E per questo motivo la difesa, a distanza di quasi otto mesi, ha deciso di fare accesso alla scena del crimine per svolgere un proprio sopralluogo. Il caso riguarda la morte di un agricoltore – Franco Severi – il cui corpo è stato trovato decapitato a fine giugno nelle campagne del forlivese. La testa però non si è mai trovata. E questo certamente è uno dei punti da risolvere per definire la verità. La decapitazione potrebbe apparire un atto rituale o semplicemente un atto brutale: di certo un’azione né facile né necessaria perché per uccidere un uomo basta molto meno. In ogni caso, per quanto è dato di sapere, per gli inquirenti il caso è prossimo alla chiusura con l’accusa di omicidio volontario, con l’aggravante della premeditazione e occultamento di cadavere (quest’ultima accusa scatta anche quando mancano singole parti anatomiche del cadavere) a carico uno dei fratelli della vittima che è stato messo in custodia in carcere ed anche la Cassazione ha confermato che lì deve rimanere.
In questi giorni però la difesa ha richiesto ed ottenuto un nuovo sopralluogo. Una prerogativa che il codice definisce “accesso ai luoghi” come atto d’indagine difensiva.
A ispezionare il luogo del delitto, sotto la supervisione dei carabinieri della compagnia di Meldola (FC) è arrivato, su ingaggio degli avvocati, l’investigatore privato Stefano Cimatti, criminologo AICIS certificato, il quale munito di videocamera ha registrato e fotografato i luoghi, fissando con la misurazione delle distanze la “mappa” del luogo di rinvenimento del cadavere (che non necessariamente è il luogo del delitto).
IL CASO:
Il corpo senza testa dell’agricoltore è stato trovato l’estate scorsa nei pressi della sua abitazione rurale nelle colline forlivesi. A trovare il corpo, in una scarpata piena di vegetazione sul retro della casa, è stato un vicino, intorno alle 20 – 20,30 del 22 giugno 2022. Il vicino era stato allertato da un amico della vittima che gli aveva chiesto di andare a controllare, perché era irreperibile al telefono dal giorno prima. L’ultima traccia certa in vita (dei messaggi su WhatsApp) risaliva a 23-24 ore prima del ritrovamento. Di sicuro il 21 giugno Severi era vivo: un barista di Civitella di Romagna che è l’ultima persona che quel giorno lo ha visto in vita. Il corpo è stato ritrovato in gran parte nudo, con un boxer costume da bagno blu e due paia di slip attorcigliati alla caviglia, arrivati fin lì forse per il trascinamento del corpo, oppure aggiunti come altro messaggio rituale.
L’AUTOPSIA:
Dell’autopsia sul cadavere è stata incaricata anatomopatologa Donatella Fedeli che nella relazione finale ha confermato il quadro iniziale, lasciando però aperti anche alcuni degli interrogativi. Il primo dato che emerge è che la causa della morte non risiede negli organi interni della parte del corpo ritrovato. Né l’analisi sul corpo ha rivelato segni di colluttazione o azioni di difesa. Inoltre, pare anche che secondo il Ris di Parma il sangue trovato sotto le unghie del morto non sarebbe attribuibile al fratello incriminato, ma alla vittima stessa. Il mistero della dinamica della morte e dell’arma utilizzata restano quindi nel capo della vittima che non è stato ritrovato.
Anche la difesa ha inteso rimarcare quelli che considera dei nodi irrisolti nell’esame autoptico: secondo gli avvocati l’esame non chiarirebbe in modo certo se la decapitazione sia stata l’azione che ha causato anche la morte, oppure se sia avvenuta successivamente su un corpo già privo di vita, probabilmente per occultare elementi utili alle indagini. Dubbi anche sull’orario della morte che l’autopsia fisserebbe a 24-36 ore prima del ritrovamento del corpo, mentre l’ultima traccia certa di vita della vittima risale a 23 ore prima, con una telefonata.
CHE COSA NON C’ERA:
Andare per esclusione (per falsificazioni) è un buon insegnamento del filosofo Karl Popper, quindi, partiamo da quello che non c’era: nell’abitazione della vittima non sono stati trovati segni di colluttazione, né tracce di sangue; il telefono era presente in casa, sul comodino. Dallo stato dei luoghi non si sono riscontrati elementi riferibili ad un’azione omicidiaria così complessa e cruenta come l’uccisione e la decapitazione di un uomo.
L’INDAGATO:
La vittima aveva sei fratelli, tra i quali vi erano dissidi. Il contrasto maggiore – anche di natura legale – era però con il fratello in questione che è stato tratto in arresto con l’accusa di omicidio. A proposito dei contrasti tra i due la sorella Anna in un post su Facebook ha addirittura parlato di una “cronaca di una morte annunciata”.
I Carabinieri hanno perquisito la sua abitazione – primo sospettato date le ruggini che lo dividevano dalla vittima – e l’auto, una “Fiat Panda” grigia di sua proprietà, poi posta sotto sequestro.
