#di Monica Atzei
Il termine educare proviene dal latino “educere” che tradotto significa “tirar fuori, estrarre”, derivato di “ducere” ovvero “guidare”.
Eppure sembra che l’ “educare” che sta alla base di ogni percorso di vita si sia dimenticato, smarrito, a volte non pervenuto .
Come smarriti sono bambini, adolescenti e adulti in questi tempi frenetici e in cui non ci si sofferma ad ascoltarli e a camminarci fianco a fianco.
L’ adolescente, anche se vive gli stessi sentimenti che provavamo anni fa, si esprime in maniera diversa e secondo un “codice” che va ascoltato e appreso per poter entrare in comunicazione con lui.
I ragazzi cercano interlocutori validi, credibili, quindi dei punti di riferimento nella famiglia, nella scuola, nella società. Ma bisogna riflettere su una problematica che ormai è emersa da alcuni anni: gli adulti sono disponibili all’ascolto e a dare tempo, spazio, occasioni di crescita? Il punto focale è questo perché dobbiamo dare loro delle possibilità, infatti, se si desidera che gli adolescenti divengano adulti e quindi persone responsabili e indipendenti, bisogna star loro vicini così da poter costruire insieme percorsi di vita significativi. Il sistema degli adulti ha la funzione di fornire un modello che orienti la crescita, attraverso un confronto, a volte anche conflittuale, con delle figure di riferimento, consentendo l’elaborazione dell’ambivalenza dell’adolescente, sempre diviso fra la contestazione, l’amore e l’emulazione nei confronti delle figure per lui significative.
Questa possibilità di solidarietà e dialogo tra generazioni richiede da un lato che gli adulti siano credibili e non siano, né appaiano, addirittura, più confusi e sconcertati dei ragazzi. Dall’altro che i rapporti affettivi e di fiducia tra gli adolescenti e i loro educatori siano reali e validi.
Ma a chi spetta questo compito così impegnativo? In primis ai genitori, che devono accettare di veder maturare i propri figli come altro da sé, agli insegnanti, che non devono limitare il loro compito alla semplice erudizione e nozionismo, ma che aiutino i ragazzi, attraverso la conoscenza delle varie materie, alla comprensione dei meccanismi della crescita verso l’età adulta. Poi spetta anche, a tutti coloro che, a vario titolo, vengono in contatto e gravitano intorno ai giovani durante il tempo libero testimoniando coerenza e responsabilità con i loro stessi comportamenti. Ricordiamo per questo la figura di San Fulgenzio (anche se lontana nel tempo 460-533) che ha saputo “educare” con la sua “Regola”, lui ha reso nota “la pedagogia dell’esempio”, che ora chiamiamo Modeling: l’ imitazione del comportamento.
L’adolescenza ha uno “statuto” a sé: non è solo un periodo di passaggio, ma una metafora dell’identità dell’essere umano, un’identità incompiuta, in continuo cambiamento, quindi è necessario favorire in famiglia la costruzione di una nuova situazione, con nuove regole e confini. Non si deve aver paura di porre norme, limiti, “paletti”, quindi sistemi di riferimento, di autocontrollo. L’adolescente deve potersi muovere in avanti alla ricerca di esperienze nuove che ne permettano la definizione individuale, ma continuando anche a guardare indietro, perché indietro troverà la sicurezza della propria storia, delle proprie radici. E questo “movimento” non si arresta con l’adolescenza ma resta anche nell’età adulta.
Le modalità con cui il ragazzo può vivere la famiglia sono diverse, può avere una percezione di “persecuzione”, o di competizione e aggressività, oppure un sentimento di complicità e unione. Indissolubile. Una famiglia percepita “in alto” genera nel giovane ammirazione, cui si oppone il rifiuto quando è percepita “in basso”.
Ma da alcuni anni a questa parte, l’uso intensivo e distorto di internet, le nuove tecnologie e il loro “prevaricare” nel quotidiano e di conseguenza l’aumento delle relazioni virtuali ha modificato in maniera esponenziale il modo in cui i figli costruiscono la propria identità ed è evidente che agli adulti vengono richieste nuove abilità che riescano a prendersi cura e ad educare gli adolescenti di oggi.
Da uno studio del CENSIS In Italia, i più grandi fruitori delle tecnologie digitali sono bambini e adolescenti
La“Z Generation” o “IGeneration” è la prima generazione “mobile first” della storia: sono nati con l’avvento di internet, dei social network e stanno crescendo con tablet, smartphone e pc quasi h.24. I
Faticano a tenere un discorso se ogni poco tempo non controllano il cellulare; hanno una soglia dell’attenzione molto bassa; invece delle parole usano le emoticon per chattare su WhatsApp e Instagram; Tik tok per i video e attrarre follone maggiormente; Facebook è invece classificato per “boomer” o comunque per una fascia d’età adulta.
Questa tendenza ad avere una “vita virtuale” parallela alla “vita vera” porta i giovani anche ad una maggiore esposizione ai rischi della rete, uno su tutti il cyber bullismo, come ha dimostrato l“Indagine Conoscitiva su Bullismo e Cyberbullismo (Roma, 27 marzo 2019, “Audizione del Presidente dell’Istituto nazionale di statistica G. C. Blangiardo. Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza”): ”Quella attuale è la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere connessi rappresenta un dato di fatto, un’esperienza connaturata alla quotidianità, indipendentemente dal contesto sociale di provenienza: nel 2018, l’85,8% dei ragazzi tra 11 e 17 anni di età utilizza quotidianamente il telefono cellulare. Il 72% dei ragazzi in quella stessa fascia di età naviga in Internet tutti i giorni. Questa quota è cresciuta molto rapidamente passando dal 56,2 al 72,0% nell’arco di un quadriennio. Le più assidue utilizzatrici del cellulare e della rete sono le ragazze, l’87,5% delle quali usa il cellulare quotidianamente, e il 73,2% accede a Internet tutti i giorni (quota che sale all’84,9% se ci si concentra sulle adolescenti tra i 14 e i 17 anni). L’accesso ad Internet è fortemente trainato dalla diffusione degli smartphone. Soltanto il 27,7% dei ragazzi, infatti, usa il pc tutti i giorni e questa quota è in forte calo rispetto al 40,5 del 2014.”
