di Fabrizio Rappini*

“Buongiorno, vorrei sapere quali sono i compiti dell’assistente sociale al quale il tribunale civile ha affidato un minore ‘affidato al servizio sociale e collocato presso i nonni materni’. Grazie mille”

E’ quanto un nonno ha inviato tramite pec all’Ordine regionale degli Assistenti sociali dove risiede. In precedenza aveva telefonato alla segreteria e gli era stato risposto che “lo sa vero che la presidenza dell’Ordine ha trenta giorni di tempo per rispondere?”. La lettera tramite pec è stata inviata, alla “presidenza che ha trenta giorni di tempo per rispondere”, il 10 ottobre scorso.

ATTESA VANA

Il nonno in questione, ha atteso pazientemente i trenta giorni per la risposta, ma non ha visto nulla. Nulla, nessuno che abbia avuto la gentilezza di dire a questo signore che ogni giorno si trova a dover combattere la burocrazia per far fronte alle necessità del nipotino “affidato al servizio sociale e collocato presso i nonni materni”. Stanco di aspettare e sfiduciato ha deciso di raccontare a Criminologi Aicis la sua avventura.

MADRE VITTIMA DI MALTRATTAMENTI E PADRE CONDANNATO

La storia inizia quando la madre del piccolo denuncia di aver subito maltrattamenti dall’ex convivente, padre del piccolo. Purtroppo entrambi con problemi di tossicodipendenza. Mentre la madre, responsabilmente decide di affidarsi al Sert ed entra in comunità, il maltrattante continua la sua vita “tranquillamente”, fra alcolismo e tossicodipendenza.

AFFIDAMENTO CONDIVISO

Il Tribunale civile, nella causa di separazione, opta per l’affidamento condiviso con il piccolo affidato ai Servizi sociali e collocato presso i nonni materni. Una decisione che, dal momento che non ci sono indicazioni precise procura solamente grandi disagi.

LA CARTA DI IDENTITA’ DEL MINORE

“A un certo punto – racconta il nonno a Criminologi Aicis – c’è stata la necessità di fare la carta di identità al piccolo e subito sono nati problemi”.

E’ facile comprendere quali siano stati i problemi insorti. Per poter fare il documento di riconoscimento, dal momento che ha entrambi i genitori non è stata sospesa la patria potestà, è necessario che siano presenti per la firma. Ma come fare, con la madre in comunità e il padre chissà dove. Il nonno si rivolge al servizio sociale e l’assistente gli dice di far firmare una delega alla madre. L’uomo lo fa, ma quando si presenta in Comune nasce il problema.

LA FORTUNA DI TROVARE UNA IMPIEGATA COMPRENSIVA

L’impiegata dell’Anagrafe spiega ai nonni che quella delega non è regolare. Che per questo tipo di cose non esiste delega. Poi aggiunge che “se siete presenti voi nonni per fare il documento al piccolo, significa che qualche problema importante c’è. Mi prendo la responsabilità e la Carta d’identità la faccio comunque, ovviamente non valida per l’espatrio”.

Un problema risolto, quindi, anche se non del tutto regolare.

TANTI ALTRI INTOPPI E QUINDI LA DECISIONE DI RIVOLGERSI ALL’ORDINE PROFESSIONALE

Ovviamente la vita continua, fra mille problemi e intoppi vari. Proprio per questa ragione, il nonno decide di rivolgersi all’ordine professionale degli assistenti sociali per sapere quali sono materialmente, e non le enunciazioni di principio, i compiti del Servizio sociale al quale il tribunale civile ha affidato il minore. Ma nonostante i trenta giorni di tempo non riceve nessuna risposta.

CHE FARE? TRE PROPOSTE CHE POTREBBERO ESSERE UTILE

Di fronte a situazioni (tante) come questa, una soluzione ci potrebbe essere. La prima riguarda la necessità di non applicare sempre e per forza quell’affidamento condiviso che, molto spesso, si rivela solo un soluzione demagogica e non certo pratica. Soprattutto di fronte a casi di maltrattamenti famigliari. La seconda quella di dare indicazioni precise ai Servizi sociali in modo tale da poter intervenire senza problemi. La terza, ma che sarebbe, a mio giudizio, la migliore, sarebbe quella di sospendere momentaneamente la patria potestà genitoriale e affidare in toto il minore, in questo caso, ai nonni materni.

CONCLUSIONI

Ovviamente nessuno vuole scagliarsi contro i Servizi sociali, ma nessuno può mettere in dubbio che ci sia l’urgenza di fare qualcosa di concreto perché non si ripetano disservizi che, in molti casi si trasformano in vere e proprie tragedie umane. Il legislatore, per il bene soprattutto di minori in difficoltà deve fare in modo di far sì che le difficoltà, anche di chi li assiste, siano ridotte al minimo. E’ chiedere troppo? In un Paese civile, sicuramente no. 

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L’AUTORE

Fabrizio Rappini, è un giornalista professionista. Criminologo AICIS qualificato secondo la legge n. 4/2013.

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