Chiamarlo giornalista investigativo sarebbe riduttivo: Giancarlo Siani, con le sue inchieste, è stato una spina nel fianco della criminalità organizzata partenopea e siciliana. Tutto questo senza nemmeno essere un giornalista professionista. Ora, il 23 settembre prossimo, dopo 35 anni dalla sua uccisione l’Ordine della Campania e Ordine nazionale dei giornalisti consegneranno alla famiglia il tesserino alla memoria da professionista intestato a Giancarlo e, per l’occasione, presenteranno il libro “Le parole di una vita” che contiene tutti i suoi scritti giornalistici.
Giancarlo Siani, nato a Napoli il19 settembre 1959 fu assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985.
La sua uccisione fu ordinata dal boss Angelo Nuvoletta, per volontà del famigerato Totò Riina, capo di Cosa Nostra, a cui il clan di Marano era affiliato. A far scattare la “sentenza di morte” fu un articolo del 10 giugno 1985, in cui Siani informò l’opinione pubblica che l’arresto del boss Valentino Gionta era stato possibile grazie a una soffiata degli storici alleati Nuvoletta, che tradirono Gionta in cambio di una tregua con i nemici casalesi.
Si occupò principalmente di cronaca nera e quindi di camorra, studiando e analizzando i rapporti e le gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano il comune di Torre Annunziata e i suoi dintorni. Iniziò anche a collaborare con l’Osservatorio sulla Camorra, periodico diretto dal sociologo Amato Lamberti. Al quotidiano Il Mattino faceva riferimento alla redazione distaccata di Castellammare di Stabia. Pur lavorando come corrispondente da giornalista frequentava stabilmente la redazione del comune stabiese: il suo sogno era strappare il contratto da praticante giornalista per poi poter sostenere l’esame e diventare giornalista professionista. A 35 anni dalla morte il sogno è realizzato.
AICIS