Nonostante il Coronavirus sia completamente diverso da altri tipi di malattie infettive avvenute nel passato, le analogie con la storia rimangono estremamente vivide rispetto a quello che è il periodo attuale, soprattutto se si pensa al comportamento irrazionale della popolazione di fronte a questo nemico invisibile. Lo stesso Manzoni nei “Promessi Sposi”, al capitolo trentuno, descrive l’epidemia che si abbatté su Milano nel 1630 attraverso dei dettagli che risultano essere attualissimi. Nella specifico i riferimenti alla paura dell’altro, agli scontri tra le autorità, la ricerca estenuante del paziente zero e dei presunti untori, la sfiducia e il disprezzo nei confronti degli esperti, le possibili congiure e le inesplicabili dicerie del caso per non parlare dell’assalto ai forni per i beni di prima necessità, sembrerebbero descrivere la condizione odierna nonostante i livelli di povertà e di alfabetizzazione fossero decisamente più alti rispetto a quelli di oggi. Nonostante gli interventi del governo, restano ancora alcuni punti oscuri, specialmente nel Mezzogiorno, la cui condizione di fragilità potrebbe portare a risvolti sociali poco piacevoli, come del resto è già accaduto in alcune zone della Sicilia. In altre parole, è probabile che possano accadere una serie di rivolte e ribellioni sociali che potrebbero ancora di più peggiorare questa situazione, in termini anche di ulteriori interventi immediati di contrasto da parte delle nostre forze armate, che possono essere evitati solo mediante delle scrupolose analisi preventive e attività di monitoraggio sui loro possibili sviluppi. In questo senso quindi, il rischio di ribellioni di vario tipo (organizzato o meno), dagli episodi recenti e dalle notizie che è possibile reperire dalle attività Osint, sembrerebbe farsi sempre più concreto al punto tale da richiedere attività di prevenzione concrete (come i camion antisommossa fuori dai supermercati o attività di distribuzione di beni di prima necessità ai più bisognosi) che possano reprimere sul nascere eventuali reati causati dalla crisi economica. Difatti, se solo dovessimo ragionare in termini di eventuali rivolte, non è facile definire il numero delle persone che potrebbero farne parte poiché ai normali malviventi si aggiungerebbero eventuali persone disperate che vivono una situazione di assoluta povertà e svolgono, per chi può, dei piccoli lavoretti in nero per sopravvivere giorno dopo giorno, soprattutto proprio nel sud Italia: “solo i lavoratori irregolari nell’ultimo anno sono stati censiti in 3,7 milioni dall’ultimo rapporto Istat, con quasi l’ 80% del fenomeno concentrato proprio al meridione”[1]. Come lo stesso Mario Caligiuri, presidente della Società italiana d’intelligence, ha affermato “con l’epidemia del coronavirus il problema del disagio sociale potrebbe diventare drammatico. Per cercare di comprenderlo nella sua effettiva importanza, dovremmo cercare di essere lucidi, unendo i punti rilevanti per contestualizzarli nel tempo e nello spazio”[2].
In aggiunta a ciò, nella situazione odierna, la criminalità organizzata e la presenza di fazioni anarchiche continuano ad essere dei fattori di rischio notevoli soprattutto in questo periodo dove il loro “potere di fascinazione” risulterebbe più forte anche da forme specifiche di propaganda tese a screditare il lavoro del governo generando sfiducia nelle istituzioni. In altre parole, coloro che vivono in una situazione precaria, con lavori sottopagati o irregolari, potrebbero essere vittime di una manipolazione di massa atta a far leva sulle loro debolezze economiche e sociali, plasmandoli a unirsi a cause, violente o sommerse, atte a compiere delle azioni del tutto illegali. Quelli che sono i famosi bisogni, catalogati nella piramide di Maslow, tra cui quelli fisiologici della fame e della sete, devono essere regolarmente soddisfatti per mantenere sotto controllo una serie di comportamenti e pensieri inconsci, istinti primitivi, che potrebbero essere usati da specifiche persone per suscitare un odio comune o reclutare delle nuove leve. Nel caso specifico della Ndrangheta è risaputa la sua capacità di “adattarsi ai mutamenti di scenario, alla diversità dei contesti e alle “emergenze” organizzative conseguenti all’azione di contrasto, distinguendosi per la tessitura di articolati network relazionali”[3]. Un discorso simile, in termini di adattabilità, può essere fatto per tutti quei gruppi eversivi e estremisti che negli anni hanno dimostrato di essere in grado di sostenere accese propagande contro un nemico unico spesso coincidente con le istituzioni. Ritornando invece a quello che è il problema delle rivolte sociali, già intraviste in alcuni istituti penitenziari, non sono mancati ulteriori episodi singoli di tentati saccheggi nei supermercati, se non vere e proprie forme di proteste sociali che è possibile rivedere anche nei principali social media. Pertanto, preoccupanti sono alcuni commenti e il numero dei followers di alcune pagine che richiamano ad epoche passate e a vere forme di rivoluzione sociale. In poche parole mentre il web “rigurgita” con le sue “bufale” qualunque tipo di odio collettivo, le reti sociali ne fanno da cassa di risonanza.
