#Criminologia

di Gabriella Braccili *

Il 9 dicembre del 2021 Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook e amministratore delegato di Meta Inc., annunciava l’apertura della piattaforma di realtà virtuale Horizon Worlds a tutti gli utenti Statunitensi e Canadesi con più di 18 anni di età.  

Si tratta di una prima versione del Metaverse, ovvero una evoluzione dell’internet odierno che affonda le sue radici nei mondi digitali già ampiamente accessibili al pubblico a partire dagli anni 2000 come ad esempio SecondLife, Roblox o Minecraft.

Il Metaverse non è altro che uno spazio online, condiviso e sempre disponibile, in cui le persone possono socializzare, lavorare e giocare tramite i loro avatar. Un vero e proprio mondo virtuale che viaggia in parallelo alle nostre vite IRL (in Real Life).  Non vi sfuggiranno certo i riferimenti già ampiamente presenti nella cultura pop rispetto a questo tipo di universo.  Il primo dei film della serie Matrix (1999) raccontava di una neuro-simulazione interattiva in cui l’intera umanità era inconsciamente costretta a vivere. Più recentemente usciva nelle sale il film Ready Player One (2018), tratto dall’omonimo romanzo distopico del 2010, in cui gli individui avevano accesso al mondo virtuale di OASIS (Ontologically Anthropocentric Sensory Immersive Simulation) che permetteva di socializzare, lavorare e intrattenersi online.

Il progetto Metaverse Horizon Worlds è stato annunciato per la prima volta a settembre 2019 ed è stato oggetto di un beta-testing durato per tutto il 2020 e 2021. L’evoluzione di questa realtà virtuale è sicuramente stata accelerata dalla pandemia di Covid-19 e dalla necessità di fornire agli utenti uno spazio alternativo per l’interazione sociale, fortemente limitata dalla necessità combattere la propagazione del virus.  Mark Zuckerberg, infatti, prospetta per l’Horizon Worlds un’esperienza profonda e coinvolgente che non si allontana molto da quella di OASIS. Attraverso l’integrazione con molte delle tecnologie esistenti (visori VR, dispositivi mobili, personal computer e server connessi al cloud) si avrà accesso a un mondo virtuale 3D creato ad immagine e somiglianza del mondo IRL in cui poter socializzare con altre persone, andare al cinema o vedere un film con gli amici, giocare online, organizzare riunioni lavorative o incontri formativi.

La complessità di questo nuovo universo è sicuramente evidente, così come lo sono le sfide che porrà dal punto di vista della cyber-security e della cyber-criminology, intesa come inter-disciplina che studia la causalità dei crimini che si verificano nel cyberspazio e il loro impatto nello spazio fisico (Jaishankar, 2007). Viene dunque quasi spontaneo chiedersi quale sarà la potenzialità criminale di questo spazio e come verrà gestita.

Secondo quanto riportato sul sito di Horizon Worlds, per la community sono centrali il rispetto e la sicurezza dell’environment motivo per cui ciascun utente deve seguire specifiche regole di condotta. Inoltre, sono state introdotte funzionalità che semplificano l’invio di segnalazioni e la risoluzione di problemi. Esiste la possibilità di accedere ad una Safe Zone personale in qualsiasi momento, il che permette di allontanarsi in modo quasi subitaneo da esperienze inaspettate o traumatizzanti disattivando l’audio e bloccando persone o contenuti molesti. Inoltre, Security Specialist addestrati potranno intervenire e registrare a distanza l’evento e il visore VR catturerà gli ultimi minuti della esperienza in Horizon così da permettere all’utente di includere queste evidenze in eventuali segnalazioni. Infine, l’utilizzo della piattaforma al momento è limitato solo agli utenti maggiorenni, il che utopisticamente dovrebbe salvaguardare i minori dall’accesso a contenuti inappropriati.

