(Ugo Terracciano*)  Zygmunt Bauman, uno dei maggiori pensatori del nostro tempo, l’aveva detto: “se l’uomo senza qualità è il perfetto ritratto dell’uomo moderno, l’uomo senza legami è l’individuo plasmato dalla «modernità liquida»”, termine coniato per spiegare l’allentamento dei legami solidali in una società sempre più contraddistinta dal narcisismo individuale.  

Un uomo senza qualità, dunque, che oggi irrompe sulla scena e, quel che è peggio, nelle cronache quotidiane con tutto l’orrore dei crimini in famiglia, o in contesti affettivi (o meglio sarebbe dire anaffettivi). E’ la punta dell’iceberg di una conflittualità che imperversa negli uffici pubblici, tra le imprese, nelle associazioni, quelle di volontariato compreso. La rabbia che monta, in un conflitto a tutto campo. Uomini e donne disperati «abbandonati a se stessi, che si sentono come vuoti a perdere, che anelano la sicurezza dell’aggregazione, che sono ansiosi di “instaurare relazioni” ma, al contempo, sono timorosi di restare impigliati in relazioni “stabili”, che comportano oneri e tensioni che non vogliono né pensano di poter sopportare», dice Bauman.

A proposito vuoti a perdere e di vite rovinate, ieri nel fiume Adige a Bolzano è riaffiorato il corpo di Peter Neumair, padre di Brenno: era la tessera mancante per la ricostruzione del puzzle di un duplice omicidio (quello di Peter e della moglie Laura) confessato dal figlio. Erano scomparsi misteriosamente (ma nemmeno troppo) il 4 gennaio scorso. Brenno li ha strangolati e gettati nel fiume. Motivo? Pare che i genitori gli avessero chiesto di restituire loro quanto pagato per le tasse universitarie, visto che il ragazzo – 30 anni – si era ritirato dagli studi senza aver conseguito la laurea. Cos’altro avrebbe potuto fare quel povero giovane inconcludente, ci verrebbe da dire se l’ironia in questo caso non si rivelasse troppo macabra. Due vite soppresse, quelle dei poveri genitori, una vita segnata per sempre, quella di Brenno, destinato a restare per il resto della vita dietro le sbarre.

La difficoltà esistenziale nella gestione quotidiana porta gli individui ad una continua tensione, dovuta anche alla fortissima competitività dei rapporti sociali e lavorativi, si legge in una analisi psicologica sul fenomeno (De Pasquale-Agrillo, 2009): il successo ad ogni costo e senza scrupoli, imposto dai modelli culturali, costringe l’individuo a muoversi tra una realtà macrosociale difficile ed una famiglia incapace di fornire certezze e stabilità. In questo modo la via “più semplice” è quella di scaricare le frustrazioni sui congiunti e tra questi, quelli più deboli come donne e bambini. 

Così, l’altro giorno, in appartamento di San Martino in Rio, Reggio Emilia, un uomo giaceva col cranio fracassato, ucciso a martellate. Poco lontano da lui, su un divano, la moglie Sabrina con i polsi tagliati, incosciente, per fortuna era ancora viva quando sono arrivati i soccorsi. Chi è il primo sospettato: il figlio 33enne della coppia, uno giovane scrittore di thriller. È stato proprio lui a trovare i corpi e lanciare l’allarme, ma i Carabinieri intervenuti lo hanno sottoposto a fermo, evidentemente poco convinti del suo racconto. Sarà stato il figlio? Si vedrà, ma chi avrebbe avuto interesse a compiere un crimine così efferato senza un movente? Che abbia commesso il fatto o meno, il padre non c’è più, la madre lotta con la morte e la vita del figlio è rovinata per sempre.

Non è l’unico omicidio in famiglia registrato negli ultimi giorni: ad Avellino, il 26 aprile, un altro padre è stato trucidato a pugnalate, senza pietà. Chi è il mostro? La figlia 18enne insieme al suo fidanzatino di 23 anni. Pare che intendessero sterminare l’intera famiglia ma non ce l’hanno fatta: non avevano calcolato che le grida del poveruomo avrebbero allarmato il resto dei familiari. Ora i due ragazzi si accusano a vicenda: “mi ha plagiato lei” dice il giovane, “mi ha convinta lui”, replica la figlia del genitore assassinato, ma quel che è certo è che erano insieme quando hanno braccato a tradimento un uomo indifeso nel sonno. La sua colpa: si opponeva alla loro relazione, e allora, cosa avrebbero potuto fare di diverso – si perdoni di nuovo la macabra ironia – quei due ragazzi così innamorati e così osteggiati dal genitore? Romeo e Giulietta, tanto per dire, per analoghi motivi si erano uccisi da loro, ed eravamo nel buio medioevo.

