# di Roberto Colasanti*

 

Quando in medicina si parla dell’importanza della prevenzione o di diagnosticare precocemente  questa o quella malattia per evitarne l’insorgere o l’infausto decorso, il concetto appare ai più ben chiaro, anche se questo può significare sottoporsi a periodiche visite di controllo, esami diagnostici  fastidiosi e talvolta invasivi, oppure a cicli vaccinali.

 Trasferire tale concetto nell’ambito della sicurezza non sembra avere altrettanta fortuna nel nostro Paese, com’è dimostrato dalla semplice consultazione delle pagine web del sito istituzionale del ministero dell’Interno dedicato alla pubblicazione delle statistiche ed analisi criminali, da cui emerge che non esiste alcuna indicazione in merito alle misure di prevenzione personali comminate, mentre abbondano i dati relativi alle attività di repressione dei reati.

 La scarsa considerazione dei dati concernenti le misure di prevenzione personali ha trovato ulteriore conferma nella risposta fornita allo scrivente dall’ufficio preposto, il quale nel confermare che “tra i compiti istituzionali dell’Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell’Interno rientra quello di veicolare i dati ufficiali consolidati di questo Ministero, relativi alle rilevazioni previste dal Programma Statistico Nazionale (PSN), che annualmente vengono pubblicati negli <Annuari delle Statistiche Ufficiali dell’Amministrazione dell’Interno>, consultabili e scaricabili all’indirizzo web: ucs.interno.gov.it, i dati riguardanti le misure di prevenzione personali, di competenza del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, non rientrano nel Programma Statistico Nazionale e pertanto non sono a disposizione di questo Ufficio.[1]

Giova rammentare che il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica trova la sua piena legittimazione nel primo comma dell’art. 16 della costituzione italiana in cui è statuito che  “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.”

Pertanto le libertà riconosciute all’individuo di circolare e soggiornare sul territorio nazionale possono incontrare un limite legislativo dettato da motivi di sanità e sicurezza.    

Cosa si debba intendere con il termine di sicurezza è stato chiarito da tempo dalla corte costituzionale con la sentenza n. 2 del 1956 in cui si legge che Esclusa l’interpretazione, inammissibilmente angusta, che la «sicurezza» riguardi solo l’incolumità fisica, sembra razionale e conforme allo spirito della Costituzione dare alla parola «sicurezza» il significato di situazione nella quale sia assicurato ai cittadini, per quanto è possibile, il pacifico esercizio di quei diritti di libertà che la Costituzione garantisce con tanta forza. Sicurezza si ha quando il cittadino può svolgere la propria lecita attività senza essere minacciato da offese alla propria personalità fisica e morale; è l’«ordinato vivere civile», che è indubbiamente la meta di uno Stato di diritto, libero e democratico.

Ciò posto, non è dubbio che le «persone pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità» (art. 157 legge pubblica sicurezza) costituiscano una minaccia alla «sicurezza» indicata, e così intesa, nell’art.16 della Costituzione.”

Da quanto detto ne consegue che la prevenzione dei reati dovrebbe essere al primo posto tra le attività di polizia intesa come pubblica sicurezza e solo in secondo ordine quella di repressione dei reati.

Ogni qualvolta viene commesso un reato ed a maggior ragione quando è contro l’integrità della persona, lo Stato non ha saputo garantire il rispetto del richiamato principio costituzionale sulla sicurezza.

 Il legislatore nel tempo ha provato a fornire agli operatori della sicurezza degli  strumenti giuridici per prevenire la commissione dei reati mediante il ricorso alle misure di prevenzione personali, ma purtroppo per come sopra evidenziato trovano tuttora un’applicazione non proporzionata al numero di soggetti che delinquono giornalmente. Dal 1° agosto 2021 al 31 luglio 2022 sono state denunciate 149.608 persone in stato di arresto e 632.647 in stato di libertà per un totale di 2.116.479 delitti perseguiti, tra i quali 319 omicidi, 24.644 rapine e 902.014 furti (fonte Ministero Interno- Dossier Viminale)[2]

Tra i motivi dell’esiguo utilizzo delle misure di prevenzione, vi è da un lato la difficoltà a raccogliere e valutare con tempestività gli elementi di fatto sui quali basare il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione e dall’altro lato la scarsa considerazione riservata finora a tale attività dagli organi di informazione che rivolgono maggiormente la loro attenzione ai fatti di cronaca nera e di conseguenza all’individuazione dei colpevoli.

