Non è giustificata la misura cautelare in materia di autoriciclaggio senza la valutazione del giudice circa la gravità indiziaria del reato presupposto. La Cassazione penale con due sentenze ha affermato l’inapplicabilità di misure cautelari per l’imputazione di autoriciclaggio in caso di insussistenza indiziaria o di compiuta prescrizione del reato presupposto di falso in bilancio. Con la sentenza n. 13729/2023, la Corte ha respinto il ricorso della Procura che sosteneva l’inaffidabilità delle risultanze contabili evidenziate nel bilancio poiché la verità delle iscrizioni fosse era apparente. A sostegno di tale visione il procuratore ricorrente faceva notare che il falso è un reato di pericolo e che un soggetto con la normale diligenza non potrebbe rendersi conto del carattere proditorio di certe evidenze contabili. Nel caso concreto vi era stato un aumento di capitale con la contemporanea iscrizione della nuova posta contabile come riserva priva però di specifiche finalità per la vita societaria. La Cassazione ha però ribadito che il giudice della cautela è tenuto a verificare gli indizi a disposizione sull’avvenuta commissione del reato presupposto e che tal esame essendo di merito non è proponibile con ricorso per cassazione. Con la seconda sentenza n. 13730/2023 la Cassazione ha dato ragione al ricorrente imputato per autoriciclaggio contro la misura cautelare applicatagli del sequestro. La Cassazione confermato l’illegittimità della cautela reale decisa in ordine all’imputazione per autoriciclaggio perché l’unico reato presupposto di falso in bilancio si era ormai prescritto. I giudici di legittimità hanno precisato che il sequestro era in tal modo privo di un presupposto fondamentale: il fumus delicti. Secondo la Cassazione è erroneo ritenere da parte del giudice che in caso di applicazione di misura cautelare per autoriciclaggio si sospenda il decorso dei termini di prescrizione dei reati presupposti che sono un elemento fondante della norma incriminatrice dell’articolo 648 ter del Codice penale.

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