Il termine Hikikomori viene coniato in Giappone verso la metà degli anni ‘80 per indicare il preoccupante fenomeno sociale del totale isolamento di ragazzi che rifiutano di uscire dalla propria stanza ed avere qualsiasi contatto con il mondo esterno per un periodo di almeno 6 mesi.

Gli hikikomori vivono rinchiusi fra le quattro mura della propria stanza, aprendo la porta il meno possibile, solo per ritirare i pasti e per lavarsi. 

Un hikikomori passa dalle 8 fino alle 18 ore davanti ad un computer o ad un dispositivo digitale sostituendo i rapporti sociali diretti con quelli mediati via Internet (chat, social network, videogiochi online, programmi in streaming). Questo comportamento crea anche altri disturbi come la letargia, incomunicabilità, depressione, comportamenti ossessivo-compulsivi. Anche il ritmo sonno-veglia risulta così completamente alterato.

La stanza di un hikikomori appare sporca, buia e disordinata.

In Giappone si stima che gli hikikomori siano tra 1 e 2 milioni di soggetti, solitamente giovani maschi primogeniti, con un’età compresa fra i 19 e 30 anni, di ceto medio-alto, con un forte incremento tra gli adolescenti under 19.

Dopo una rapida diffusione del fenomeno negli Stati Uniti e in Europa, arrivano le prime diagnosi ed i primi centri specializzati in Italia, tra cui quello del Gemelli di Roma.

Anche da noi, il fenomeno resta saldamente legato alla dipendenza da Internet, dai social network, alle video ludopatie, alla pornografia e al binge watching (guardare programmi e serie tv per ore ed ore, ad esempio usufruendo della visione di diversi episodi uno dopo l’altro senza sosta). Secondo la Società Italiana di Psichiatria, sono circa 3 milioni gli italiani tra i 15 e i 40 anni a soffrire di una o più di queste dipendenze. 

Non sempre come invece può risultare facile pensare, i videogiochi sono realmente il male peggiore, considerando che stanno  prendendo piede anche fra i giovanissimi altri fenomeni come il vamping o la dipendenza da pornografia.

 

Un recente studio britannico ha scoperto che il 65% dei ragazzi tra i 15 e i 16 anni fa un uso quotidiano della pornografia, con la grande maggioranza che diceva di aver iniziato ad usufruirne dai 14 anni. Dato allarmante, dato che le scoperte di un altro studio stabiliscono una correlazione tra esposizione prematura alla pornografia e desiderio espresso di esercitare potere sulle donne.

Uno studio condotto su oltre 900 ragazzi ha evidenziato che uno su cinque riposa male durante la notte a causa delle notifiche notturne delle chat, con ripercussioni negative durante le normali attività quotidiane.

In questa situazione genitori ed operatori, dovrebbero informarsi approfonditamente su queste problematiche iniziando non a proibire, ma a regolare e controllare l’uso dei dispositivi digitale da parte dei propri figli. 

Un ragazzo a rischio hikikomori, inoltre, passa oltre 3 ore davanti al computer o ad altri dispositivi digitali e mostra chiari segni di aggressività se privato di essi. Appare apatico o depresso, non vuole alzarsi dal letto, non vuole parlare, può perdere anche l’appetito ed il senso di igiene personale e può soffrire di insonnia.

Sottolineano psicologi e psicoterapeuti, uno degli errori più diffusi è quello di sottovalutare le prime avvisaglie del disturbo, nella speranza o nella convinzione che la situazione si risolverà da sola. La comunicazione con il ragazzo per capire perché desidera isolarsi è fondamentale. Il consulto con uno specialista nella fase iniziale, può ridurre i tempi del trattamento e renderlo da subito più proficuo.

[Tratto da https://www.alessioromeocrime.com/]

Alessio Romeo Criminologo AICIS