L’emissione di dieci fogli di via obbligatori o l’espulsione amministrativa di altrettanti cittadini stranieri perché pericolosi per la sicurezza pubblica non fa notizia, anche se l’emissione dei suddetti provvedimenti elimina da quel territorio il rischio criminale derivante dalla presenza di quei soggetti. Infatti se nell’ambito di un territorio comunale si sono verificati pochi reati di modesto allarme sociale, nel corso di un anno, raramente sentirete dire che il merito è delle Autorità di Pubblica sicurezza e delle forze di polizia locali che hanno saputo prevenire la commissione dei reati bloccando per tempo i potenziali autori oppure realizzando un piano efficace di controllo del territorio.

I reati sono commessi più facilmente da coloro che hanno già varcato una o più volte i confini della legalità per passare nell’area del crimine e pertanto l’esame dei precedenti di polizia ovvero dei procedimenti pendenti e delle condanne sono indici importanti di valutazione per giungere ad una diagnosi di pericolosità sociale da cui salvaguardare la collettività con l’adozione di una misura di prevenzione personale.

Il procedimento per l’irrogazione di una misura di prevenzione rappresenta a tutti gli effetti una valutazione di carattere criminologico dell’individuo che in base a determinati elementi di fatto, potrebbe appartenere ad una delle sottostanti categorie di soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica, per come indicato nell’art. 1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, ovvero: 

 “ a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

 b) coloro che per la  condotta  ed  il  tenore  di  vita  debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono  abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita’ delittuose;

c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi,  sulla base di elementi di fatto, comprese le  reiterate  violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonche’ dei divieti di  frequentazione  di  determinati  luoghi  previsti  dalla  vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che  offendono o mettono in pericolo l’integrita’ fisica o morale dei minorenni,  la sanita’, la sicurezza o la tranquillita’ pubblica.”

Gli elementi di fatto comprovanti che la persona abitualmente sia dedita ai traffici delittuosi sono costituiti dalle denunce a piede libero ed in stato di arresto, dai procedimenti penali pendenti e dalle sentenze di condanna soprattutto se recenti e circoscritte in un arco temporale ristretto nonché dall’accompagnarsi o frequentare persone pregiudicate. L’assenza di una stabile attività lavorativa o di altri redditi di lecita provenienza e di converso un tenore di vita superiore alle possibilità finanziarie dell’individuo saranno altresì da valutare come elevato indice di probabilità di introiti d’origine delittuosa. 

 Ora se per i precedenti di polizia e quelli penali la raccolta dei dati non è particolarmente ardua essendo i primi riscontrabili nelle banche dati interforze delle forze di polizia ed i secondi presso il casellario giudiziale gestito dal ministero della giustizia, ben più complesso risulta la dimostrazione con dati di fatto che il soggetto sul quale si sta pensando di proporre l’adozione di una misura di prevenzione o l’avviso orale, si accompagni o frequenti persone gravate da precedenti di polizia o da pregiudizi penali.

Prima di andare avanti nell’esposizione non appare superfluo chiarire che con la dicitura precedenti di polizia deve intendersi che la persona in esame risulta avere a suo carico delle denunce penali, il cui esito non è noto, non è stato definito, oppure vi è stato un provvedimento diverso dalla sentenza di condanna, ma comunque altrettanto significativo per comprendere la capacità a delinquere dello stesso, mentre quando si parla di pregiudizi penali o persona pregiudicata deve intendersi che la stessa è stata raggiunta da sentenza di condanna passata in giudicato.