GLI INDIZI:
Sulle scarpe dell’indagato è stata trovata una piccola traccia di sangue della vittima. Altro sangue della vittima è stato trovato su dei guanti rinvenuti nel cofano dell’auto (ma qui le indagini scientifiche non hanno rinvenuto Dna dell’indagato nella parte interna, dove cioè i guanti si indossano). La “Panda” non presenterebbe altre tracce di sangue, ma Procura obietta che la vettura venne lavata poco dopo. I detective hanno inoltre acquisito le immagini delle telecamere di videosorveglianza di un’area di servizio lungo la via Bidentina, che avevano immortalato il passaggio di una vettura simile a quella in uso all’indagato in un orario compatibile con la morte della vittima, ma le immagini non sarebbero così definite da permettere di individuare la targa.
Le indagini si sono focalizzate anche su una pistola “abbatti-buoi”, strumento di scarsa precisione utilizzato per lo stordimento e l’uccisione degli animali da allevamento ai fini della macellazione. La pistola è stata trovata in via Maglianella, sotto un ponte stradale, nascosta dalla vegetazione a circa sei metri dalla strada, in un’area che si trova a 20 chilometri dal casolare della vittima, ma nei pressi di un capanno per gli attrezzi in uso al fratello indagato, dove lo stesso accudisce i suoi cani. I carabinieri hanno trovato l’oggetto poco dopo aver tracciato un movimento dell’indagato in quella zona. Lui ha ammesso di essersi disfatto di quella pistola poco prima, ma sostiene di non averla usata.
Per la Procura l’arma per la macellazione di animali, per quanto imprecisa e di libera vendita, è comunque adatta ad uccidere un uomo in determinati casi. Assieme alla pistola c’era anche una canna di fucile (solo una parte non in grado di ferire), con la matricola di un’arma di proprietà di Severi ma ufficialmente venduta tempo prima. Entrambi gli oggetti sono stati esaminati dai carabinieri del Ris di Parma, ma le indagini scientifiche hanno appurato che non sarebbero stati utilizzati dall’indagato.
DOV’E’ LA TESTA?
Il dato più significativo riguarda il fatto che il cadavere di Severi sia stato scoperto decapitato e la testa non sia stata ritrovata nonostante le ampie ricerche. Un’azione, la decapitazione, prima di tutto per niente facile dato che parliamo di un uomo alto, robusto e muscoloso, del peso intorno a un quintale. L’autopsia avrebbe accertato un taglio abbastanza netto e nessun’altra ferita sul corpo. Ma in casa e sul luogo del ritrovamento del corpo non sono state trovate tracce ematiche di dimensioni tali che siano compatibili con una decapitazione avvenuta nell’immediatezza del fatto.
Si fa largo, pertanto, l’ipotesi che l’omicidio sia avvenuto altrove e il corpo senza testa sia stato riportato nella boscaglia vicino a casa sua in un secondo momento. Ma perché un’azione così invasiva come la complessa decapitazione di un corpo già senza vita? Per questo c’è chi ha ipotizzato l’intenzione di sfregio o un sentimento di odio profondo nei confronti della vittima. Oppure è stato un modo per nascondere degli indizi sulla morte che forse potrebbero ricondurre alla mano o all’arma omicida? Un modo, insomma, per far sparire degli indizi compromettenti, senza la difficoltà di far sparire un corpo intero della stazza di un quintale. Ed effettivamente, senza quella parte anatomica, ad ora non è possibile identificare una causa chiara di morte.
LA POSIZIONE DELLA DIFESA
I difensori rimarcano che l’indagato ha sempre respinto le accuse e non si è mai sottratto alle domande degli investigatori prima e dei giudici poi. Gli elementi su cui per ora basano la linea difensiva sono:
- è vero che una piccola traccia del sangue della vittima è stata trovata sulle sue scarpe dell’indagato, ma quel sangue – secondo gli avvocati – non è databile, per cui potrebbe essere anche una vecchia macchia, sebbene l’indagato abbia detto di non sapere, né ricordare quando il sangue del fratello possa essere sgocciolato sulle sue scarpe;
- i due fratelli – sempre secondo la difesa – non si vedevano da febbraio-marzo 2022;
- nella macchina dell’indagato, una Fiat Panda, non c’è alcuna traccia ematica riferita al fratello; a questo proposito però la Procura ha rilevato però che l’auto era stata recentemente lavata;
- riguardo all’altra traccia di sangue, un guanto sporco del sangue della vittima nel vano motore della stessa Panda, la difesa ha obiettato che non ci sono elementi per sostenere che quel guanto sia stato indossato dall’indagato, dato che i Ris dei carabinieri non hanno trovato materiale di Dna dell’indagato nella parte interna: elemento che ha indotto l’indagato a ritenere che l’assassino avrebbe messo lì quei guanti, per “incastrarlo”.
- in ordine al ritrovamento della pistola abbatti-buoi – dati gli esiti delle indagini scientifiche – per la difesa l’indagato si sarebbe sbarazzato di quella vecchia pistola e della canna di fucile temendo di essere “incastrato” da qualcuno per la detenzione di quegli oggetti. La sua tesi difensiva ricorrente, infatti, è stata che ci sia qualcuno intenzionato a far ricadere su di lui la responsabilità del delitto, consapevole le vecchie ruggini col fratello lo rendono facilmente l’ “indiziato numero 1“.
Per tracciare un profilo criminologico dell’assassino e confrontarlo con quello dell’indagato ora in carcere la difesa ha ingaggiato anche il famoso criminologo Alessandro Meluzzi.
Riproduzione riservata ©
AICIS