In tema di prova penale, il rilievo di impronte papillari in un appartamento ove sia stato commesso un furto, costituisce sufficiente prova di colpevolezza nei riguardi di colui cui le impronte si riferiscono, in quanto solo da costui può provenire una eventuale contraria dimostrazione. Con questa sintetica motivazione la Cassazione (Sez. feriale, 2 agosto 2019, n. 35551) ha ribadito il valore di prova “regina” dell’impronta digitale per determinare l’accertamento di responsabilità.

Il caso sottoposto all’esame della Corte riguardava un furto in abitazione commesso a Napoli.

Secondo i giudici, incontestata l’appartenenza delle impronte papillari all’imputato, la deduzione difensiva secondo cui sarebbe dimostrato solo che questi aveva mangiato la Nutella, ma non costituirebbe prova della sottrazione dei beni dall’appartamento della persona offesa, in assenza di ulteriori indizi dimostrativi, si è dimostrato, oltre che implausibile, manifestamente infondata costituendo, il rilievo delle impronte papillari al medesimo riconducibili, piena prova del fatto in assenza di contrarie allegazioni difensive.