Come dianzi accennato documentare l’esistenza di rapporti con persone controindicate sul piano della sicurezza pubblica non è affatto semplice da parte di chi vuole seguire la strada della proposta delle misure di prevenzione perché gli elementi di fatto emergono solo attraverso il riscontro delle attività di controllo del territorio e si fondano principalmente sulla conoscenza degli operatori di polizia dei pregiudicati e delle persone che sono genericamente indicate come persone di interesse operativo ovvero quelle persone che per precedenti di polizia o per l’assidua frequentazione di pregiudicati sono considerate gravitare a ridosso delle aree di illegalità.

La conoscenza dei pregiudicati e delle persone di interesse operativo è quindi alla base delle successive attività di controllo e documentazione che sono essenziali per la raccolta dei dati di fatto che saranno abbondanti e disponibili qualora a seguito del controllo dei predetti soggetti sulla strada, nei luoghi pubblici o anche nel corso di interventi presso aree private, l’operatore di polizia ne abbia lasciato debita traccia agli atti d’ufficio con le modalità ritenute più idonee ai fini di un futuro utilizzo.

In quest’ottica ad esempio i carabinieri svolgono un preziosissimo lavoro di raccolta delle informazioni attraverso la metodica documentazione nel corso dei servizi di pattuglia o di perlustrazione, delle persone di interesse operativo controllate o notate, che torneranno utili nel momento in cui si andrà ad elaborare una proposta per l’adozione dell’avviso orale o di una misura di prevenzione, in quanto si sarà in grado di sostenere sulla base di elementi di fatto, quando e con chi si accompagna il proponendo ed i luoghi che suole frequentare.  

Le misure di prevenzione rispondono al carattere della gradualità e solitamente la misura di prevenzione viene preceduta dal provvedimento di avviso orale che costituisce un invito rivolto all’interessato a cambiare condotta di vita, perché altrimenti sarà applicata nei suoi confronti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale.

L’avviso orale[3] segna pertanto il momento in cui il questore in qualità di responsabile tecnico a livello provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica rende noto all’interessato di rientrare tra i soggetti destinatari delle misure di prevenzione e pertanto ricadenti sotto l’osservazione delle forze di polizia per cui è suo interesse assumere una condotta conforme alle leggi.

L’importanza di conoscere il territorio e le persone che vi risiedono, studiano e lavorano ed in particolare delle persone di interesse operativo dal punto di vista della sicurezza pubblica, in cui è compresa anche quella urbana, emerge nell’individuazione precoce dei soggetti estranei al contesto territoriale i cosiddetti delinquenti in trasferta, ovvero rientranti nelle categorie di cui al sopra richiamato art.1 del d.lgs. 159/2011.

Nei confronti di costoro può trovare applicazione l’art. 2  del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159  che prevede l’emissione del foglio di via obbligatorio con il quale il questore li rimanda seduta stante nel comune di residenza, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni.

Tale misura risulta determinante in particolare per prevenire i reati contro il patrimonio quali furti e rapine in danno di istituti di credito, esercizi commerciali e abitazioni private.

Squadre di malviventi, sfruttando per gli spostamenti la rete autostradale sulla quale per ovvi motivi non vengono effettuati ordinariamente i posti di controllo, riescono a raggiungere rapidamente gli obiettivi da colpire, spesso rappresentati da negozi di abbigliamento griffato, gioiellerie o rivendite di generi di monopolio, tra cui le sigarette, sparendo altrettanto velocemente con il bottino realizzato.    

Nell’attuale situazione di enorme precarietà per la sicurezza delle città italiane, di cui una parte rilevante è riconducibile al numero non più sostenibile di cittadini stranieri entrati in clandestinità sul territorio italiano che di fatto li rende pericolosamente incontrollabili nel momento in cui siano privi di stabile dimora e di lecito reddito, uno strumento giuridico di indubbia efficacia in tema di misure di prevenzione se applicato con costante determinazione è l’espulsione per motivi di pericolosità sociale dello straniero emanata dal prefetto ai sensi dell’art.13 del Testo unico sull’immigrazione (D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286)

Tale provvedimento amministrativo può trovare attuazione ogni qualvolta il prefetto dopo una valutazione della personalità del singolo cittadino straniero, abbia motivo di ritenere, sulla base di elementi di fatto oggettivi e attuali, che il predetto appartenga a talune categorie di persone pericolose per le quali sarebbero applicabili le misure di prevenzione. In questi casi, invece di proporre al tribunale per le misure di prevenzione l’applicazione delle misure di prevenzione, ne dispone l’espulsione con provvedimento amministrativo.