Tra l’altro si intensificano gli studi e gli articoli concorda sulla “Generazione Alpha”, i bambini nati dopo il 2010 perchè vengono al mondo con la tecnologia touchscreen in casa e per questo sono stati denominati “screenager”. Per la loro tutela e per quella degli adolescenti e preadolescenti è importante cercare delle modalità genitoriali in grado di preservare la priorità e la qualità delle relazioni umane: promuovere le capacità del bambino di progredire verso l’acquisizione di una adeguata regolazione emotiva, favorire il linguaggio affettivo e relazionale, inserire gradualmente i dispositivi digitali nella modalità di condivisione affettiva. Non si può far assumere un “potere decisionale” sin dalla tenera età: come scrive Asha PhilippS “Spesso dire di no è molto difficile, ma il rifiuto è in realtà parte fondamentale delle relazioni tra genitori e figli, ‘dire di no’ provoca un significativo cambiamento positivo nello sviluppo della personalità infantile, evitando al bambino di infilarsi in una dinamica auto centrata e ‘onnipotente’”.
Non solo i genitori sono chiamati in causa ma anche gli insegnanti si trovano a dover affrontare nuove esigenze e trovare nuove modalità anche durante le lezioni e nella quotidianità. Le figure di riferimento dovrebbero cercare di prevenire e porre l’attenzione ai cambiamenti repentini d’umore e comportamentali dei ragazzi, (sappiamo che non è facile!), con particolare cura verso i cambiamenti nei confronti della scuola, dei coetanei, dello sport o delle altre attività; come non dovrebbero sfuggire alle figure di riferimento o comunque agli adulti gli atteggiamenti di isolamento sociale, dalla famiglia, gli scatti di rabbia o di pianto improvvisi, la demotivazione, la non cura della persona o al contrario attenzione esagerata all’apparenza al trucco e all’abbigliamento, il rapporto con il cibo e anche , purtroppo, l’autolesionismo che a volte è difficile da controllare. Anche la dipendenza da internet, i dettami, gli orari per “postare” così da avere più like e “segui” sono aspetti che andrebbero colti prima ma è veramente difficile e in esso possono ritrovarsi, a volte, le spiegazioni di certi comportamenti descritti nelle righe antecedenti.
Gli adulti tramite l’”esempio” e il “dialogo” potrebbero stabilire degli orari per l’utilizzo di internet, spiegarne il suo corretto utilizzo, motivar loro alle amicizie reali ( i ragazzi non si rendono conto di condividere sul web moltissime informazioni: gli amici, i loro interessi, le debolezze, i luoghi che frequentano, gli acquisti, i gusti musicali, i locali che frequentano, ecc., tutti dati che possono essere registrati da estranei ed utilizzati in diversi modi e con diverse finalità), stare più insieme e aiutarli nella crescita “vera”. Anche perché alcuni smettono di andare a scuola e non riescono più a gestire le relazioni interpersonali e sociali; passano i pomeriggi e le serate chiusi nella loro stanza perché ad esempio si sentono inadeguati e trovano gratificazione e rifugio nel web. L’ attenzione va accentuata anche sui cosiddetti casi di “candy girl”: situazioni in cui delle ragazze tra i 12 e i 17 anni mettono in rete le proprie foto di nudo (sexting) in cambio di vestiti firmati, ricariche telefoniche, borse ecc.
Queste problematiche, di cui si potrebbe scrivere e disquisire a lungo, investono innanzitutto genitori ed insegnanti, dare delle regole ai minori che navigano è un dovere, ricordando sempre che l’educazione è anche mettere dei paletti e delle regole ma è soprattutto guidare, orientare, fornire modelli, trasmettere dei valori perché i giovani sono il domani e a loro si deve attenzione, accoglienza, ascolto e siamo una società che dovrebbe sostenere in maniera efficace la fatica di crescere di ogni adolescente.
Bibliografia
CENSIS, 2015, Ólafsson, Livingstone & Haddon, 2013;
“L’adolescente questo sconosciuto”, (articolo) Monica Atzei, Vulcano (periodico), 2015;
“San Fulgenzio di Ruspe. La formazione agostiniana e la città di Cagliari”, Monica Atzei, Libreria del Santo, 2020;
“I no che aiutano a crescere”, Asha Philipps, Feltrinelli, 2001;
“Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello”, Nicholas Carr, Raffaello Cortina Editore, 2011;
“Il cervello degli adolescenti”, Frances E. Jensen e Amy Ellis Nutt, Mondadori, Milano, 2015;
I Quaderni del Corecom: “Stili di vita online e offline degli adolescenti in Emilia-Romagna (2/2013), a cura di Annalisa Guarini, Antonella Brighi, Maria Luisa Genta;
“L’educazione dei figli al tempo dei social: quale il contenuto oggi di una adeguata educazione? Vigilanza dei genitori e rispetto della libertà personale e morale dei figli dal punto di vista psicologico. Il ruolo della scuola” Numero speciale “Malaeducazione e responsabilità dei genitori” a cura della Dott.ssa Cesia Polloni (articolo).
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L’AUTRICE
Monica Atzei è una criminologa qualificata AICIS, giornalista ed insegnante di materie letterarie. Scrive per diversi magazine e blog e collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.
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