La Corte UE limita la data retention per i reati ci corruzione. Secondo la Corte (sentenza depositata il 7 settembre nella causa C-162/22) i «dati dopo essere stati conservati e messi a disposizione delle autorità competenti ai fini della lotta alla criminalità grave, non possono essere trasmessi ad altre autorità e utilizzati al fine di realizzare obiettivi, quali la lotta a una condotta illecita di natura corruttiva, che sono di importanza minore, nella gerarchia degli obiettivi di interesse generale, rispetto a quello della lotta alla criminalità grave e della prevenzione delle minacce gravi alla sicurezza pubblica». In pratica si consolida un orientamento dei giudici europei sempre più rigido nella definizione delle condizioni alle quali è possibile superare il principio di tutela della privacy a vantaggio di un utilizzo in sede giudiziaria dei dati relativi alle comunicazioni (per esempio tabulati telefonici). Allo stato attuale la legge italiana, approvata nel 2021, anche per fare fronte alle sollecitazioni della Corte europea, ammette la data retention per tutti i reati sanzionati con pena detentiva dai 3 anni in poi. I giudici europei, invece, stanno via via restringendo il perimetro dei reati per i quali ammettere l’uso in procedimenti penali di dati coperti da privacy: due giorni fa il citato intervento sulla corruzione, nell’aprile 2022 aveva contestato all’Irlanda la generalizzazione delle misure di conservazione dati anche per finalità di lotta alla criminalità grave e per la difesa della sicurezza nazional; nel settembre 2022 la Corte aveva giudicato illegittima la normativa francese in materia di market abuse sulla conservazione preventiva per un anno dei dati relativi al traffico.
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