Detto ciò, qualsiasi tipo di crimine possa essere commesso in Real Life può essere potenzialmente commesso anche nel Metaverse, e le regole di condotta e i protocolli di sicurezza possono sempre essere aggirati. Dunque, questo nuovo mondo virtuale dalle infinite possibilità può esporre i propri utenti anche a numerosi illeciti.

In primis potremmo pensare ai classici reati informatici finalizzati al guadagno personale: il social Engineering, il phishing, i furti di identità, le truffe online e il riciclo di denaro ne sono alcuni esempi. Tuttavia, il Metaverse potrebbe agevolare anche il mondo legato criminalità organizzata di tipo mafioso, i cartelli della droga, i gruppi estremistici e terroristici che avrebbero uno spazio virtuale dove gestire le loro attività o fare proselitismo. Inoltre, la realtà virtuale ben si presta alla Cyber-Violenza ovvero tutta quella serie di crimini come lo stalking e gli atti persecutori, il cyberbullismo, l’incitamento all’odio, al comportamento violento o alla discriminazione. Infine, non dobbiamo dimenticare i reati a sfondo sessuale come la violenza sessuale, il grooming, la diffusione di materiale pedopornografico o la pedofilia.

È lecito, a questo punto, chiedersi come si configurerà il controllo di questo vasto territorio virtuale e quali policy saranno adottate. Sicuramente, sia forze dell’ordine che ricercatori dovranno essere addestrati al tipo di tecnologia utilizzata come mezzo per la commissione dei reati e dovranno essi stessi “calarsi” nel Metaverse in qualche misura. La tempestività con cui queste figure dovranno essere coinvolte è sicuramente decisiva se si vorrà avere una conoscenza tale da poter in qualche modo “restare al passo” con l’evoluzione dello strumento.

 Anche dal punto di vista legislativo si dovranno fare passi da gigante poiché, sebbene il Metaverse sia un mondo virtuale, i diritti degli individui dovranno comunque essere tutelati, così come dovrà essere tutelato anche l’interesse pubblico. Inoltre, il Metaverse sarà uno spazio accessibile da qualsiasi parte del mondo, motivo per cui alcune delle basi del diritto internazionale classico come il principio di territorialità, il principio di nazionalità e la personalità attiva o passiva del reo saranno inapplicabili.  Sarà quindi necessario definire regole globali che potrebbero essere applicate da tutte le parti interessate.

Con l’assottigliarsi del confine tra ciò che è virtuale e ciò che è reale, si aprono sicuramente nuove opportunità per il mondo della Criminologia. Il Metaverse offre ai propri utenti uno spettro di attività sociali quanto più simile possibile alla vita vera: si possono stabilire contatti, investire, fondare imprese o essere creativi. In un tale ambiente, c’è sempre la possibilità che gli individui mostrino comportamenti devianti. Definire cosa però sia il crimine nel mondo virtuale è sicuramente una grande sfida. Il concetto di crimine, infatti, è strettamente legato all’applicabilità allo spazio virtuale di qualche tipo di legislazione. Dopo tutto nullus crimen sine lege! In secondo luogo, bisognerà valutare l’impatto che i crimini commessi in rete avranno sulla vita reale sia in relazione alla sfera economica che psicologica, dal momento che la realtà virtuale si ripropone di essere il più verosimile possibile.

Infine, bisognerà indagare anche i vantaggi e gli svantaggi che questo strumento potrebbe presentare nella sfera della ricerca sociale o ancora quale sarà il futuro ruolo della realtà aumentata in campo criminalistico. Ad oggi, attraverso l’utilizzo di Software di Virtual Reality è possibile accedere a ricostruzioni fedelissime delle scene del crimine e interagire con esse sia a scopo didattico che d’indagine. Quali saranno le reali sfide che il Metaverse lancerà al mondo della Criminologia potrà, però, dircelo solo il tempo.

References:

*Gabriella Braccili, Security Consultant e Criminologa qualificata AICIS.


AICIS