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Nel 1993, poco prima di far perdere le sue tracce, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, in una lettera alla sua fidanzata Angela scrisse: “Sentirai parlare di me – facendo intendere di essere cosciente che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità“. Da allora sono passati 30 anni di continue ricerche, concluse ieri con l’irruzione dei Carabinieri in una clinica di Palermo dove si era recato per delle cure. Dopo l’irruzione le domande di rito: “Come ti chiami?“, gli hanno chiesto i carabinieri. “Sono Matteo Messina Denaro“. Il capomafia di Castelvetrano (Tp) avrebbe cercato di allontanarsi alla vista militari che però l’hanno prontamente fermato tra le urla di incoraggiamento e applausi nei confronti dei carabinieri del Ros, da parte di decine di pazienti e loro familiari.
Bravi i Carabinieri:
Non è mancato immediatamente dopo il messaggio del Capo dello Stato Sergio Mattarella che ha telefonato al Ministro dell’Interno e al Comandante dell’Arma dei Carabinieri per congratularsi per l’arresto realizzato in stretto raccordo con la Magistratura.
Gli ha fatto eco il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha commentato: “All’indomani dell’anniversario dell’arresto di Totò Riina, un altro capo della criminalità organizzata viene assicurato alla giustizia. Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia“. Anche il Ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha espresso immediatamente la sua “Grandissima soddisfazione per un risultato storico nella lotta alla mafia”.
“Complimenti – ha aggiunto – alla Procura della Repubblica di Palermo e all’Arma dei Carabinieri che hanno assicurato alla giustizia un pericolosissimo latitante. Una giornata straordinaria per lo Stato e per tutti coloro che da sempre combattono contro le mafie”.
Chi è Matteo Messina Denaro:
La sua latitanza era diventata quasi leggendaria. Figlio del vecchio capomafia Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993. E’ stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Ieri la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.
Onore all’Arma dei Carabinieri da sempre in prima linea nella lotta alla mafia
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