#Giuseppe Mastromattei
Parlare di Crimine Organizzato nel nostro Paese vuol dire parlare principalmente di Criminalità Organizzata di tipo mafioso, fenomeno che ha caratterizzato e caratterizza il panorama criminale nazionale secondo modelli in continua evoluzione, finalizzati a consolidare un forte presidio del territorio.
(Traduzione dell’articolo di Giuseppe Mastromattei, pubblicato sulla rivista americana “Loss Prevention Magazine”).
In Italia, prima di parlare di Crimine Organizzato nel Retail, è necessario risolvere un importante aspetto percettivo che riguarda questa definizione da un punto di vista criminalistico.
Parlare di Crimine Organizzato nel nostro Paese vuol dire parlare principalmente di Criminalità Organizzata di tipo mafioso, fenomeno che ha caratterizzato e caratterizza il panorama criminale nazionale secondo modelli in continua evoluzione, finalizzati a consolidare un forte presidio del territorio.
Controllo del territorio ben radicato perché sempre associato ad una notevole influenza ed inoltre costantemente abbinato ad una elevata capacità di mimetizzazione, allo scopo di inserirsi al meglio anche all’interno degli ambienti economici e finanziari.
Inoltre, negli ultimi anni sono state evidenziate collaborazioni con altre realtà criminali sia nazionali sia straniere finalizzate a consolidare sempre più gli interessi criminali verso contesti internazionali.
I sodalizi criminali più strutturati: cosa nostra, la ‘ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita, nel Sud Italia e non solo, hanno esercitato nel tempo una forte azione di controllo del territorio, monopolizzando ogni tipo di attività illecita e rappresentando una minaccia anche per i settori economici e finanziari. Quest’ultimo aspetto ha infatti rappresentato nello scenario criminale nazionale uno degli elementi di destabilizzazione in quelle aree del Centro e Nord-Italia, maggiormente sviluppate a livello imprenditoriale, che sono risultate interessate da fenomeni di criminalità economica (riciclaggio, reimpiego di capitali, ingerenza negli appalti pubblici).
Nelle aree a minore assoggettamento mafioso, è stata inoltre rilevata l’operatività di compagini criminali di matrice straniera, in particolare dell’Est Europeo, dell’area balcanica, del continente asiatico, del Nord Africa e del Sud America coinvolte nei settori del traffico di stupefacenti, dell’immigrazione clandestina, della tratta degli esseri umani e sfruttamento della prostituzione e dei reati predatori.
Le stesse organizzazioni criminali, al di fuori delle aree di origine, hanno inoltre sviluppato un reticolo nazionale per espandere le tradizionali attività illecite, quali traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni e usura, mentre all’interno dei territori di provenienza, negli ultimi anni, si è registrato un considerevole aumento di quelle fattispecie criminali definite “predatorie”.
Lo sviluppo di vere organizzazioni criminali, dedite quasi esclusivamente a reati predatori, bande per lo più costituite da giovanissimi allo sbando e fuori controllo, è stato inoltre favorito dalla distruzione delle vecchie e rigide gerarchie criminali, grazie alle molteplici attività investigative e repressive portate a termine con successo dalle Autorità Giudiziarie e dalle Forze di Polizia Italiane nel corso degli ultimi anni.
Questo ha consentito che si materializzasse uno dei principali rischi che il mondo del Retail oggi vive con preoccupazione e che diventa sempre più determinate nell’analisi delle perdite, ovvero che il taccheggio definisca e promuova la prima identificazione dell’individuo potenzialmente delinquente evidenziandone il concetto di sé come criminale.
Un vero e proprio “entry level” nella catena del crimine, un “Crimine di accesso” che funge da iniziatore per altre tipologie di crimine; un metodo, a rischio zero, per avviare delle vere e proprie “start up” del crimine e quindi ottenere velocemente quella disponibilità economica, meglio dire “fondi illeciti”, da investire, ad esempio, nel traffico della droga.
Un punto di partenza di una pericolosa “escalation criminosa”.
Questo variegato e composito quadro criminale ha sollecitato l’adozione da parte dei Loss Prevention Manager del Retail, in collaborazione con le Forze di polizia, di mirate strategie di contrasto, attraverso il rafforzamento della collaborazione e degli scambi informativi oltre alla intensificazione dell’attività repressiva.
Pertanto, all’avanzare di questo preoccupante fenomeno, forse al momento un po’ sottovalutato da parte dei Retailer, la condivisione delle informazioni diventa fondamentale: condividere ed acquisire dati aumenta la consapevolezza e la conoscenza del fenomeno, ed è, allo stesso tempo una efficace forma di organizzazione.
Per contrastare una organizzazione non si può improvvisare ed è necessario essere preparati, ma soprattutto meglio organizzati.
