(AICIS CRIMINOLOGI) 

Di sicuro c’è solo che è morto, stando alle risultanze degli esperti nella notte tra il 24 luglio – giorno della sua scomparsa – ed il 25 luglio. Il resto dipende solo dalle risultanze degli esami autoptici (per niente facili su un corpo carbonizzato), dall’abilità degli investigatori e della capacità della Procura. Sì, perché allo stato delle indagini gli elementi al vaglio degli inquirenti potrebbero avvalorare tanto l’idea della morte auto-inflitta di Francesco Pantaleo, quanto l’antitetica ipotesi dell’omicidio ai suoi danni. Paradossale? Non tanto: nei casi di suicidio non si può mai escludere a priori la morte per cause violente.

Francesco era un giovane studente universitario di origini siciliane, scomparso da Pisa il 24 luglio. Poi il suo corpo è stato rinvenuto carbonizzato in una strada della campagna Pisana, nel Comune di San Giuliano Terme, luogo già tristemente noto alle cronache per la scomparsa di Roberta Ragusa (altro giallo alquanto controverso).  Dire che è stato un suicidio è azzardato, sostenere che sia stato ucciso è un’ipotesi per ora molto astratta se non inconsistente, in assenza di riscontri certi.

Suicidio o omicidio, dunque?

A favore della prima ipotesi – quella del gesto estremo – depongono solo alcuni elementi di contorno. Il primo riguarda il suo stato psicologico. Per quanto ne sapevano i genitori, Francesco era all’antivigilia di una tappa importante: tre giorni dopo la data della scomparsa avrebbe dovuto discutere la sua tesi di laurea I riscontri degli inquirenti sul libretto elettronico però hanno riservato a tutti una sorpresa: non solo il ragazzo non risultava iscritto all’appello di laurea ma era anche molto lontano dal concludere gli esami. La grande bugia lo ha fatto cadere nella depressione? Non sapendo affrontare una verità così deludente ha deciso di uccidersi? Può essere, ma per avvalorare l’ipotesi del suicidio occorrono elementi concreti capaci di escludere l’omicidio.

Nell’appartamento che condivideva con altri studenti, sono stati ritrovati i suoi occhiali da vista, il portafogli ed il bancomat, i documenti di identità e lo smartphone con il blocco inserito e con i servizi di geolocalizzazione disattivati. Dal computer acquistato pochi mesi prima tutti i file erano stati rimossi. Nessun biglietto né messaggio di addio.

Può essere stato ucciso?

Per capirlo è determinante – a parte l’esito finale dell’autopsia – l’analisi approfondita della scena del crimine. Il corpo di Francesco è stato rinvenuto in aperta campagna, in una stradina tra gli ulivi in via Pescina, a San Martino a Ulmiano, frazione di San Giuliano Terme. Un posto poco frequentato e poco conosciuto in città, piuttosto isolato, con poche abitazioni in zona e con poco passaggio. Francesco come conosceva quel luogo ameno? Come lo ha scelto? Ma sulla scena del ritrovamento mancano non soltanto i suoi documenti, rinvenuti nell’abitazione. Suicidandosi che interesse aveva a non essere identificato? Però, cosa significativa, sulla scena mancavano anche tutti quelli che sono gli strumenti necessari ad appiccare il fuoco. Accendini, taniche di benzina e liquidi infiammabili. Altro dato significativo: il suo corpo, identificato solo grazie alla comparazione genetica avvenuta in laboratorio, reca uno squarcio sotto il collo, che potrebbe essere compatibile con una ferita da un’arma da taglio. Compatibile, abbiamo detto, ma non di natura certa: infatti, un corpo bruciato può presentare lacerazioni come conseguenza dell’azione del fuoco sui tessuti.

La tac eseguita sul cadavere del ragazzo non ha permesso di far chiarezza sulle dinamiche della morte. Nelle more dell’identificazione l’ipotesi battuta dagli inquirenti era quella di un uomo ucciso e bruciato in un luogo sperduto per cancellare qualsiasi traccia. Per ora la procura di Pisa ipotizza il reato di istigazione al suicidio. Tra gli accertamenti tecnici, oltre all’autopsia sono stati conferiti incarichi consulenziali specialistici sul web e sui dispositivi elettronici in possesso del giovane, oltre che per l’acquisizione della copia forense dei dati contenuti nel pc portatile (quello dal quale lo studente ha cancellato tutti i files) e nello smartphone. Dovranno essere scandagliati soprattutto la navigazione sul web e anche le chat di un videogioco di combattimento con il quale il 23enne giocava online molto spesso, gioco che è stato rimosso dal computer.

AICIS