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La Fiat Punto sulla quale viaggiavano Luana, Natasha, Gabriele e Nico è finita contro il muro di contenimento di un cavalcavia. Un impatto violentissimo (forse complice la strada bagnata) che non ha lasciato scampo. Sono tutti morti sul colpo. Un sinistro sconvolgente accaduto il 2 dicembre scorso.

Era il dicembre del 1999 quando, di notte e in condizioni meteo simili altri quattro ragazzi si schiantarono più o meno nello stesso posto. Solo il quinto si salvò perché sbalzato fuori dall’abitacolo. Si chiamavano Emiliano, Simone, Matteo e Michele. I loro nomi ancora oggi sono scolpiti su una lapide a poche decine di metri dal punto in cui nella notte di venerdì c’è stato il nuovo impatto fatale.

UNA STRAGE INFINITA

Non è che in questi anni non si sia fatto nulla: anche una sola morte su strada è una tragedia inaudita, però sul piano della diminuzione degli incidenti mortali nel tempo le cose sono migliorate. Nell’anno 1970, secondo l’ISTAT, i morti sulle strade erano stati 11mila. Da qualche anno a questa parte gli incidenti mortali si attestano invece su numeri che oscillano intorno ai 3.200. Nonostante il calo sono sempre dati disastrosi che rendono irrinunciabili le strategie di prevenzione da anni basate su due linee di intervento: i controlli da un lato e l’educazione stradale, intesa come cambio di cultura, dall’altro.

I MESSAGGI EDUCATIVI

Slogan (più friendly che efficaci) lanciati sui siti ed in TV, statistiche di ogni tipo, alcune fatte col pallottoliere e spot dai toni tragici, capaci di creare una transitoria commozione più che modificare davvero le condotte. Cose, insomma, che nelle intenzioni dovrebbero colpire la psiche di chi guida per condizionarne in positivo la condotta su strada e invece rischiano pericolosamente di “normalizzare” il fenomeno, quantomeno a livello comunicativo.

I CONTROLLI

Quello che è certo è che le modalità del controllo, così come le sanzioni, sono cambiate nel tempo. Negli anni si vedono sempre meno pattuglie sulla strada e più tecnologia applicata al controllo del traffico. Nel tempo il “… vai piano che c’è la stradale ….” strofa di una vecchia canzone dei Pooh è stato soppiantato dal cicalino dell’App che ti segnala l’autovelox fisso.

Sarà dunque la tecnologia a salvare l’uomo in auto e sulle strade?

L’approccio con i sistemi di controllo remoto, ammettiamolo, è piuttosto ambiguo se non incoerente: da una parte sono accettati e addirittura voluti dai cittadini allarmati per i pericoli della strada e dall’altra vengono contestati quando funzionano. Ma come potrebbe essere altrimenti? “La velocità … o veduta o sperimentata …. è piacevolissima per sé sola, cioè per la vivacità, l’energia, la forza, la vita di tal sensazione. Essa desta realmente una quasi idea dell’infinito, sublima l’anima, la fortifica, la mette in una indeterminata azione, o stato di attività più o meno passeggero. E tutto ciò tanto più quanto la velocità è maggiore”. Attenzione, non è una dichiarazione di Michael Schumacher, appena sceso da una Ferrari, ma lo ha scritto Giacomo Leopardi nelle sue Operette Morali. E, sinceramente, come dargli torto? Ma sta tutta qui la contraddizione dei controlli automatici. Se ti è andata bene senza incidenti spingendo sull’acceleratore un po’ di più del consentito, ma poi ricevi la multa è il comune che voleva fare cassa, è il limite che è ingiusto, è il cartello che non ti ha avvisato del pericolo “controllo su strada” o sono i poliziotti che infieriscono sulla gente onesta. Opinioni diffuse, spesso rilanciate dalla stampa locale, che finiscono per condizionare anche le Autorità politiche e la magistratura. Andate a vedere le migliaia di volte che la Cassazione si è pronunciata sul tema e capite e poi leggetevi anche le norme che sempre di più cercano di contenere le modalità dei controlli. Perché controllare va bene, ma non troppo visto che anche Leopardi aveva le sue ragioni.

L’EUROPA CHIEDE UN IMPEGNO AGLI STATI

“Vision Zero” è l’obiettivo del piano strategico Ue che punta all’azzeramento delle vittime di incidenti stradali entro il 2050. Traguardo troppo ambizioso? Forse sì, ma è anche quello eticamente più inappuntabile e tecnicamente avvicinabile. L’ultimo dato europeo utile, quello 2021, rendiconta 20mila morti sulle strade Ue: sono +5% rispetto al 2020 (a dispetto di scocche deformabili e airbag). In Italia la maggior parte degli incidenti avviene su strade urbane (73,1%), dove il limite dei 30 km/h – dicono le esperienze dei Paesi nordici – già da solo eviterebbe la quasi totalità dei decessi. Ma anche concepire una mobilità stradale così al rallentatore non è cosa facilmente praticabile. E’ ovvio che imponendo i 10 all’ora andrebbe anche meglio e, paradossalmente, fermando completamente il traffico l’obiettivo di azzerare gli incidenti sarebbe di sicuro raggiunto senza sforzo. Se tutti rispettassero il divieto, però. Così come se tutti rispettassero il limite dei 10 all’ora, o dei 30 all’ora e qualunque limite imposto (compreso quello dei 50 o dei 90 attuali). Ed ecco che tutto ritorna ai principi enunciati all’inizio, cioè  all’accettazione delle regole stradali, nell’accettazione i controlli e nel contenere gli eccessi per scelta di tipo culturale.

Comunque, il traguardo intermedio fissato dalla Ue per il 2030, dovrà attestarsi sul 50% di incidenti in meno.

PUNTARE SULLA TECNOLOGIA DELLE VETTURE?

Si chiama Isa (acronimo di Intelligent Speed Assistance), ed è il limitatore di velocità presente in tutte le auto omologate dallo scorso luglio. L’Isa determina in tempo reale la velocità massima a cui si deve viaggiare in base alle informazioni dal sistema Gps e da una telecamera sull’auto. Al superamento della velocità consentita, segnali luminosi e acustici intimano al conducente di rallentare, altrimenti la vettura rallenta autonomamente.

Anche in questo caso la tecnica applicata alla velocità non suscita simpatia (Leopardi docet), infatti le case automobilistiche già premono perché la possibilità del disinserimento a mano del dispositivo – ammesso fino al 2024 – sia prorogato anche dopo quella data. L’Isa fa parte dei sistemi Adas (Advanced Driver Assistance Systems), obbligatori da quest’anno. Una tecnologia piuttosto avanzata che rileva la stanchezza del conducente (sensori, telecamere, dispositivi acustici con intervento del computer di bordo in assenza di reazione); che consente l’avvio motore dopo l’etilometro; la registrazione dati in caso di incidente (scatola nera); il mantenimento attivo della corsia di marcia; il sistema anticollisione con auto, pedoni e ciclisti (in caso di avvicinamento eccessivo ad altri soggetti stradali, il sistema attiva la frenata d’emergenza e preallerta l’auto al possibile impatto).

Il controllo adattivo di velocità verifica in continuo condizioni del traffico e distanze di sicurezza. E alcuni modelli monitorano persino i temuti angoli ciechi. Naturalmente, a beneficio della prevenzione, sono implementati anche i sistemi di sicurezza passiva.

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