Una organizzazione quindi che deve vedere il coinvolgimento non solo degli addetti ai lavori, ovvero dei soli Security Manager e dei Loss Prevention Manager del mondo del Retail, ma anche dei fornitori di servizi, sistemi e tecnologie di sicurezza, del mondo accademico (perché trattasi di un nuovo e preoccupante fenomeno criminale e non più del semplice ladro da supermercato) ed infine una organizzazione che preveda la partecipazione proattiva tra sicurezza pubblica e privata.
Nonostante possa sembra un percorso difficile, in Italia, grazie anche ad un recente studio[1], è stato avviato un processo di condivisione e consapevolezza del fenomeno per capire, attraverso un confronto aperto a tutti, in quale modo iniziare a definire quali possano essere le migliori e più efficaci azioni di contrasto al Crimine Organizzato nel Retail.
Prima di intraprendere ogni tipo di investimento, bisogna sempre capire se vi sarà un adeguato ROI, possibile solo se si hanno le giuste informazioni, ma per analizzare ogni tipo di informazione, bisogna prima averne la disponibilità e poi condividerle.
Quando si parla di Crimine Organizzato, senza entrare nelle specifiche della fattispecie criminale, si parla di organizzazione, ovvero di una vera e propria pianificazione, ad opera di gruppi di persone, a monte di ogni evento predatorio. Questa pianificazione, accompagnata spesso anche da un modus operandi ricorrente troverà, ovviamente, un riscontro oggettivo negli attacchi subiti dai Retailer; se però non sarà possibile avere l’opportunità di confrontare e quindi analizzare ogni singolo episodio e ricondurlo ad una più ampia “serie criminosa” sarà praticamente impossibile definire adeguate misure di sicurezza di prevenzione e soprattutto chiedere ed ottenere un supporto da parte delle Forze di Polizia.
Successivamente, consolidata la fase relativa alla condivisione, sarà quindi possibile intervenire anche attraverso modelli organizzativi e tecnologici utilizzando al meglio ed ottimizzando ogni tipo di risorsa necessaria.
In linea con la strategia di condivisione, anche i fornitori coinvolti (ma sarebbe meglio definirli partner), dovranno focalizzare la propria proposta commerciale con proattività e finalizzata alla definizione di un’offerta di servizi, sistemi e tecnologie, costruita su misura in base alle specifiche esigenze del cliente, o gruppi di clienti, in quel preciso contesto di riferimento, che in questo caso è proprio il Crimine Organizzato nel Retail.
Ovvero, collaborando alla raccolta delle informazioni e rendendo disponibile ed accessibile quell’importante visione che posseggono, sia perché presenti sul campo sia perché sempre aggiornati rispetto alle nuove tecnologie disponibili.
Infine, con il supporto accademico del mondo della ricerca, mettere a sistema l’immenso quantitativo di informazioni che oggi abbiamo a disposizione ma di cui non sfruttiamo appieno le enormi potenzialità.
In conclusione, ritengo che il vero valore aggiunto che potremo dare ad ogni attività di Loss Prevention nel Retail, per contrastare in maniera efficace il Crimine Organizzato, lo si potrà ottenere solo se tutti gli stakeholders coinvolti nel processo lavoreranno insieme con una visione comune di “Open Innovation”.
________
L’AUTORE:
Giuseppe Mastromattei: Operativo nel settore della sicurezza da oltre un quarto di secolo, è laureato in scienze e tecniche psicologiche e dal 2006 possiede la certificazione di Senior Security Manager secondo lo standard UNI 10459:2017.
Già Ufficiale dei Carabinieri, dal 1995 inizia l’attività di professionista nel mondo della security aziendale prima per TNT Global Express e poi nel Gruppo Carrefour.
Nel 1997 diviene responsabile della sicurezza per il Centro di Produzione RAI di Milano; dopo aver istituito localmente la funzione Security, nel 2002 lascia Milano per trasferirsi a Roma, presso la direzione generale della RAI per ricoprire il ruolo di Corporate Security Manager. Nel 2009 assume l’incarico di Security Manager per H&M Italia diventandone, nel 2011, responsabile per la Regione Ovest dell’Europa.
Attualmente ricopre l’incarico di amministratore unico della “BE Consulting”, una Lean Company specializzata in Security (Cyber e Physical) e Risk management, che supporta le aziende nello sviluppo del loro business, specializzata nella gestione del rischio operativo, di non conformità e reputazionale.
Autore di numerose pubblicazioni sulla gestione del rischio e della sicurezza, è Presidente e fondatore dell’Associazione “Laboratorio per la Sicurezza”, collabora con diverse università italiane come docente.
AICIS