Di Cristian Rovito* – 

Sul piano dell’economia del criminale di particolare interesse è il recente contributo di Antonio Fortarezza e Cesare Montagna [https://www.steppo-eulaw.com/2023/08/29/eppo-seguire-il-titolare-effettivo-per-la-repressione-dei-crimini-finanziari/ – consultato il 29.08.2023].

Occorre dapprima fornire qualche utile informazione in merito alla Procura europea. Al ruolo che è chiamata a svolgere all’interno dell’Unione europea. L’EPPO – European Public Prosecutor’s Office rappresenta un importantissimo organo di contrasto e di repressione di moltissime condotte a matrice finanziaria perpetrate nel territorio comunitario. Ha una sede centrale a Lussemburgo e si struttura attraverso una rete di cui fanno parte procuratori di singoli Stati membri, incaricati di indagare, perseguire e portare in giudizio davanti agli organi giurisdizionali nazionali i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea.

L’EPPO ha giurisdizione sui cc.dd. “reati PIF” (Protezione Interessi Finanziari): frode, corruzione, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita, che possono avere un impatto negativo sull’utilizzo ultimo del denaro dei contribuenti europei.

Nella direttiva UE 2017/1371, recepita nell’ordinamento nazionale con il D. lgs 75/2020 recante “attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 sulla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”, il legislatore comunitario ha inserito l’elenco dei predetti “reati PIF”. Questo elenco “attuerebbe” una serie di principi tutelativi non scindibili dai seguenti elementi “rafforzativi”:

  • previsione punitiva del delitto consumato e del delitto tentato per ciò che interessa le violazioni fiscali a carattere transnazionale;
  • allargamento del catalogo dei delitti tributari per cui la responsabilità è addebitabile anche alla società ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001;
  • estensione della responsabilità delle società ai delitti di frode nelle pubbliche forniture ed ai reati di frode in agricoltura e di contrabbando;
  • estensione del panorama dei reati contro la pubblica amministrazione di cui possono rispondere le società, includendovi il delitto di peculato e quello di abuso d’ufficio.
  • l’ipotesi di corruzione è stata allargata includendovi fattispecie in cui siano sottratti denaro o altre utilità al bilancio dell’Unione o di suoi organismi.

Con la commissione di un “reato PIF”, la competenza della Procura europea investe l’azione di indagine e la promozione dell’azione penale per i delitti compiuti in seno ad un sistema partecipativo di un’organizzazione criminale. La sua competenza emerge allorquando i delitti de qua si caratterizzino per condotte criminali commesse, in tutto o in parte, nel territorio di uno o più Stati membri dell’UE partecipanti; da un cittadino di uno Stato membro o da una persona soggetta allo statuto dei funzionari o al regime applicabile agli altri agenti dell’UE.

I delitti su cui l’EPPO esercita la propria competenza investigativa e repressiva riguardano evidentemente quelle condotte tipicamente dolose quali la frode e la corruzione, che sono reati da cui provengono i proventi criminali. Non tralasciando, tra l’altro, il riciclaggio, che ha lo scopo di occultare e trasferire i guadagni delle attività criminose, dacché si delinea in maniera inequivocabile l’area di stretta competenza giurisdizionale sui crimini di matrice finanziaria. Queste tipologie di condotta criminale, che peraltro travalicano i confini nazionali e si strutturano su articolati sistemi fraudolenti, coinvolgono più soggetti di più Paesi attraverso società di comodo ovvero società fittizie:

  • shell companies: uno degli strumenti più usati per riciclare il denaro proveniente da attività illecite, per pagare o incassare tangenti, per nascondere i soldi al fisco del proprio paese o per finanziare il terrorismo è rappresentato da queste società anonime costituite presso paradisi fiscali off shore, capaci di nascondere alle autorità dei paesi che indagano su uno dei reati de qua, il nome o i nomi dei beneficiari ultimi della società. La SEC – Security and Exchange Commission, l’ente di sorveglianza della borsa statunitense, definisce shell companyuna società detenuta pubblicamente, priva di titoli nominali (la titolarità è dunque al portatore) e composta unicamente da denaro“; [https://it.linkedin.com/pulse/le-shell-companies-astenersi-dallattivare-relazioni-massimo-ferracci];
  • letterbox companies: si tratta di società che sono formalmente stabilite in un dato Stato membro che non ha legami con le loro attività, in modo da evitare la regolamentazione di non altro Stato membro. Sono società costituite al fine di trarre profitto da lacune normative, nella misura in cui non forniscono direttamente alcun servizio ai clienti, ma fungono da interfaccia per servizi forniti dai loro proprietari. Queste società sono formalmente stabilite in un dato Stato membro con il quale non hanno alcuna relazione per ciò che attiene le loro attività. Attraverso l’utilizzo di un mero indirizzo di posta, da cui il nome “letterbox”, esercitano de facto la propria attività di impresa in un altro Stato membro [https://static1.squarespace.com/static/55a50b8ee4b00f4e23b93618/t/5a4ca92f0d929722a0e86c7e/1514973488319/2018_03-01_IPSOA_ADR-FP_Contrasto-alle-letterbox-companies-l-ue-trova-l-accordo.pdf]

