Il panorama italiano ha assistito a diversi giudizi di imputabilità dall’entrata dell’istituto nel codice penale ma l’unico caso di disturbo dissociativo d’identità, accertato nel giudizio, è il caso Azzolini del 2003. Inoltre, è possibile individuare alcuni casi ove durante il procedimento e soprattutto durante la fase peritale, periti o consulenti hanno citato la possibile presenza di personalità multipla, anche se le sentenze, poi, non hanno accertato la presenza di tale disturbo.

 

Il caso Azzolini

Nel marzo del 2003 Rovereto, in provincia di Trento, è sconvolta dal ritrovamento dei corpi privi di vita di Aldo Azzolini e la moglie Lidia. Vengono rinvenuti nel letto, colpiti durante il sonno con un corpo contundente. Massacrati sotto i colpi di un martello e di un’ascia. È un omicidio efferato, con una criminodinamica piuttosto violenta, poiché i colpi sono stati inferti con rabbia e con decisione. Gli investigatori, però, non brancolano nel buio, giacché delineano il profilo di un sospetto; difatti le due vittime, Aldo e Lidia hanno un figlio, tecnico audiometrista all’ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto che in quei giorni è sparito dal posto di lavoro dandosi malato: si tratta di Marco Azzolini che all’epoca dei fatti ha 47 anni. Marco viene fermato dai Carabinieri nei pressi di Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona, mentre dorme nella sua auto, una Renault Clio bianca; ha con sé due pistole, una Beretta calibro 22 e una Smith & Wesson calibro 357 e vari coltelli a serramanico. Una di queste pistole, al momento del ritrovamento, ha un colpo in canna. Azzolini ha vagato tra Lombardia, Veneto e Trentino per il periodo di allontanamento dal lavoro e non appena apprende del ritrovamento dei corpi dei genitori, provvede a tagliarsi i capelli e si disfa del proprio cellulare. All’epoca del processo viene disposta una perizia, redatta a due mani dai periti Carlo Andrea Robotti e Mario Marigo, che sostengono che il soggetto è afflitto da una grave strutturazione patologica della personalità, un disturbo borderline di personalità che si colloca entro una personalità parzialmente dissociata, ossia un disturbo di personalità multipla (oggi disturbo dissociativo d’identità) probabilmente ascrivibile a un vissuto particolare e a determinate esperienze familiari. Questa disfunzione dissociativa si sarebbe evoluta, nello specifico omicidio dei genitori, in un episodio confuso-onirico; dunque Azzolini avrebbe posto in essere il delitto nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 2003 in una specie di trance, con la mente annebbiata, senza il controllo razionale del sé. In una prospettiva prettamente giuridica il caso sarebbe potuto rientrare in un giudizio di imputabilità, giacché il soggetto avrebbe potuto agire con una compromessa capacità di intendere e di volere, questo difatti collima con quanto spiegato dall’indagato agli inquirenti sul folle gesto messo in atto: quella notte, Azzolini, avrebbe massacrato i genitori ma il tutto gli è parso un incubo, un sogno orribile dal quale ha pensato che si sarebbe svegliato per poi constatare che il tutto era solo il frutto della sua immaginazione. Il mattino seguente, accortosi dell’amara realtà e non certo un sogno, fugge con la sua Clio per essere poi arrestato dopo un mese esatto nel parcheggio di Castelnuovo del Garda. Secondo la perizia, dopo l’esaurimento dell’episodio “confuso-onirico”, massacrati i genitori a colpi di martello e accetta, Azzolini recupera la capacità di intendere e di volere ma sussiste una seria preoccupazione in ordine alla sua pericolosità sociale. Da questa conclusione peritale viene disposta dal Gup Cuccaro la misura di sicurezza nell’ultima udienza: Azzolini viene ricoverato presso l’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, che all’epoca (prima di essere convertito in REMS) vanta già una struttura sanitaria altamente specializzata, in grado di somministrare al paziente le cure adatte al suo disturbo. Questo