Ugo Terracciano Presidente AICIS
Sarà anche la prova “regina”, quella cristallizzata con l’ausilio della scienza, ma l’errore è sempre in agguato e, cosa ancora peggiore, porta l’investigatore a formulare congetture del tutto forvianti.
C’è una vicenda che non poteva semplificare meglio questo timore.
È il caso del cosiddetto “fantasma di Heilbronn” il cui DNA si è aggirato misteriosamente dal 2001 al 2009 tra Germania e Svizzera. Dapprima un rompicapo, per gli investigatori che non riuscivano ad acchiapparlo, ma poi una lunga sfida costata ben 10 milioni di euro senza risultati per le autorità tedesche. Fatto sta che il fantasma – quello di una misteriosa donna – fece la sua comparsa nella vita di un ragazzino tedesco – anche grazie alla banca del DNA – un po’ per caso in una autunnale giornata di ottobre del 2001, in Germania. Giocando nel parco il ragazzo si era punto con una siringa. Panico. Condotto dalla madre al pronto soccorso su sottoposto ad accertamenti ed un campione del suo sangue fu analizzato in laboratorio: si trattava di scongiurare il pericolo HIV e se possibile identificare chi aveva fatto uso della siringa attraverso il DNA. Le analisi vennero fatte anche sulla siringa. Risultato positivo: quel DNA apparteneva ad una non identificata donna. Non una qualunque, ma stando appunto alla “banca dati del DNA” una donna killer che aveva ucciso per ben due volte: in Renania otto anno prima; in Svizzera nel 1993. Strano: una donna killer, divenuta tossicodipendente, che abbandona la siringa nel parco. Ma la stranezza degli eventi non vale ad escludere il dovere della polizia di seguire la traccia e catturare l’assassina ancora non identificata. Insomma, la siringa col DNA della donna killer evidenziava che la donna fosse nei paraggi.
Sì, ma più che una donna sembrava trattarsi di un fantasma.
UN FANTASMA CHE UCCIDE, RUBA E FA RAPINE
È un incubo per la polizia. Il fantasma vola via veloce e si manifesta ovunque: non solo omicidi, ma furti e rapine e su scala europea. Il suo DNA, infatti, venne isolato sempre in Germania nell’ambito di un’indagine sul furto ai danni di un trasportatore: gli avevano ripulito il TIR ed accanto al rimorchio venne rinvenuto un fazzoletto di carta con l’impronta genetica del fantasma. Ma qualche mese dopo in Francia ci fu una rapina messa a segno con una pistola giocattolo. Indovinate qual’è il profilo genetico isolato sul calcio della pistola? Di nuovo lei: il fantasma di Heilbronn.
FINALMENTE LA SVOLTA! (SI FA PER DIRE ….. )
Passano gli anni e sono anni di ricerche infruttuose. Ma questa volta ci siamo! Sono passati anni, siamo nel 2005 in Germania a Worms (Renania). C’è una rissa tra nomadi rom. Sul posto vengono condotti i rilievi e compare di nuovo il misterioso profilo di lei, il misterioso e inafferrabile fantasma.
La rissa però fornisce agli investigatori una chiave di lettura risolutiva, almeno secondo loro: si tratta una nomade, ecco perché la troviamo in tempi diversi in posti lontani tra loro. Ecco perché compare sulla scena di furti e rapine: è sicuramente legata ad una banda specializzata in reati contro il patrimonio. Il caso non è risolto, ma il quadro è oramai definito …
INTANTO IL FANTASMA ALZA IL TIRO
Passano altri anni da quella prima apparizione. Siamo nel 2007 a Heibronn in Germania, città nella quale avviene un fatto molto grave, e che battezzerà da allora in poi il fantasma negli schedari della polizia come il Fantasma di Heibronn. In un auto viene rinvenuto il cadavere di una poliziotta: si tratta di agente sotto copertura del servizio antidroga. Sul sedile posteriore, di nuovo la misteriosa traccia di DNA della nomade. Si sa certi gruppi nomadi passano dai reati contro il patrimonio al traffico di stupefacenti e agli omicidi, se serve. La killer ha dunque colpito ancora. L’analisi genetica viene approfondita ed emerge una ulteriore specifica di carattere etnico: il DNA appartiene ad una persona di origine dell’est europeo.
IL FANTASMA DI HEIBRONN – ORA (FORSE) IL QUADRO È MOLTO CHIARO
Il mosaico inizia a comporsi con immagini più nitide, finalmente. Nel fiume che bagna la città di Heibronn affiorano anche tre cadaveri. Pregiudicati Georgiani, trafficanti di auto. Abbiamo anche due sospettati: si tratta di un somalo e di un iracheno di una banda rivale. Sul sedile dell’auto dell’iracheno spunta una prova importante: una traccia di sangue appartenente ad una delle vittime. Ma riappare il fantasma: sul sedile posteriore una traccia di DNA appartiene senza ombra di dubbio al fantasma di Heibronn. Questa volta però ci siamo. Tutto torna: alla periferia di Heilbronn, proprio in quei giorni si erano accampati i rom e c’è di più: un pullman era partito proprio poche ore dopo l’omicidio per Bucarest, quindi alla volta dell’Europa dell’est. La nostra nomade fantasma ha partecipato all’omicidio e poi ha preso il largo verso i suoi Paesi d’origine. Non per molto perché poi ritorna: il suo DNA riemerge in appartamenti svaligiati e addirittura in un borseggio.
IL FANTAMA E IL CADAVERE BRUCIATO
Come negli horror a sconfiggere il fantasma può essere solo un’altro fantasma. E a smascherare il fantasma di Heibronn sarà un cadavere carbonizzato ritrovato in Francia. Il corpo bruciato è di un clandestino di sesso maschile. Si tenta di identificarlo col DNA, ma il tessuto utile all’analisi è proprio poco. Gli investigatori ci provano lo stesso e la risposta del laboratorio è sconcertante: il profilo genetico è esattamente quello del fantasma di Hielbronn! E’ di una donna dell’est Europa! Ma come è possibile, dal momento che, nonostante l’opera del fuoco, è evidente che i cadavere è di un uomo?
Questa volta non ci siamo proprio. Ci deve essere un errore.
TUTTO UN INCREDIBILE ERRORE
L’errore c’era eccome: un errore materiale che ne ha prodotti tanti altri di carattere soggettivo. Un dato iniziale sbagliato che ha fatto nascere tante ricostruzioni errate. Nessun Killer, nessuna donna rom, nessuna utile comparizione su scene di omicidi, furti, rapine e borseggi. Il fantasma di Heibron non è mai esistito. La donna dell’est invece sì. Il DNA apparteneva a lei, una operaia di una fabbrica che produce i tamponcini di cotone utilizzati dalla scientifica per raccogliere le tracce organiche. La fabbrica forniva le polizie di diverse nazioni compresa la Germania, la Francia e Svizzera. La donna, una delle tante operaie di origini est europee che lavoravano nella fabbrica, in alcune occasioni non aveva utilizzato i guanti come da protocollo, e così aveva contaminato i tamponi. Su quelle scene del crimine non c’erano fantasmi, ma tamponi contaminati. Ma quello che è peggio è che l’errore materiale aveva generato tanti errori soggettivi, cioè interpretazioni logiche ma sbagliate, poiché difficilmente da un dato errato si possono trarre conclusioni esatte.