Queste forme societarie sono “veicoli societari” che si prestano tanto a rendere opaca la ricostruzione dei titolari delle operazioni, quanto a svolgere attività di vera e propria interposizione patrimoniale. Peraltro, la Procura europea è stata creata per ovviare alle difficoltà e complessità investigative discendenti dalle operazioni compiute dalle elencate società, per coordinare le azioni attuate tra (e da!) i vari Paesi coinvolti. Se il punto di partenza è identificabile con l’indagine, con tutto ciò che ne consegue, il punto di arrivo culmina nell’esercizio dell’azione penale attraverso il deferimento degli autori dei reati finanziari al “Giudice” competente.

Come giustamente è stato osservato dagli autori del lavoro su cui ora si disquisisce, “le competenze dell’ EPPO, assumono ancora più rilevanza non soltanto con l’attuazione della Recovery and Resilience Facility, attraverso il PNRR e nell’ambito dello strumento di sostegno Next Generation EU, ma anche nell’ambito dei Fondi della Politica di coesione che coinvolgono soprattutto le regioni con investimenti sui propri territori e rafforzano i meccanismi di protezione nazionali affidati alla Corte dei conti. Infatti, giova in tale direzione menzionare l’accordo di cooperazione sottoscritto nel settembre 2021 tra l’EPPO e la Corte dei conti al fine di contrastare da un lato gli illeciti a danno degli interessi finanziari dell’Unione europea, dall’altro l’utilizzo fraudolento dei fondi europei destinati all’Italia.

Riprendendo ora aspetti più marcatamente giuridico – operativi o, se si vuole, di indirizzo criminologico, in un ambito così delicato, complesso e diversificato come effettivamente si palesa quello del riciclaggio dei proventi da attività criminose, appare utile riferirsi agli strumenti giuridici all’uopo forniti dalla dottrina e dal diritto sostanziale. Ed in effetti, non è possibile non rendersi conto di quanto siano vitali e strategici, dovendosi indirizzare “nei gangli essenziali delle operazioni finanziarie che sono poi alla base del processo stesso del fenomeno criminoso che si mira a reprimere anche con la Procura europea – EPPO”. Occorre dapprima focalizzare l’attenzione sulla figura del Titolare Effettivo, cioè di quel soggetto per conto del quale viene realizzata l’operazione o l’attività finanziaria. Od ancora, qualora si tratti di entità giuridica, la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità o ne risultano beneficiari. La corretta identificazione del titolare effettivo o dei titolari effettivi assume inevitabilmente un ruolo centrale in tutta la fase investigativa, con effetti dirompenti sulla successiva fase processuale e procedimentale. Non a caso Eurojust (European Union Agency for Criminal Justice Cooperation – Agenzia europea finalizzata alla cooperazione tra le Autorità giudiziarie e le investigazioni dei Paesi membri nata nel 2021 per rispondere alla transnazionalità dei fenomeni criminali soprattutto di stampo mafioso) ne ha spesso sollevato l’essenzialità, sottolineandone l’assoluta importanza nei casi di riciclaggio di denaro.

Le evidenze investigative fanno emergere la tendenza dei gruppi criminali ad utilizzare imprese o altri veicoli societari regolarmente registrati al fine di nascondere sistematici e collaudati schemi di riciclaggio, corruzione, frode fiscale. Questo modus operandi si conferma utilissimo nel rendere difficile la ricostruzione della tracciabilità per risalire ai cc.dd. titolari effettivi o beneficial owner.

