(AICIS) Riesaminare il DNA, nel caso dell’uccisione della piccola Yara Gambirasio, si può. Del resto, è quella la prova regina, fino ad ora negata all’esame della difesa, in forza della quale Massimo Bossetti è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio.
La Cassazione ha infatti accolto le richieste della difesa di riaprire la partita sui reperti, annullando con rinvio le ordinanze con cui il presidente della Corte d’assise di Bergamo aveva respinto, dichiarandola inammissibile, la richiesta degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini di accedere ai reperti dell’indagine. Ora si torna a Bergamo e altri giudici dovranno nuovamente pronunciarsi sulla possibilità che la difesa possa visionare, tra l’altro, i campioni di Dna e gli abiti della bambina di 13 anni, di Brembate Sopra, uccisa il 26 novembre 2010.
Il 27 novembre 2019, il giudice dell’esecuzione aveva accolto la richiesta degli avvocati di Bossetti di esaminare i reperti (i vestiti di Yara e altro agli atti dell’indagine), ma si trattava del via libera a una ricognizione, alla presenza della polizia giudiziaria, e non ad un esame. Pertanto, nulla poteva essere toccato o prelevato. I difensori erano poi tornati alla carica con una nuova richiesta dichiarata però inammissibile dallo stesso giudice perché nel frattempo a gennaio i reperti erano stati confiscati, dunque non sono più agli atti del processo. Ora, la difesa potrà accedere ai reperti alla ricerca di nuovi elementi per chiedere la revisione del processo.
Anche il famoso furgone bianco sequestrato a Bossetti per confrontarlo con quello immortalato dalle telecamere di controllo stradale sarà oggetto di nuove indagini difensive. Il mezzo ora è tornato nella disponibilità della famiglia Bossetti ed è affidato a nuovi consulenti che la moglie Marita Comi ha incaricato per presentare una richiesta di revisione del processo. Il furgone verrà utilizzato nelle prossime settimane dal nuovo pool di consulenti per una analisi antropometrica utile a un confronto con le immagini riprese dalle telecamere della ditta Polynt, situata a 300 metri della palestra di Brembate (Bergamo).
Il pool di consulenti si sta inoltre concentrando sulla prova del dna al fine di confutarne l’attribuzione a ignoto 1, attraverso la collaborazione di esperti in New Jersey e in Canada.
AICIS