di Monica Atzei*
«Giovani e violenza» è un tema su cui i media riferiscono costantemente e sul quale l’opinione pubblica e la politica continuano a discutere e dibattere. Ma la violenza giovanile è davvero aumentata così tanto negli ultimi anni? Quali sono i reati che i giovani commettono in maniera più frequente?
Con violenza giovanile si intende il ricorso o la minaccia di violenza fisica e/o psicologica da parte di una o più persone, ragazzi (10–18 anni) e giovani adulti (18–25 anni), nei confronti di altre persone. Tra le forme di violenza rilevanti ai fini penali vi sono, tra le altre, le lesioni personali, la minaccia, l’estorsione e la rapina, ma anche il danneggiamento a dei beni.
Gli esperti concordano su alcune motivazioni di fondo, per lo più molto complesse e sui principali fattori di influenza che sarebbero da ricercarsi nella «crescente tendenza all’emarginazione o all’esclusione di alcuni gruppi dalla società».
Che cosa s’intende con questo fenomeno? L’emarginazione di alcuni gruppi della popolazione si ritrova a diversi livelli: Culturale, Economico, Materiale, Social-mediale.
Queste tendenze all’emarginazione riflettono una mancanza di solidarietà sociale; i motivi e le forme della violenza giovanile possono essere anche molto diversi, come ad esempio il desiderio di riconoscimento sociale: molti giovani che commettono atti di violenza cercano di raggiungere un riconoscimento sociale o una posizione di supremazia sociale all’interno del loro gruppo di pari, adottando un comportamento aggressivo e di sopruso. Anche la forte pressione da parte di un gruppo può essere causa di paura che possa accadere loro della violenza; altro motivo potrebbe essere la scarsa tolleranza della frustrazione perché a causa di questa possono trovare spesso difficoltà nel conformarsi ai requisiti sociali richiesti a scuola, nella vita quotidiana e più avanti nel lavoro, fanno fatica a seguire le regole, a rispettare le esigenze e la libertà degli altri, trovandosi in questo frangente reagiscono talvolta con la violenza. La noia è purtroppo un’altra “motivazione”: la ricerca di un diversivo alla quotidianità, per loro la violenza rappresenta una sorta di occupazione del tempo libero e i colpevoli sono spesso incapaci di immedesimarsi nell’altro e di individuare la colpa commessa.
Per viaggiare sui binari della “non violenza” occorre che gli adulti favoriscano la capacità dei giovani di pensare, sentire, valutare e agire indipendentemente; collaborare con altri, assumersi delle responsabilità e far fronte ai compiti della vita quotidiana; mostrarsi tolleranti nei confronti di altre persone e delle loro convinzioni ed idee; essere disponibili e solidali; possedere la capacità e la volontà di rispettare le regole senza ricorrere alla violenza.
L’aiuto da parte degli adulti è dato dalla fiducia e dall’ascolto perchè in un’atmosfera di fiducia i giovani riescono a trovare il coraggio di parlare. È importante che gli adulti, genitori ed educatori, impongano dei limiti ai giovani e li esortino ad assumersi la responsabilità del loro comportamento anche se sbagliato; solo così essi impareranno a confrontarsi con le conseguenze dei loro atti.
La prevenzione deve iniziare il più presto possibile così da coprire tutto l’arco dell’infanzia e della gioventù perché la violenza non ha una sola causa ma è il risultato di una complessa interazione tra numerose concause di diversa origine: fattori di rischio particolarmente gravi sono la carenza o problematicità dell’attività educativa dei genitori; l’adozione di modelli di comportamento fondati sulla violenza e l’appartenenza a un giro di amicizie incline alla violenza; l’assenza di struttura nelle attività del tempo libero; il basso livello d’istruzione scolastica e la tendenza precoce ad abbandonare la scuola (che aumenta i rischi).
Invece i giovani esposti a pochi fattori di rischio raramente diventano violenti, l’inclinazione alla violenza cresce nettamente in concomitanza a molti fattori di rischio. Ai fattori di rischio si contrappongono quelli di protezione: la presenza di persone di riferimento, l’ambiente favorevole, la scuola e le amicizie sane.
A differenza dei conflitti, la violenza è in linea di principio evitabile, si può infatti imparare a convivere senza ricorrere alla violenza. Per questo bisogna promuovere e rafforzare negli adolescenti e nei giovani la capacità di risolvere i conflitti e imparare ad affrontare situazioni spiacevoli evitando di fare uso della violenza, che crea la capacità di presupporre la disponibilità a concessioni reciproche e al rispetto.
Dello stesso autore:
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L’AUTRICE
Monica Atzei è una criminologa qualificata AICIS, giornalista ed insegnante di materie letterarie. Scrive per diversi magazine e blog e collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.
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