A metà degli anni Ottanta, Giovanni Falcone comprese che un metodo investigativo e di analisi criminale efficace per combattere la mafia o comune specifiche tipologie di reati poteva e doveva essere quello di seguire i movimenti del crimine organizzato parallelamente ai percorsi del denaro e delle transazioni finanziarie. Diceva infatti: “segui i soldi, troverai la mafia”. Seguire i soldi, provare cioè a ricostruire la trama dei legami tra le famiglie mafiose e le “aree grigie” dei complici, documentando i pagamenti, gli scambi di denaro, gli investimenti. E definire così la mappa degli interessi criminali comuni e delle infiltrazioni mafiose nell’economia “legale”. Seguire la traccia dei soldi. Dimostrare, cioè, che Cosa Nostra e le altre organizzazioni criminali, la ’ndrangheta, la camorra, la Sacra Corona Unita, erano e sono strutture interconnesse (anche se non senza conflitti) e si muovono con l’obiettivo di accumulare potere e denaro. Potere per fare denaro. E denaro per rafforzare il potere, in un circuito perverso, tra illegalità e riciclaggio per immettere soldi nei circuiti dell’economia legale, devastando economia, società, politica, pubblica amministrazione, istituzioni [N. Gratteri, A. Nicaso, 2022.].

Attraverso una parafrasi e l’applicazione sic et simpliciter dello schema falconiano oltre a seguire le transazioni finanziarie, è assolutamente necessario “seguire il titolare effettivo” (follow the beneficial owner). In effetti, coloro che commettono crimini finanziari hanno la necessità di impiegare i loro proventi illeciti in attività lecite per poterne disporre liberamente. Motivo per cui abbisognano di entrare in contatto con l’economia legale, di disporre di schermi e veicoli societari che perseguono l’obiettivo di spezzare ogni collegamento con il titolare effettivo. Seguire il titolare effettivo costituisce per gli organi inquirenti la direttrice da percorrere per individuare la persona fisica che trae reale beneficio dal denaro di provenienza illecita, ripercorrendo, ove necessario, le composizioni e le catene partecipative di gruppi aziendali, oltrechè le relazioni intercorrenti tra i vari soggetti che si accingono a compiere le varie operazioni.

In certi casi, anche investigare su un soggetto nazionale che ha ricevuto una semplice delega a partecipare ad un’assemblea per l’approvazione del bilancio, potrebbe essere sintomo di un’attività criminale riconducibile ad un mero rapporto di relazione che consente talvolta di risalire al titolare effettivo. In effetti, se i soggetti delegati a partecipare in assemblea, magari in un’articolata catena di controllo che coinvolge diverse società anche localizzate all’estero, sono i destinatari delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 231/2007, hanno l’obbligo di identificare e verificare l’identità del titolare effettivo e quindi di conoscere il nominativo della persona fisica che in ultima istanza ha il controllo. Chiaramente, qualora l’entità giuridica apicale sia ubicata in una giurisdizione ove non sia possibile identificarne il titolare effettivo, né verificarne l’identità, su quel soggetto “delegato” incomberebbe l’obbligo di astenersi ai sensi dell’art. 42 del D.Lgs. 231/2007. Infatti, soggetti destinatari delle norme previste dal D.lgs. 231/2007 si astengono dall’instaurare il rapporto continuativo, eseguire operazioni o prestazioni professionali e pongono fine al rapporto continuativo o alla prestazione professionale già in essere di cui siano, direttamente o indirettamente, parte in società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede in Paesi terzi ad alto rischio. Tali misure si applicano anche nei confronti delle ulteriori entità giuridiche, altrimenti denominate, aventi sede nei suddetti Paesi, di cui non è possibile identificare il titolare effettivo né verificarne l’identità.

Il ricorso ad un’espressione figurata del mondo letterario consente di comprendere meglio la dinamica di talune azioni criminose. Il titolare effettivo è da considerarsi come il convitato di pietra, quindi, non necessariamente la persona che esegue operativamente la movimentazione finanziaria, ma è colui che evidentemente soggiace al reale interesse affinché l’operazione avvenga. Costui è pertanto il vero dominus della situazione con cui ci si confronta. Un tale paradigma utilizzabile su scala europea può senz’altro favorire la funzionalità effettiva dell’intero sistema di contrasto al riciclaggio, nonché l’azione repressiva della Procura europea. Va da sé che un approccio simile a questioni così complesse favorisca la comprensione delle dinamiche che hanno portato nel tempo la disciplina europea antiriciclaggio ad un sistematico adattamento alle esigenze investigative, con un cambiamento di paradigma da non sottovalutare, e per effetto del quale, nel meccanismo di cogenza, ai soggetti destinatari della norma sono stati aggiunti anche coloro i quali compiono le operazioni, su cui oggi infatti pendono una serie di obblighi, in primis le responsabilità penali nel caso di false dichiarazione all’atto del processo di identificazione del titolare effettivo, essenziale ai fini del rispetto della normativa antiriciclaggio.