Vogliamo parlare dell’omicidio di Faenza? E’ successo nel mese di marzo: coniugi separati; una causa pendente per ottenere una somma di denaro; un killer di improbabile capacità operativa e il problema, secondo l’ex marito, sarebbe stato risolto: moglie uccisa, soldi in banca. Le aveva già scavato la fossa, ma fortunatamente il piano criminale faceva acqua da tutte le parti e i killer e mandante sono finiti entrambi in galera. Il valore della vita della donna? 20mila euro, un’auto usata, e soldi della causa risparmiati.

Nello stesso mese a Massafra, Taranto, un 61 ha ucciso la moglie e la suocera, poi si è dato alla fuga. Motivo: dissapori familiari. Qualche giorno dopo, l’ha fatta finita impiccandosi: una storia nella quale non c’è nemmeno un sopravvissuto.

A Senigallia, Ancona, a fine marzo, i ruoli si invertono: lì è il padre che ha ucciso il figlio 27enne a colpi di pistola. Che dire: litigavano spesso e anche quel tragico giorno avevano discusso più che animatamente.

Avranno ragione i freudiani, che parlano di narcisismo dell’adulto? Oppure, colgono di più nel segno psicologi come Gargiullo e Damiani, che analizzano le forme disfunzionali della teoria dell’attaccamento, passando per le relazioni oggettuali fino ad arrivare alla visione dei nessi casuali? Qualcuno ha parlato anche del “lato criminale delle persone normali”. Ma su tutto questo meglio lasciare la parola a psicologi e psichiatri.

Fatto sta che le statistiche sono spaventose: sono di pochi giorni fa le statistiche ISTAT sui crimini violenti. La sintesi: in calo gli omicidi in Italia, ma aumentano quelli in famiglia. Le vittime sono soprattutto donne, gli uomini prevalgono nel numero degli autori. Nel 2019 gli omicidi sono 315 (345 nel 2018): 204 uomini e 111 donne. Il 19,7% (di cui 17,6% maschi e 23,4% femmine) è composto da vittime straniere. In ambito familiare o affettivo aumentano le vittime: 150 nel 2019 (47,5% del totale); 93 vittime sono donne (l’83,8% del totale degli omicidi femminili). Nei procedimenti giudiziari crescono gli imputati per omicidio in “contesti relazionali” (246 nel 2010, 271 nel 2018).

Quando, il rapporto di parentela tra autore e vittima è genitore-figlio, sostiene il Ministero dell’Interno, i maschi hanno una probabilità maggiore di essere le vittime di questo efferato crimine». «Non bisogna dimenticare – sostiene il Viminale – che gli omicidi da parte di autore di sesso femminile sono una minima parte di quelli commessi e solitamente avvengono nei confronti del proprio partner, in ambienti quindi familiari. In Italia quasi la metà delle donne che agiscono da sole nella commissione di un omicidio hanno come vittima un uomo; la stessa situazione nelle zone del Mezzogiorno risulta più accentuata, con una differenza rispetto al dato nazionale di quasi dieci punti». Il fenomeno dei delitti familiari è stato analizzato anche dal professor Paolo Albarello, nell’ambito di un master organizzato per conto dell’Università La Sapienza di Roma. La ricerca delle cause che scatenano esplosioni di violenza tra persone legate da vincoli di sangue o comunque da rapporti di affetto e di amore, rimane infatti uno dei campi maggiormente esplorati nell’ambito della criminologia. Secondo il docente, esperto di medicina legale, «gli individui incontrano sempre più spesso difficoltà nel dover fornire continuamente risposte, in termini di adattamento, di integrazione e di affermazione sociale ad una serie di richieste e di aspettative sempre più alte e complesse, il che aumenta il senso di insoddisfazione e moltiplica le frustrazioni. Il nucleo familiare diviene sempre più di frequente il luogo di implosione delle spesso inconciliabili aspirazioni di affermazione sociale con il patrimonio di valori interiorizzato dagli individui fin dai primi anni di vita».

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* Ugo Terracciano – Presidente Nazionale AICIS – ugo.terracciano@criminologiaicis.it

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