Omicidi efferati 

E’ una storia infinita quella di Emanuela Orlandi, la ragazzina di 15 anni scomparsa nel nulla il 22 giugno del 1983. Un giallo, reso più fitto dallo scenario dei fatti avvenuti all’ombra del cupolone di San Pietro.

Il padre di Emanuela era un commesso della prefettura della casa pontificia. Quello che all’inizio poteva sembrare un comune allontanamento volontario da casa di un’adolescente, divenne presto uno dei casi più oscuri della storia italiana e vaticana, che coinvolse lo stesso Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l’Istituto per le opere di religione, la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano e i servizi segreti di diversi Paesi. La reale natura dell’evento non è mai stata definita.

Alla scomparsa di Emanuela fu collegata la quasi contemporanea sparizione di un’altra adolescente romana, Mirella Gregori, scomparsa il 7 maggio 1983 e mai più ritrovata.

Ora la notizia del giorno è che – stando ad alcune fonti – nella primavera del 2012 due emissari di Papa Ratzinger, verosimilmente due alti prelati, avrebbero dato la disponibilità del Vaticano a far ritrovare alla famiglia Orlandi il corpo di Emanuela in cambio di un aiuto da parte della magistratura italiana a liberare la Chiesa dall’imbarazzo che aveva creato la scoperta della tomba del boss della Banda della Magliana, Enrico «Renatino» De Pedis, nella basilica di Sant’Apollinare (lo stesso complesso da cui era scomparsa Emanuela). 

Ne sarebbe conseguita una trattativa che però si sarebbe arenata, mentre la Procura di Roma decideva l’archiviazione del caso che aveva puntato i riflettori sul segretario di Stato, la Banca Vaticana guidata dal discusso monsignor Paul Marcinkus, ed esponenti della potente organizzazione criminale della capitale.

Sacro e profano mescolati insieme, quindi: il diavolo (la banda della Magliana) e l’acqua santa.

A puntare nuovamente i riflettori sul caso una puntata di Atlantide in onda su La7 dove l’ex procuratore Giancarlo Capaldo, all’epoca titolare dell’inchiesta, in una intervista esclusiva alla presenza di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e dell’avvocatessa della famiglia, Laura Sgrò ha fatto intendere di essere pronto a svelare i nomi dei due emissari se dovesse essere interrogato dalla magistratura vaticana o italiana. E in modo indiretto ha raccontato che di quell’inizio di trattativa, avviata su richiesta del Vaticano con due incontri negli uffici della Procura, furono testimoni «altre persone» e di quei colloqui esisterebbe addirittura una registrazione.

Sembrerebbe insomma una svolta clamorosa che dopo 38 anni potrebbe portare alla riapertura delle indagini, anche perché l’avvocatessa Sgrò ha detto di avere chiesto formalmente alla magistratura vaticana di ascoltare Capaldo.

La vicenda si colloca nel 2012, sotto il papato di Joseph Ratzinger. Una segnalazione anonima fa scoprire nella basilica di Sant’Apollinare, a due passi da Piazza Navona, una tomba in cui è sepolto «Renatino» De Pedis, carismatico boss della Banda della Magliana. Fatto incredibile perché al netto della carità per il defunto si trattava della tomba di un malvivente così pericoloso da essere stato capace di trasformare la sua associazione a delinquere in una sorta di «service» a disposizione dei poteri oscuri della politica, della finanza e di una parte della Chiesa. Nel 1990 Renatino era stato ucciso da un killer in una stradina di Campo de’ Fiori, e sepolto in Santa Apollinare, ma cosa ci faceva la sua tomba in una basilica vaticana? Avendo l’anonimo svelata la faccenda, a quel punto — ha raccontato l’ex procuratore Capaldo — due potenti personaggi del Vaticano avrebbero chiesto di incontrarlo, per chiedergli la riesumazione del corpo di De Pedis, rimuovendone così quelle spoglie troppo ingombranti per la reputazione della Chiesa. Capaldo, però avrebbe replicato che anche la famiglia Orlandi avrebbe avuto diritto di ritrovare la propria pace vedendosi restituiti i resti della ragazza.

Gli emissari, secondo quanto detto dal dr. Capaldo, preso atto del suo punto di vista «si riservarono di sentire alcune persone più in alto nella gerarchia» e di dargli una risposta. «La risposta arrivò qualche settimana dopo e fu positiva. La disponibilità era quella di mettere a disposizione ogni loro conoscenza e indicazione per arrivare a questa conclusione». Ma ad un passo dalla possibile soluzione del giallo di Emanuela, il dr. Capaldo lascia la Procura ed in Vaticano iniziano una serie di grandi manovre o di scontri sotterranei intorno a Papa Ratzinger il quale da lì a un anno neppure si dimetterà.

Quindi Emanuela sarebbe morta ed i due emissari del Vaticano sarebbero in grado di sapere dove ne giacciono le spoglie. Ma chi sono costoro? Il dr. Capaldo non lo ha detto ma andando oltre ha concluso: «Se fossi convocato nell’ambito di un’attività giudiziaria seria direi chi sono queste persone, se erano presenti altri oltre a me e a queste due persone e se il colloquio è stato registrato. A queste tre domande io risponderò soltanto a chi ha il titolo per chiedermelo».

Un giallo nel giallo, quindi. Una storia infinita. Ma se Emanuela è morta – e purtroppo è più che probabile che sia morta – almeno chi sa dovrebbe avere la pietà di permettere ai suoi cari di piangere sulla sua tomba.

AICIS