Chi conferisce un incarico ad un professionista soggetto alle disposizioni previste dal D.Lgs. 231/2007 infatti, deve fornire per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire ai soggetti di adempiere agli obblighi di conoscenza e identificazione ai fini antiriciclaggio. Per le necessità e per l’importanza di conoscere il titolare effettivo, il legislatore comunitario anche alle imprese dotate di personalità giuridica ha imposto gli obblighi di cui all’art. 22 del D.Lgs. 231/2007 (già in vigore dal 4 luglio 2017 e purtroppo ancora oggi poco conosciuti!).

Le informazioni sul Titolare Effettivo devono essere obbligatoriamente acquisite a cura degli amministratori delle imprese. Costoro possono richiedere l’evidenza di tale dato direttamente ai propri soci, sui quali incombe l’obbligo di rispondere per non rendere inesercitabile il proprio diritto di voto in assemblea e non rendere impugnabili le delibere assunte con voto determinante, bloccandone de facto l’operatività all’interno dell’impresa.

In tal quadro, si disvela fondamentale l’istituzione di un Registro dei Titolari Effettivi tanto per una gestione legale dei meccanismi economici; quanto per garantire adeguati ed opportuni equilibri di domanda-offerta, poiché quale prima componente di mercato, risulterebbe evidentemente ed inevitabilmente danneggiata dai fenomeni di riciclaggio. La Procura europea potrà avvalersi della consultazione dei dati contenuti nel Registro dei titolari effettivi dei paesi dell’Union, vedendosi così ampliato il proprio raggio d’azione giurisdizionale, così garantendosi una più efficace ed efficiente conoscenza degli elementi investigativi prodromici all’accertamento, alla repressione e all’analisi dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. L’acquisizione dei dati finanziari contenuti presso l’UIF (Unità di informazione finanziaria per l’Italia presso la Banca d’Italia) è stata rafforzata grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto per agevolare la collaborazione ed il supporto necessari alle analisi inerenti alle fattispecie delittuose di competenza della stessa Procura.

La nostra UIF è inserita in una rete internazionale di cooperazione, al cui interno vengono sviluppati e perfezionati sistemi telematici di comunicazione rapidi e sicuri. A livello globale, la cooperazione all’interno della rete delle UIF è disciplinata in conformità ai principi del Gruppo Egmont, nella cornice delle Raccomandazioni del GAFI [https://uif.bancaditalia.it/sistema-antiriciclaggio/organizzazione-internazionale/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=102]. Gli standard internazionali richiedono che le UIF forniscano, spontaneamente oppure su richiesta, in maniera rapida, costruttiva ed efficace, la massima cooperazione internazionale in materia di riciclaggio e di reati presupposto a esso associati.

Di ulteriore interesse, per questo non ultimo, è il ruolo del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale, tra i cui vari compiti, vi è quello di classificare mediante specifici indicatori la validità dei presidi normativi che gli Stati predispongono all’interno dei propri ordinamenti. Appare chiaro che lo scopo è assicurare una gestione dell’esposizione al rischio di riciclaggio all’interno dei propri confini. Tra gli indicatori la “Reccommendation 24” si focalizza sui dispositivi adottati a livello giuridico per contrastare l’opacizzazione e l’utilizzo a scopo delittuoso dei vari enti giuridici, dacché la linea di indirizzo si sussume nel maggior grado possibile di apertura al dato relativo al Titolare Effettivo. Per mezzo di questo tipo di catalogazione si vuole “serrare le maglie nel processo di contrasto al riciclaggio”.

In estrema sintesi, la prospettiva degli autori citati ab initio ben s’incastra nell’indirizzo strategico – investigativo tracciato da Giovanni Falcone, ovvero “seguire il titolare effettivo”, che è una delle principali attività di prevenzione, contrasto e repressione dei crimini finanziari. Consente, anche attraverso meccanismi amministrativi e non necessariamente legati ad indagini giudiziarie, un’efficace ricostruzione di chi ha il comando o è il reale beneficiario delle varie transazioni o operazioni finanziarie.

L’AUTORE

Cristian Rovito è un criminologo qualificato AICIS, sociologo del crimine, giurista, consulente ed esperto ambientale, operatore di polizia giudiziaria del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera. Scrive per diverse riviste specializzate di settore, giornali, magazine e blog.

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