(AICIS) Chi non ricorda la povera Yara e il suo carnefice (per i tribunali) Massimo Bossetti? A richiamare alle cronache la vicenda è stata una donna di 80 anni, Laura Poli, vedova di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel ’99 da cui Ester Arzuffi ebbe Massimo Bossetti. Ai giornalisti del settimanale “Oggi” che l’anno intervistata ha risposto: “Bossetti? E’ un povero disgraziato. Mi fa pena. Vorrei guardarlo negli occhi e parlargli. Un giorno la verità salterà fuori. Temo che sia diversa da quella che ci hanno raccontato”. Poi ha aggiunto: “Siamo stati utilizzati perché qualcuno potesse coprirsi di gloria e di riconoscimenti. E qualcuno non ha fatto onore alla sua professione […] Mio marito lo conoscevo troppo bene e non ha lasciato figli in giro. Mi sarei accorta se mi avesse nascosto qualcosa”.
La vittima era una povera bambina, Yara Gambirasio, scomparsa a Brembate il 26 novembre 2010, ferita e lasciata morire nel campo di Chignolo d’Isola. Il suo carnefice, per la giustizia dei tribunali, è un muratore bergamasco di nome Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo. La vita del muratore è cambiata definitivamente il 16 giugno del 2014, quando polizia e carabinieri si sono presentati sul cantiere di Dalmine dove lavorava per arrestarlo. Fino a quel momento, la sua esistenza era di quella un uomo normale dedito al lavoro e alla famiglia.
Come si arrivò a lui? In quasi quattro anni, dal giorno del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio, gli investigatori avevano setacciato da cima a fondo migliaia di campioni prelevati in tutta la Val Brembana. Sugli slip e sui leggins della 13enne erano infatti state trovate tracce di Dna. Il profilo prelevato era simile a quello di Giuseppe Guerinoni, autista di autobus morto però nel 1999. E siccome il patrimonio genetico dei suoi figli non coincideva con quello trovato sul corpo di Yara, gli investigatori ipotizzarono che al 99,9% l’assassino della ragazzina fosse un suo figlio illegittimo, ribattezzato “Ignoto 1”. Quell’ignoto uno ha poi preso il nome di Massimo Bossetti, incriminato dopo lunghe indagini effettuate sulla traccia di Dna misto (suo e della vittima) rinvenuto sugli indumenti della piccola Oggi, in difesa di parla la vedova di Giuseppe Guerinoni, suo padre biologico.
Lui ha chiesto di ripetere quell’esame per poter esercitare i propri diritti che, in quanto ignoto all’atto delle analisi di laboratorio non esercitò. La Cassazione, sul punto, ha deciso che il primo esame basta rifiutando di ripetere l’analisi alla presenza dei consulenti di parte.
AICIS