Volevano silurare il presidente della più importante associazione del commercio, ora sono indagati per estorsione.
(AICIS) La lettera deve essergli caduta dalle mani, quel giorno di giugno dell’anno scorso, dopo averla letta – incredulo – almeno tre volte. Evidentemente al quel punto lo stupore si stava arrendendo allo sconforto. Le mani tremanti erano quelle del presidente della più potente associazione di commercianti (oltre 700mila imprese in Italia); a sottoscrivere la missiva i sui tre vice che, riferendosi a questioni di natura “etico-morale” con un velato accenno a presunte molestie sessuali, ne caldeggiavano le dimissioni. Ad accusarlo la sua (in)fedele segretaria, vittima di attenzioni non gradite, consumatesi secondo la narrazione della donna ben sei anni prima (nel 2012) e mai denunciate (almeno fino ad allora).
Attenzione: non è la trama di un giallo di Aghata Christie, ma la cronaca di un’inchiesta giudiziaria apparsa in questi giorni sui quotidiani nazionali (Il Corriere della Sera, 16 ottobre 2019) che in comune con i gialli ha solo una trama che alla fine sorprende. Sì, perché mentre il presidente è disorientato e in preda all’ansia si fa avanti un inaspettato deus ex machina nei panni del Direttore Generale dell’Associazione, il quale si prodiga per sistemare le cose, però a un duro prezzo. Che si fosse offerto lui o fosse stato il presidente a chiedergli aiuto resta controverso date le deposizioni antitetiche sul punto, comunque poco importa trattandosi di in dato ininfluente ai fini della comprensione della storia. Fatto sta che grazie all’opera di mediazione del direttore si profila la possibilità di un accordo che definire bonario sarebbe un ironico eufemismo, data la malevolenza insita nelle condizioni capestro imposte. Sì, perché non solo veniva chiesta una ingente somma di denaro a titolo di “donazione” (ora la procura ha sequestrato 216mila euro sborsati dal presidente e nella disponibilità della segretaria), ma anche (stranamente) le sue dimissioni dalla prestigiosa carica.
Siccome era il periodo dei grandi scandali delle violenze (a scoppio ritardato) consumate ai danni delle dive di Hollywood e del #mi-too (poi, più tardi, del codice rosso che inasprirà le procedure per questi reati), scartata l’ipotesi del suicidio, il presidente – pur di evitare un disastroso scandalo – si era determinato ad accettare l’accordo. Intanto, la segretaria aveva avviato una causa di lavoro (poi ritirata) contro l’associazione, tanto per far capire che faceva sul serio.
Pensate alla depressione, per non dire al profondo sconforto nel quale può cadere uno che non ha fatto nulla ma si rende conto di essere nelle mani di una donna che può cancellare in un amen tutto l’impegno di una lunga e brillante carriera. Come difendersi? Come evitare il danno alla reputazione prima ancora che il rischio di finire nei guai giudiziari? Tutto sommato, poi, gli è andata bene (si fa per dire) che le pretese fossero solo economiche, perché se solo la segretaria, o i vice presidenti, avessero indirizzato la missiva alla magistratura penale il presidente sarebbe rimasto invischiato in un un processo di tipo Kafkiano dal quale sarebbe stato veramente arduo uscire. Fidatevi, di processi kafkiani purtroppo se ne è visto più di uno in quest’epoca dove si trascura che chi denuncia certi reati potrebbe usare l’apparato giudiziario come arma letale di odio. Del resto il reato di calunnia non è mica escluso per le false accuse di violenza sessuale.
Nella questione però qualcosa evidentemente non tornava: se il fine della segretaria era quello di arricchirsi alle spalle del suo capo, presi i soldi perché pretenderne anche le dimissioni? Ed ecco che nella testa del Presidente – per nulla intenzionato ad onorare l’impegno su quest’ultimo punto – prende corpo la domanda che già gli antichi romani insegnavano ai propri magistrati istruttori: cui prodest, letteralmente “a chi giova”?
Così, per vederci chiaro, dopo aver dimostrato una certa acquiescenza (versando il denaro richiesto) ha ingaggiato due investigatori privati per studiare le mosse dei vari personaggi che ruotavano intorno alla vicenda. Sorpresa: il mediatore (cioè il direttore generale) e la segretaria secondo le risultanze allegate dal Presidente al suo esposto inviato in Procura, erano amanti (circostanza negata dai due interessati). In altri termini tutto lascia supporre che erano d’accordo, altro che mediazione. Avrebbero potuto accontentarsi dei soldi, però. Allora perché le dimissioni del Presidente? Forse c’era rancore nei suoi riguardi? Chi lo sa, la mente umana riserva sempre le più incredibili sorprese. Lui – il presidente – scavando nella memoria un ricordo forse pertinente riesce a ripescarlo: tempo prima aveva intimato al direttore generale di chiarire vicende legate a questioni assicurative interne all’associazione. Un motivo magari futile, ma non per questo meno decisivo.
Altro che particolari attenzioni del Presidente sulla sua sottoposta, altro che fedeltà nella collaborazione da parte dell’apparato più vicino al presidente. Stando alle cronache c’è stato un un accordo scellerato per rovinare la carriera di un uomo. Almeno è questa l’ipotesi che stanno vagliando i magistrati che sulla vicenda hanno aperto un fascicolo dopo aver ricevuto l’esposto che il presidente stesso – messo all’angolo – aveva coraggiosamente inviato in Procura. A magistrati che non si sono fatti incantare dal grido di dolore di una così poco probabile vittima, cui si assegnerebbe istintivamente il ruolo di martire indifesa per una posizione gerarchica inferiore, nell’epoca del #mi-too e degli scandali sessuali intercontinentali.
Quale sia la verità sarà la giustizia a stabilirlo perché ora ci sono due indagati per estorsione, innocenti fino a sentenza definitiva. Quello che sappiamo è ciò che i giornali hanno riportato e non è rassicurante.
Pensate a come si sarebbe messa la vicenda se sul fascicolo dell’indagine penale fosse stato vergato invece che il nome dei due, quello del Presidente perché colpito da una tardiva denuncia della segretaria o, addirittura da un esposto anonimo? Fosse andata così non so se il presidente malgrado la sua innocenza avrebbe potuto difendersi appropriatamente per ottenere giustizia senza pregiudizi. Non lo so, ma non riesco ad essere ottimista.
Meditate cittadini, meditate.