#di Monica Atzei
Sulla scia degli articoli sulle baby gangs e sul disimpegno morale (vedi link a pie’ di pagina) ho fatto una riflessione circa il fatto che di criminalità e di fattori della sfera criminologica si scrive abbondantemente. Questo è un problema, anzi un nodo centrale che coinvolge tutta la comunità, non è solo un problema teorico (potremmo parlarne per giorni) ma soprattutto pratico perché di fatto è una lotta: una lotta contro la criminalità.
Ciò che diventa “perno” di queste riflessioni è sicuramente la prevenzione cioè quell’insieme di misure che possono in qualche modo contribuire alla riduzione del verificarsi dei fenomeni criminali ma sono anche delle misure che “ricadono” sui cittadini e quindi sulla sicurezza.
La prevenzione è un concetto ampio perché le azioni e le misure devono essere a 360 gradi e a volte possono non presentare alcuna efficacia nella riduzione dei tassi di criminalità ma contribuiscono a ridurre le percezioni soggettive e quindi dei cittadini di insicurezza.
Queste azioni ove si presentano continuative, coordinate e contestualizzate in un discorso politico e istituzionale sono chiamate politiche di sicurezza sociale, queste sono promosse dal sistema delle autonomie locali, dai capoluoghi di provincia, forze dell’ordine e anche dal cittadino, perché il cittadino non deve voltare la faccia quando si trova spettatore di una determinata situazione, egli stesso può chiamare le forze dell’ordine per un pronto intervento: quindi la sicurezza in toto è un dovere di tutti.
Se ad esempio riportiamo i tanti recenti episodi di cronaca che vedono coinvolti dei minorenni in tanti vedono in queste situazioni che si susseguono una sorta di aggressività atavica, predatoria e che sconcerta perché i soggetti sono minori e applicano il “disimpegno morale” costantemente.
Per queste motivazioni si sta cercando di elaborare, non solo in Italia, un sistema di prevenzione e intervento non solo in ambito punitivo-detentivo/assistenziale-rieducativo che si è visto non è sempre efficace. Questo si può ovviare attraverso l’introduzione di norme che consentano progetti in cui si responsabilizzano i minori non all’interno di carceri minorili o altre istituzioni, ma promuovendo lo sviluppo di abilità e competenze socializzanti all’interno di reti operative addette al controllo e monitoraggio così da sviluppare una azione di concerto tra tutti e che sia costante nel tempo.
Naturalmente sulla scia di questi interventi c’è bisogno di una struttura che veda più persone che si “sporchino le mani” in questi progetti e politiche di prevenzione sulla criminalità e la devianza minorile; anche perché a monte una serie di ricerche ci dicono che la devianza “non è solo un fenomeno o problema polidimensionale, pluricomponenziale ma presenta una natura psicosociale complessa, circolare, processuale”. Questo significa che i fattori di rischio non hanno un carattere preciso, né una linearità ma possono essere interattivi e agire attraverso forme di reciprocità circolari che si modificano non solo in relazione ai diversi contesti di azione e ai sistemi di appartenenza, ma anche in relazione al tempo e all’ambiente.
Infatti negli ultimi anni lo studio psicosociale sulla devianza è andato avanti e prende in considerazione le interazioni triadiche reciproche tra la personalità, il comportamento e l’ ambiente.
Per questo, riprendo il concetto esposto altre volte, in cui per contrastare efficacemente il fenomeno, sarà necessario prevedere un percorso comune che metta in rete gli Enti del Terzo Settore, gli organismi della giustizia minorile e i servizi sociali territoriali, le famiglie, la scuola e gli enti di formazione. Gli strumenti legislativi di intervento ci sono, ma il rapporto del Servizio Analisi Criminale, più che nella repressione, incoraggia ad investire nella prevenzione, nella “crescente promozione, da parte di tutti gli stakeholder, pubblici e privati, di iniziative didattiche, sociali, culturali, sportive, religiose, nel complesso di educazione alla legalità che coinvolgano gli uomini del futuro, i minori, rendendoli, il più possibile, partecipi del loro futuro”.
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L’AUTRICE
Monica Atzei è una criminologa qualificata AICIS, giornalista ed insegnante di materie letterarie. Scrive per diversi magazine e blog e collabora come ufficio stampa di band, locali, booking e con una label.
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