non preclude, ergo, la possibilità di un possibile recupero per un reinserimento in società. Eppure l’amministrazione penitenziaria decide di disporre la misura di sicurezza in maniera differente, facendolo ricoverare nell’allora ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Alla lettura della sentenza del giudice l’imputato si presenta in jeans e felpa rossa, con la solita espressione assente e alienata. Non ci sono colpi di scena: la sentenza proscioglie Azzolini dall’accusa di omicidio per incapacità di intendere e di volere. Dunque viene dichiarata la totale infermità di mente al momento dei fatti (già la misura di sicurezza disposta dal GUP dal carcere di Rovereto in un ospedale psichiatrico in attesa della sentenza aveva fatto presagire questo genere di epilogo). La sentenza specifica il modus operandi messo in atto dal soggetto: quella notte Azzolini si sveglia e si reca nello sgabuzzino a prendere un martello e una scure; con il primo corpo contundente massacra la madre Lidia, inferendole diversi colpi su tutto corpo; con il secondo, la scure sferra un solo colpo, secco, al padre Aldo al quale sfonda la calotta cranica, uccidendolo sul colpo. Dopo aver posto in essere un così efferato delitto, torna a dormire come se nulla sia successo. Soltanto al sorgere del sole Azzolini ritorna in uno stato di coscienza non più alterato e realizza che il ricordo della notte precedente non è un incubo ma una realtà cruda e disadorna: l’omicidio dei suoi genitori è realtà e sono le sue mani a essere sporche di sangue. Il panico fa capolino fra tutto quel marasma di emozioni che Azzolini esperisce, resta in casa un paio di giorni, poi prende la sua macchina, lasciando i cadaveri in un primo stato putrefattivo e fugge via da quella casa che emana un odore acre di morte. Con sé porta delle armi, due pistole del padre e due robusti coltelli ma non ha il coraggio di usarle né ai danni di altri né contro se stesso, almeno finché i Carabinieri non lo trovano nel parcheggio di Castelnuovo del Garda, dopo un mese di indagini, in uno stato confusionale. Ha girovagato senza meta dormendo in auto, sentendosi braccato dagli inquirenti, un pellegrinaggio senza meta che lo conduce fino a Nizza, ove qualcuno riferisce che lì viva una donna che, in passato è stata coinvolta in una relazione con il padre. Su questo particolare elemento si è lavorato molto ipotizzando un duplice omicidio con un movente passionale. Ipotesi che i periti negano fermamente asserendo che all’origine dell’avvenimento tragico vi sia questa personalità borderline parzialmente dissociata, in altre parole la presenza multipla di più personalità. Azzolini secondo il giudice, che accoglie totalmente l’ottica peritale, dice il vero quando parla di aver agito in un contesto onirico, in un sogno, giacché esplicita in quell’espressione “sogno” il dramma della personalità dissociata. Per il soggetto a uccidere i genitori è stata persona altra e non di certo lui. L’avvocato della difesa Adolfo De Bertolini, ha presentato un’istanza di trasferimento dall’OPG di Reggio Emilia a quello di Castiglione delle Stiviere, istanza accolta dal giudice che ha riformulato il ricovero disposto in precedenza. In questa struttura lombarda, che si era già distinta rispetto agli altri OPG essendo caratterizzata da un indirizzo curativo prevalente rispetto a quello penitenziario, il soggetto sarebbe dovuto rimanere per un periodo non inferiore a cinque anni, periodo in cui sarebbe stato sottoposto alle cure necessarie, auspicando una guarigione completa e una conseguente cessazione della pericolosità sociale e un reinserimento nella società.[2] 

Giuliano Lott, La perizia: Azzolini uccise come in sogno, in Geolocal Trentino, 27 gennaio 2004

Giuliano Lott, Assassino ma non punibile: Azzolini in ospedale Geolocal Trentino, 28 gennaio 2004

 

Tratto dalla mia tesi magistrale “Imputabilità e vizio di mente nello specchio dell’evoluzione della scienza psichiatrica”

 

Deborah Bottino Criminologa AICIS