Intervenire al verificarsi del reato è senz’altro un atto dovuto da parte dello Stato che è chiamato ad assicurare ai cittadini la sicurezza ed anche la giustizia perseguendo l’autore del crimine affinché venga punito e possibilmente rieducato al rispetto delle leggi.

 Ma è di tutta evidenza che per talune tipologie di delitti contro la persona, la vittima del reato difficilmente potrà riavere l’integrità psico-fisica ante delictum e ciò vale a maggiore ragione nel caso più estremo della sua uccisione.

 La rigorosa repressione dei crimini può costituire un deterrente per il cittadino timorato dalla prospettiva della pena, ma certamente non si dimostra risolutiva per tutelare la sicurezza dell’integrità personale della vittima, neanche in quei Paesi ove è prevista la pena capitale.

 Intervenire in chiave preventiva sulla commissione dei reati è un tema sul quale il legislatore ha trovato nel tempo diversi ostacoli, posti da chi ha sollevato questioni di legittimità costituzionale in tema di libertà personali, ritenute eccessivamente compromesse rispetto al bene della sicurezza.

 In sintesi raggiungere un punto di perfetto equilibrio tra il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e le libertà individuali di movimento,  risulta  un esercizio assai improbo, per cui in più occasioni alle richieste di maggiore sicurezza, si è risposto creando nuove circostanze aggravanti o inasprendo le pene, invece di ampliare o rendere ancor più efficaci le misure di prevenzione in uso.

 Nonostante le sopra indicate difficoltà del sistema, il provvedimento dell’avviso orale e della misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio di pertinenza del questore e la misura di prevenzione dell’espulsione dello straniero di competenza del prefetto di cui si è dato cenno – che attengono  ai provvedimenti amministrativi assai più celeri delle misure di prevenzione demandate in sede giurisdizionale – appaiono tuttora strumenti giuridici efficaci. Semmai il problema è dato dalla carente applicazione degli stessi.

 In tale ottica si ritiene che le soluzioni al problema potrebbero ricercarsi sia nell’incremento delle risorse umane e strutturali dedicate a questo ambito, dalle forze di polizia a ivello nazionale, nonché al coinvolgimento delle amministrazioni comunali e della polizia locale attraverso l’istituzione dell’ufficio proposte misure di prevenzione, da inoltrare al questore e prefetto. 

 

[1]Stralcio email  prot. 12155 del 16 novembre 2022 dell’ Ufficio Statistica del Ministero dell’Interno

[2]https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2022-08/dossier_ferragosto_2022.pdf

[3] 3 – Avviso orale

  • 1. Il questore nella cui provincia la persona dimora può avvisare oralmente i soggetti di cui all’articolo 1 che esistono indizi a loro carico, indicando i motivi che li giustificano.
  • Il questore invita la persona a tenere una condotta conforme alla legge e redige il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.
  • La persona alla quale è stato fatto l’avviso può in qualsiasi momento chiederne la revoca al questore che provvede nei sessanta giorni successivi. Decorso detto termine senza che il questore abbia provveduto, la richiesta si intende accettata. Entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di rigetto è ammesso ricorso gerarchico al prefetto.
  • Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi.
  • Il questore può, altresì, imporre il divieto di cui al comma 4 ai soggetti sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, quando la persona risulti definitivamente condannata per delitto non colposo.
  • Il divieto di cui ai commi 4 e 5 è opponibile davanti al tribunale in composizione monocratica.

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L’AUTORE

Roberto Colasanti, Colonnello dei Carabinieri in Congedo, coordinatore del team “Crime Analyst and Investigation” di AICIS.

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