In questo senso, il concetto chiave di Gabriel Tarde sull’imitazione sociale può agevolare questo processo di coalizione sociale online attraverso un meccanismo specifico: gli uomini sarebbero naturalmente portati ad agire a specchio, come quando si è bambini, nei confronti dei propri simili, imitandosi a vicenda, soprattutto quando l’ideologia che si segue viene promossa da una persona che si reputa avere un’autorità forte, che viva una situazione simile o di maggior prestigio. L’imitazione quindi potrebbe agevolare il processo di aggregazione, alcune volte anche in maniera del tutto inconsapevole, nel quale non si è attori delle proprie scelte e nemmeno consapevoli della propria manipolazione.
L’intelligenza collettiva quindi, ottenuta dalla connessione di massa della popolazione online, soprattutto in questo periodo potrebbe trasformarsi in una sorta di “ipnosi di massa” agevolata dagli elementi psicosociali ed economici precedentemente affrontati.
In questi termini, quelli che sono gli effetti della pandemia, soprattutto a livello economico, devono essere quindi scrupolosamente valutati, soprattutto in un’ottica preventiva, anche in base a quello che è il contesto socio-ambientale delle varie regioni. Quello a cui si potrebbe andare incontro è una sfiducia collettiva nelle istituzioni, acuita da fake news sempre più mirate, dalla quale possono trarre beneficio tutte quelle persone o organizzazioni criminali che sanno benissimo come proporre delle soluzioni alternative ai problemi socio-economici con i quali la maggior parte della popolazione del sud e non solo sta vivendo. È risaputo quanto il toccare alcune corde emotive possa disinnescare l’effetto di per sé debole dell’analisi critica, arrivando direttamente al subconscio e, di conseguenza, a forme indotte di paure, idee, atteggiamenti e azioni di qualunque tipo. Per contrastare tutto ciò quindi, al di là dei provvedimenti economici a cui già il governo sta giustamente provvedendo e delle diffuse strategie atte a limitare la propagazione degli effetti delle fake news, rafforzando al contempo l’immagine delle istituzioni, un altro aspetto utile per evitare qualsiasi forma di manipolazione o fascinazione è il cosiddetto spirito critico ossia quell’atteggiamento riflessivo utile ad accettarsi dei fatti prima di prenderli per veri. In altre parole, per far fronte a una situazione così complicata come quella attuale, costernata da una serie di bisogni principalmente primari e istintivi, bisogna lavorare oltre che sulla comunicazione e la fiducia, sulla persona e sul suo modo di riflettere e agire. Citando il sociologo Philip Strong, la “psicologia epidemica” se non studiata bene può portare ad una serie di epidemie psicosociali da tenere in considerazione: quella della paura, della spiegazione e delle moralizzazioni, e dell’azioni. “Virus, patologie sconosciute, terremoti, uragani hanno tutti la capacità di sovvertire il senso di ordine, fiducia e stabilità su cui sono fondate le nostre esistenze. Affinché questi fenomeni non diano luogo a epidemie psicologiche è necessario recuperare un nuovo senso di ordine, fiducia e stabilità, al di là di ogni panico o isteria di massa. Non è facile. Si potrebbe iniziare non dando per scontata la stabilità delle nostre vite e facendo nostra la nozione che virus, terremoti e uragani fanno parte della quotidianità e non rappresentano l’incarnazione dell’apocalisse”[4]. Più in generale, si può sostenere che la battaglia può essere vinta solo qualora si riesca a portare l’individuo, per natura istintivo, alla riflessione e soprattutto alla razionalità. Un discorso questo difficilissimo da realizzare, soprattutto se gli aiuti stanziati dal governo non saranno abbastanza per soddisfare quelli che sono i bisogni principali della popolazione. Premesso ciò, si analizzano nel dettaglio tutti quei principi cardine che sostengono il processo della manipolazione/persuasione delle masse al fine di agevolare il meccanismo dello spirito critico ed evitare più abilmente la diffusione di epidemie psicosociali individuali o collettive anche violente:
- Principio della semplificazione e del nemico unico: per il quale è necessario utilizzare un messaggio unico, semplice e chiaro, che faccia leva sui bisogni della collettività e che ricerchi un nemico unico da demonizzare, sfruttando anche il cosiddetto l’effetto alone ossia quel bias cognitivo per il quale anche un semplice tratto negativo di una persona, anche inventato o indotto, può essere necessario a determinarne la qualità della stessa (anche a causa della teoria dell’etichettamento di Howard Becker).
- Principio dell’unanimità: mediante il quale si cerca di far credere, al maggior numero di persone, che quell’ideologia anche violenta sia condivisa e promossa dalla maggioranza della popolazione (aiutandosi anche con la logica in-group e out-group di William Graham Sumner).
- Principio della ripetizione: piccole idee, azioni, concetti, che siano in grado di confermare, insistentemente e sotto varie forme, l’ideologia sostenuta.
- Principio del cambiamento e della sopravvivenza: mediante i quali è possibile oltre a promettere dei cambiamenti repentini rispetto alla situazione attuale inaccettabile sotto vari punti di vista, anche a scacciare via l’impostore corrotto e il suo team il prima possibile. In altre parole, le azioni proposte, anche violente, vengono giustificate come degli atti urgenti e necessari al cambiamento.
- Principio della trasposizione: attraverso il quale è possibile proiettare al nemico i propri difetti e problemi. Come di consueto, la persona corrotta e criminale chiama nello stesso modo il suo nemico.
- Principio della verosimiglianza: è un’ottima arma per generare delle fakenews verosimili ossia in grado di riportare solo in parte le notizie vere.
- Principio atavico: quell’insieme di argomenti, di ideologie e stereotipi in grado di rievocare nelle persone, attraverso la cosiddetta “memoria di massa”, particolari sentimenti e istinti primitivi da indirizzare sulla propria causa.
Affrontati quelli che sono i principi cardine usati per mobilitare le masse o il soggetto singolo a compiere tutta una serie di azioni nefaste, per sviluppare un sistema critico efficace, soprattutto in questo periodo, è importante sottolineare il potere del dispositivo di sicurezza, proposto da Michel Foucault, in simbiosi a quello legale e disciplinare:
“Il meccanismo legale della sovranità si esercita sul territorio, quello disciplinare sul corpo dei soggetti e quello della sicurezza sulla popolazione.
Ma c’è di più. Le tecniche di potere che sottendono alla sicurezza del territorio e dei corpi sono diverse da quelle della popolazione.
Nei primi due dispositivi c’è bisogno di porre dei limiti, delimitare, imporre dall’alto i divieti; nel terzo (quello della sicurezza) di favorire il movimento e la circolazione di persone e di merci, controllandole ed eliminandole i rischi e i pericoli. Detto ancora in altri termini, il dispositivo di sicurezza non si impone dall’esterno (con leggi e divieti) ma emerge in quanto necessario: rispetto agli altri due meccanismi, il dispositivo di sicurezza introduce una diversa modalità di governare, che rovescia il rapporto di potere tra società e individuo.
Non c’è bisogno di ricorrere al divieto (“non rubare”) ma si rende necessario annullare il fenomeno, limitarlo, tramite una gestione della popolazione”[5].
A fronte del periodo che stiamo vivendo, oltre ai primi due meccanismi ben disposti dal governo, una riflessione e sforzo in più merita anche il terzo sistema, attraverso anche una serie di azioni mirate, non imposte dall’alto, tese a far cresce pian piano nel popolo una consapevolezza collettiva sempre più forte, un senso di nazionalità condiviso, limitando in questo modo quell’effetto pericoloso e negativo promosso dalle propagande anche a scopo criminale.
Il dispositivo di sicurezza è fondamentale in quanto può essere visto come una vera e propria terapia della soggettività umana utile a rendere il soggetto cosciente dei suoi limiti percettivi e di ragionamento soprattutto in questo periodo.
Lo sviluppo di uno spirito critico, costruttivo e nello stesso tempo creativo, è quindi legato a vere e proprie forme di allenamento che non possono non prendere in considerazione le seguenti azioni:
- Evitare “l’effetto carrozzone”: quello per il quale una notizia una volta diventata popolare verrebbe automaticamente accettata dagli altri che, in virtù del conformismo, salterebbero sullo stesso carrozzone passante.
- Mantenere una mente aperta: cioè quella capacità di saper ascoltare qualunque cosa vada contro i nostri principi e, solo da allora, decidere successivamente se accettarla o meno.
- Non accettare le ambiguità che per loro natura meriterebbero una migliore analisi interpretativa.
- Evitare di affrettare giudizi senza prima aver analizzato a fondo la questione.
- Essere curiosi, poiché come il poeta Samuel Johnson ci ha sottolineato, questa curiosità è una delle caratteristiche più certe e sicure di un intelletto attivo.
- Approfondire diverse alternative.
- Utilizzare la tecnica del GBI (Good Bad Interesting): cioè quell’importante metodo utile a valutare ogni cosa nella sua interezza, analizzando i suoi aspetti positivi e negativi.
Quella che stiamo vivendo è un’esperienza che ci accomuna tutti ed essere consapevoli di alcune strategie e processi nefasti ci aiuterà a difenderci a vicenda dal contagio emotivo violento.
In conclusione, per capire ancora meglio il concetto di spirito critico, si rivede la definizione data dallo psicologo Luca Mazzucchelli: “Lo spirito critico è una curiosità investigativa, un’acutezza della mente, una zelante dedicazione alla ragione e un appetito o brama di informazioni attendibili”[6].
[1] Corriere dell’Umbria, “Coronavirus,servizi segreti avverto il premier Conte: “pericolo rivolte e ribellioni al sud”.
[2] Mario Caligiuri, “Allarme sud (e non solo). Perchè gli 007 si occupano di disagio sociale”, formiche , 29/03/2020.
[3] Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2019
[4] https://www.romolocapuano.com/sociologia-del-coronavirus/
[5] Sabina Curti, “Criminologia e sociologia della devianza” ,CEDAM, 2014.
[6] http://www.psicologo-milano.it/newblog/pensiero-critico/

Angelo Alabiso Criminologo AICIS